Quando si parla di intelligenza artificiale è ormai normale sottolineare i rischi per il mondo del lavoro. Non si parla soltanto di trasformazione delle professioni, ma anche di tutela dei diritti. Basti pensare alla questione della provenienza delle immagini adoperate dai vari sistemi di IA ormai diffusissimi, che spesso infrangono il copyright. Ecco in cosa consiste l’AI-Act e cosa prevede nel dettaglio.
AI-Act: cos’è
Europarlamento e Consiglio europeo hanno concluso i negoziati in merito all’attesa legge sull’intelligenza artificiale. L’obiettivo è quello di garantire un utilizzo di tale tecnologia in maniera sicura, offrendo al tempo stesso alle aziende la possibilità di evolversi. Un tema cardine, ormai, considerando l’estrema diffusione di questo strumento, che sembra destinato a far parte del nostro quotidiano in maniera costante, al di là della propria professione.
Da una parte abbiamo il diritto allo sviluppo e dall’altro la tutela dei lavoratori. Nel primo caso l’Unione europea garantisce un sostegno ai ricercatori europei e alle startup, al fine di procedere in questa corsa all’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale. In ambito tecnologico è ormai chiarissimo come sia stata aperta una porta cruciale. Il settore di cui parliamo caratterizzerà il lavoro globale in maniera totalizzante. L’Ue mira dunque a essere leader globale in tale settore.
L’AI-Act è un primo passo di estrema rilevanza, ma non è credibile che possa essere l’unico e solo, considerando la rapidità d’evoluzione di questo ambito. Si è però lavorato per la creazione di un quadro normativo completo per il settore. Attenzione rivolta alla sicurezza e ai diritti fondamentali di persone e imprese, ma non solo. È impossibile parlare di sviluppo senza considerare il piano della sostenibilità ambientale.
I divieti della legge sull’intelligenza artificiale
Uno dei temi cardine della discussione è stato il riconoscimento facciale da parte delle forze dell’ordine. Dalla necessità del rispetto della privacy dei singoli al rischio di una schedulazione di massa. Differenti le posizioni dei vari Paesi, con numerosi membri in favore di misure particolarmente restrittive. Differente invece l’approccio di Italia, Francia e Ungheria, che avrebbero desiderato un approccio molto più permissivo sotto quest’aspetto.
Il risultato è un generale divieto dell’uso del riconoscimento facciale via strumenti di IA, con eccezione di tre casi: minaccia evidente di un attacco terroristico, ricerca di vittime e indagini in corso per reati gravi come omicidi, violenza sessuale e sequestri di persona. Non ci sarà un passo verso la Cina, questo è certo. Ciò vuol dire che non verranno assegnati dei “punteggi sociali” ai cittadini sulla base del loro comportamento. Si tratta di un sistema di controllo del governo cinese, che garantisce servizi ai “buoni” e li preclude ai “cattivi”.
I divieti dell’AI-Act sono particolarmente interessanti, dal momento che definiscono i confini dell’utilizzo di tale strumento rivoluzionario. Si ha quindi l’idea ben chiara delle linee da non valicare, per il rispetto di tutti. Ciò vale tanto per i privati quanto per l’ambito pubblico e governativo.
È chiaro come il rischio di creazione di database abbia fatto scattare più di un allarme a Bruxelles. È infatti vietato il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro e nelle scuole. Vietato il riconoscimento biometrico che adoperi dati sensibili come religione, orientamento sessuale e idee politiche. Non si potranno inoltre ottenere dal web immagini per la creazione di un database completo di riconoscimento facciale. È chiaro, ormai, come le scelte operate oggi definiranno il tipo di società in cui vivremo non in un lontano futuro, ma già a partire dal 2024.