Allarme di Granelli (Confartigianato): “Mancano migliaia di lavoratori”

Intervista al presidente nazionale di Confartigianato: “Estate difficile per le imprese. Bisogna formare i ragazzi, sburocratizzare e velocizzare la giustizia”

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

“In Italia manca chi sa fare le cose, la scuola non sa insegnare la cultura del lavoro. In questo modo ci giochiamo il futuro del made in Italy”. Non usa mezzi termini Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato, per descrivere le enormi difficoltà che il mondo del lavoro sta affrontando nel nostro Paese. Intervistato da Qui Finanza, l’imprenditore emiliano – eletto alla guida dell’associazione di categoria nel 2020 – ha voluto fare il punto su tutti i temi di stretta attualità, dalla cancellazione del Reddito di cittadinanza alla cronica carenza di manodopera in alcuni settori chiave, fino allo stato di avanzamento del PNRR.

“Siamo in emergenza, manca la manodopera”. Parla Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato

Presidente Granelli, l’estate appena iniziata si prevede particolarmente complicata per le imprese, strette tra la mancanza di manodopera qualificata e gli effetti dell’inflazione. Saranno queste le difficoltà maggiori per le aziende e gli artigiani?

Risorse economiche e risorse umane sono il carburante fondamentale per le nostre attività. E proprio su questi fronti le piccole imprese stanno registrando difficoltà. Il rialzo dei tassi d’interesse influisce sul costo del credito e sta rallentando il trend dei prestiti agli imprenditori. Contemporaneamente siamo alle prese con quella che sta diventando una vera e propria emergenza: la carenza di manodopera qualificata. Nel 2022 le piccole aziende hanno avuto difficoltà a reperire 1,4 milioni di lavoratori, pari al 43% delle assunzioni previste. Per l’artigianato la quota sale al 50,2%, pari a quasi 264mila lavoratori difficili da trovare. Contemporaneamente, 1,6 milioni di giovani under 35 non studiano, non lavorano e non cercano occupazione. Un paradosso inaccettabile!

Dal punto di vista dell’occupazione, quali sono le figure professionali più difficili da reperire in questo momento?

Mancano all’appello soprattutto tecnici Ict, progettisti di software, ma anche autisti di camion, operai edili, elettricisti, meccanici, idraulici. Ma, al di là della tipologia di figure professionali, le nostre aziende hanno bisogno di lavoratori con competenze sempre più evolute, green e digitali. Nel 2022, infatti, per il 44,7% del personale da assumere, i piccoli imprenditori hanno richiesto un’elevata attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. Tra i settori con la maggiore domanda di manodopera con skills ‘verdi’ spiccano le costruzioni, l’autoriparazione, i servizi di trasporto e logistica.  Inoltre, le imprese attribuiscono una elevata importanza alle competenze digitali nel 33,1% delle assunzioni di lavoratori con istruzione tecnica e professionale.

La stretta sul Reddito di cittadinanza può aiutare? Oppure avreste preferito che lo strumento venisse perfezionato, in particolar modo per quanto riguarda la formazione dei disoccupati?

Noi abbiamo sempre detto che più che al reddito di cittadinanza, bisogna puntare a garantire il “lavoro di cittadinanza”. Ormai non si deve più ragionare per posti di lavoro, ma per professionalità. Questo significa che bisogna preparare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro con politiche attive che puntino alla riforma del sistema di orientamento scolastico e professionale per rilanciare gli Istituti Professionali e gli Istituti Tecnici, investendo sulle competenze, a cominciare dall’uso delle tecnologie digitali, e sull’apprendistato duale e professionalizzante.

Come immagina questo cambiamento?

Serve un nuovo modello di formazione inclusivo “a valore artigiano”. Significa formare competenze complesse che coniugano cultura umanistica e cultura tecnica. Bisogna colmare la distanza che separa i giovani dal mondo del lavoro e dell’impresa, offrendo alle nuove generazioni una ‘bussola’ per intraprendere un percorso formativo e concrete opportunità di esperienze in azienda, a cominciare dall’apprendistato. La scuola e il sistema della formazione devono aiutare i ragazzi a conoscere la realtà che li circonda, ad andare oltre i luoghi comuni. Il cambiamento deve coinvolgere tutti: famiglie, scuola, mezzi di comunicazione, gli stessi imprenditori artigiani. Serve una “rivoluzione culturale” per far comprendere che le piccole imprese sono ricche di molte attività innovative portate avanti da imprenditori e dai loro dipendenti, che hanno fatto dell’autonomia e della creatività una scelta di vita e di lavoro.

Intervista a Marco Granelli (Confartigianato): dal PNRR al dl Lavoro, tutti i temi caldi dell’estate

Qual è il giudizio sul decreto Lavoro?

Abbiamo apprezzato il superamento del reddito di cittadinanza, distinguendo tra gli interventi di contrasto alla povertà per le persone non occupabili ed i percorsi per favorire le politiche attive del lavoro. Positivi anche la semplificazione della normativa in materia di lavoro, l’introduzione dell’incentivo per l’assunzione dei giovani NEET anche con contratti di apprendistato professionalizzante, il rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze per sostenere l’aggiornamento della professionalità dei lavoratori a seguito della transizione ecologica e digitale.

A circa nove mesi dall’insediamento, è possibile fare un primo bilancio sull’operato del governo di Giorgia Meloni? Si è instaurato un rapporto soddisfacente con l’esecutivo?

Il Governo guidato da Giorgia Meloni mostra attenzione e sensibilità alle aspettative degli artigiani e delle piccole imprese la cui vitalità va incoraggiata con uno sforzo altrettanto energico da parte di chi guida il Paese per modificare un contesto spesso ancora ostile alla libertà d’iniziativa economica. Occorre realizzare il giusto equilibrio tra le scelte di rigore e le indispensabili opzioni per la crescita: riduzione della pressione fiscale, lotta alla burocrazia, contenimento dei costi della pubblica amministrazione, migliore accesso al credito e a nuovi strumenti di finanza d’impresa, servizi pubblici e infrastrutture efficienti, giustizia rapida, welfare attento alle nuove esigenze dei cittadini e degli imprenditori. Su molti di questi fronti, il Governo ha già manifestato un concreto impegno con linee di intervento che incrociano le sollecitazioni di Confartigianato.

Rispetto al recente passato, giudica positive le modifiche sul PNRR, con la nuova cabina di regia a Palazzo Chigi?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è una storica e imperdibile occasione per il rilancio della nostra economia. Abbiamo detto chiaramente che il successo del PNRR dipende anche dalla capacità di coinvolgere tutti gli attori del nostro tessuto produttivo, a partire dagli artigiani e dalle piccole imprese. E, soprattutto, dal superamento delle carenze nei processi decisionali e nelle procedure della Pubblica amministrazione, che stanno ritardando l’attuazione del Piano. È una sfida sulla quale il Governo deve concentrare ogni iniziativa per non perdere un’opportunità irripetibile per il nostro Paese.

In una recente intervista si è detto “fiducioso” per la messa a terra dei fondi europei: su quali basi?

Contiamo su un rinnovato impegno per superare le difficoltà di programmazione e di gestione dei fondi. Il coinvolgimento delle parti sociali e del mondo imprenditoriale deve servire da sprone in questa direzione, sia per individuare gli ambiti di investimento sia per dedicare le risorse necessarie ad accrescere la competitività dei nostri imprenditori.