Twitter è in subbuglio dopo l’arrivo di Elon Musk, con le sue idee che riguardano la libertà di espressione, che potrebbero tradursi nella totale assenza di regole di moderazione, e l’endorsement esplicito al Partito Repubblicano. Le dichiarazioni dell’imprenditore di Tesla e SpaceX, appena diventato amministratore unico della società che controlla il social network di microblogging più famoso al mondo, potrebbero avere serie conseguenze.
È in corso un esodo dalla piattaforma, per via dei timori che riguardano il ritorno dell’ultradestra e di gruppi razzisti dopo i ban degli scorsi anni. Le linee guida potrebbero cambiare per tutelare davvero ogni tipo di ideologia. Tanti utenti hanno così deciso di spostarsi su Mastodon.
Cos’è Mastodon, il social che sostituisce Twitter
Mastodon è, in linguaggio tecnico, un software gratuito e open source che permette di creare dei servizi di social networking in self hosting. Non è dunque un social network centralizzato e controllato da una compagnia, come avviene con Twitter, Facebook, Instagram e l’italiano TaTaTu, ma funziona su un gran numero di istanze. Ognuna ha un codice di condotta, dei termini di servizio, delle opzioni per la privacy e delle politiche di moderazione unici.
In parole più semplici, ogni utente può iscriversi a un singolo server di Mastodon e interagire con gli utenti che provengono anche da altri server. Questo permette alle persone di scegliere le linee di condotta e le politiche più vicine al proprio sentire – ad esempio creando l’account su un nodo dove sono severamente vietati gli insulti razzisti o le foto di nudo – pur continuando a comunicare con il mondo intero.
Mastodon, il cui nome richiama quello dei mammut del Nord America e che ha proprio un simpatico elefante primitivo come mascotte, è dunque un social network molto diverso da quelli a cui siamo abituati. Tuttavia l’interfaccia delle varie istanze è del tutto simile a quella di Twitter, e tantissimi utenti e celebrità stanno scegliendo queste nuove piattaforme dopo aver chiuso gli originali account sul canarino celeste.
Social network in crisi: cosa sta succedendo
Sempre più persone lasciano gli ambienti digitali, come abbiamo visto con la recente fuga da Twitter. I motivi per cui gli utenti stanno progressivamente abbandonando i social network più famosi in favore delle alternative come Mastodon, autogestite e libere, sono riassunti sul sito informativo Quit Social Media.
Il primo motivo è la rabbia. Gli algoritmi sono progettati per mostrarci i contenuti con più interazioni e commenti, senza però valutarne la qualità. Ci si trova così spesso a fare i conti con video e post che veicolano emozioni negative, indignazione o, nel migliore dei casi, non hanno alcuna utilità. Le discussioni particolarmente accese spesso di traducono in odio e violenza verbale. Sebbene le varie piattaforme permettano di segnalare contenuti offensivi, non esistono modi efficaci per segnalare le emozioni negative che alcuni commenti scatenano.
Tutto questo ha portato a una polarizzazione del dibattito pubblico, che allontana ed estremizza le sfumature e i compromessi. Le divisioni sono poi alimentate da gruppi di potere che, anche attraverso la diffusione di fake news, traggono benefici economici e politici dalle litigate online.
Se da una parte c’è il rischio di vedere dunque solo contenuti sponsorizzati o che creano più engagement attraverso le discussioni, dall’altra c’è il pericolo di vedere solo i post della propria bolla ristretta. E dunque di persone con le proprie stesse idee, con uno sguardo distorto sul mondo e la vita sociale.
I social media tradizionali sono inoltre strutturati per creare dipendenza, calamitando la nostra attenzione anche per ore, con lo scroll compulsivo dei contenuti che sta lentamente modificando anche la nostra soglia dell’attenzione. E stanno facendo evolvere il nostro linguaggio e il nostro modo di comunicare verso forme particolarmente semplici e che annientano la creatività.
Le motivazioni meno evidenti dei motivi per cui sarebbe meglio chiudere definitivamente i propri account social, riguardano l’ambiente e l’impatto che Facebook, Instagram e Twitter hanno sul riscaldamento globale, con un uso smodato di server.
C’è poi l’annoso problema della privacy e dell’uso dei dati da parte delle aziende che controllano le piattaforme o che con loro hanno stretto accordi commerciali. Le normative internazionali e nazionali si sono già mosse per tutelare gli utenti, ma questo non basta. Oltre alla compravendita delle informazioni personali, c’è anche la mancata tutela del diritto d’autore.
Mastodon, come altre alternative ai social tradizionali, offre un’esperienza senza pubblicità e in cui l’utente è protetto dalle strategie delle big tech e dai rischi che derivano dall’oligopolio che si è creato attorno ai loro siti, e che peraltro creano profitto sulle spalle degli iscritti, che invece guadagnano poco o nulla. La lotta per riportare internet alle origini o almeno “liberare” gli utenti dalle grande aziende, insomma, è in corso.