Divorzio, cambia tutto: nuove regole per il mantenimento

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute a definire la sorte dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole

Divorzio, quanto mi costi? Con la sentenza n. 32198, pubblicata in data 5 novembre 2021, le Sezioni Unite della Corte si sono espresse intervenendo sulla sorte e definizione dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole. A partire dal caso in esame, quindi, sono state dettate nuove regole in materia di mantenimento, stabilendo come gli importi potrebbero cambiare in caso di convivenza dell’ex coniuge con un nuovo compagno.

Divorzio, in caso di nuova convivenza si ha ancora diritto al mantenimento?

Scendere a patti dopo una separazione non è sempre facile. Chi riceve cosa? Come vengono divisi i beni in comune? Quanto spetta in caso di mantenimento? E quali sono le condizioni che potrebbero far venire meno gli impegni presi? Queste sono domande a cui spesso gli avvocati si ritrovano a rispondere quando si tratta di divorzio.

Di fatto, il mantenimento dopo un divorzio serve a proteggere il coniuge economicamente più debole da eventuali squilibri che si vengono a creare dopo il la separazione. Un esempio tipico che viene spesso citato in questi casi è quello del soggetto che non lavora – perché magari si è preso cura della famiglia per tutto il tempo – e che quindi potrebbe ritrovarsi in difficoltà una volta cessato il matrimonio. In questo modo, poiché ha contribuito diversamente al benessere della famiglia durante gli anni di convivenza, ha diritto ad essere mantenuto e aiutato una volta cessata l’unione.

Mettersi d’accordo sul mantenimento, poi, è forse la parte più delicata. Ma cosa succede, concretamente, se il coniuge che lo riceve si rifà una vita con un’altra persona? Ha ancora diritto a ricevere sostentamento economico dall’ex marito o moglie?

Ebbene, stando a quanto emerso dall’ultima sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, allo stato attuale, l’instaurazione della nuova convivenza non comporta la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.

(Per conoscere le differenze legali e fiscali tra matrimonio e convivenza, clicca qui).

Come cambia l’assegno di mantenimento in caso di convivenza con un’altra persona

L’ammontare del mantenimento, così come le condizioni per il riconoscimento, dipendono dalle situazioni di svantaggio che si vengono a creare dopo la fine di una relazione. Se queste mutano, dunque, è probabile che anche i patti post divorzio vengano rivisti. Può succedere, pertanto, che la persona che riceve l’assegno di mantenimento si rifaccia una vita con un’altra persona e che – come nel caso portato all’attenzione della Cassazione – decida di andare a convivere.

Concretamente, la sua situazione economica potrebbe cambiare ma, come spiegato sopra, questo non implica la perdita del mantenimento. La scelta di intraprendere un nuovo percorso di vita insieme ad un’altra persona non è però irrilevante: le Sezioni Unite hanno affermato infatti che l’ex coniuge, in virtù del suo nuovo progetto e del principio di autoresponsabilità, non può continuare a pretendere la corresponsione della componente assistenziale dell’assegno. Si tratta cioè dell’importo destinato a soddisfare esigenze di assistenza personale di primaria necessità (cibo, casa, servizi essenziali etc.) che sarebbero difficilmente assolte ricevendo una rendita.

Tuttavia, il coniuge non perde il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno, una quota che verrà quantificata tenendo anche in conto la durata del matrimonio e del contributo che l’ex (ricevente del mantenimento) ha dato nella realizzazione del patrimonio familiare, o del patrimonio personale del coniuge da cui si è separato. La compensazione può tenere conto anche di eventuali rinunce concordate ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio.

Divorzio, come viene calcolato l’assegno di mantenimento

Ma come viene calcolato l’assegno di mantenimento? Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi. Questo è quello che stabilisce l’articolo 5, al comma 6, della Legge n. 898/1970 (la Legge sul divorzio).

Per il computo dell’assegno di mantenimento, dunque, il giudice procede valutando i suddetti elementi, anche in rapporto alla durata del matrimonio, e dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

Per questo motivo, i coniugi sono tenuti a presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi (qui la guida completa al calcolo del 730) e ogni documentazione relativa alle loro entrate e al loro patrimonio, personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria.

Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

In caso di convivenza, come abbiamo visto, l’obbligo di corresponsione dell’assegno rimane, mentre cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze.

Si ricorda infine che, per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva, mentre è deciso in camera di consiglio. Infatti, come stabilito dalla legge: “La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, decide con sentenza” (art. 4, comma 16 L. 898/1970).

Assegno divorzile non corrisposto: cosa si rischia in caso di mancato mantenimento

Il coniuge tenuto a versare il mantenimento, in caso di assegno divorzile non corrisposto, va incontro alle pene previste dall’art. 571 del codice penale , che si applicano “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio”, ma anche a chi “viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.

In merito alla violazione di tale obbligo, recentemente, si è pure espressa la Corte di Cassazione (con sentenza n. 34618/2021) confermando che chi è tenuto al mantenimento rischia la multa o il carcere se viene meno a tale dovere, in quanto previste come pene alternative – ma non cumulative – dall’ordinamento.