Brutte notizie per le casalinghe: la più recente giurisprudenza ha ridefinito i contorni dell’assegno divorzile e molte ex mogli che si sono ritirate dal lavoro rischiano di perdere il mantenimento.
Ex moglie casalinga e assegno di mantenimento: cosa cambia
L’ordinanza numero 17144/2023 della Corte di Cassazione ha introdotto un nuovo criterio fondamentale. Il semplice status di casalinga non basta più ad avanzare pretese: per ottenere il mantenimento occorre che la donna dimostri che essersi dedicata alla casa e alla famiglia sia stata una scelta condivisa con l’ex coniuge. Ma non è tutto: tale scelta deve aver comportato la rinuncia a concrete occasioni di lavoro.
La casalinga che abbia rinunciato del tutto alla vita lavorativa, o che abbia ridimensionato i suoi orizzonti professionali magari passando da un lavoro a tempo pieno a lavoretti a chiamata solo per arrotondare il bilancio familiare, di comune accordo con l’ex marito, al termine del matrimonio ha diritto a un assegno con funzione “compensativa”. La ratio del diritto è chiara: se il marito viene di fatto sgravato dalla maggior parte delle cure domestiche e parentali e ha la facoltà di dedicare energie e tempo alla carriera, allora parte del merito del suo successo professionale andrà ascritto al sacrificio della moglie.
La situazione è comune a molte famiglie italiane: sono tante le madri che scelgono di ritirarsi dal lavoro perché talvolta i ritmi professionali non permettono di dedicarsi alla prole. I costi di asili nido e baby sitter, sempre più alti, possono eventualmente spingere alcune donne a scegliere di dedicarsi direttamente alla famiglia abbandonando il lavoro. La normativa è generale e parla di coniugi, dunque potrebbe capitare anche il caso inverso in cui è l’uomo ad abbandonare la carriera per la cura del focolare domestico. I fatti però certificano che questa eventualità è assai rara.
Assegno divorzile: casalinga costretta a dimostrare il sacrificio professionale
Il nodo della questione riguarda la capacità di poter dimostrare, nei fatti, che si è scelto di rinunciare al lavoro per la famiglia. Il caso di una dipendente che si licenzi, o che chieda la trasformazione del contratto di lavoro da full time a part time, per occuparsi di casa e figli è tendenzialmente più favorevole rispetto al caso di una donna che non abbia mai lavorato. L’onere di provare il sacrificio professionale spetta al richiedente.
Come cambia il divorzio in Italia
L’ordinanza della Cassazione si inserisce nel solco della riforma del diritto di famiglia che sta emergendo a partire dal 2017 grazie a un nuovo orientamento giurisprudenziale. Se in precedenza l’assegno divorzile era considerato intoccabile ed era legato al mantenimento del tenore di vita precedente alla separazione, negli ultimi tempi le cose sono cambiate.
E può capitare, ad esempio, che la Cassazione revochi l’assegno all’ex che rifiuti un buon posto di lavoro, come avvenuto nel febbraio 2023.
E con una sentenza depositata a gennaio 2023 la Cassazione ha stabilito la revoca dell’assegno per chi dopo il divorzio faccia spese voluttuarie e trascorra il suo tempo in passatempi piuttosto che cercarsi attivamente un’occupazione.
Nel 2017 la Corte ha stabilito che l’assegno vada tolto alla donna se è giovane e in grado di lavorare. Nello stesso anno è stato stabilito che l’ex che guadagna più di mille euro al mese non ha diritto all’assegno divorzile.
Nel 2021 sono cambiate le regole sul mantenimento in caso di nuova convivenza dell’ex partner.
Dall’1 marzo 2023 con la riforma Cartabia il diritto di famiglia è cambiato ulteriormente.