Ricorso multa autovelox, quando non è obbligatorio comunicare i dati secondo la Cassazione

Cade l'obbligo di comunicare subito i dati del conducente per la decurtazione dei punti della patente. La sentenza della Cassazione impone che la comunicazione avvenga solo se il ricorso viene perso

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 19 Ottobre 2024 19:27

La Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta per limitare le prassi relative agli autovelox. In particolare, l’ordinanza 26553/2024 pubblicata l’11 ottobre dalla seconda sezione civile della Cassazione, apporta importanti modifiche sulla gestione delle multe legate alla decurtazione dei punti sulla patente.

La sentenza della Cassazione

La pronuncia fa cadere l’obbligo di tagliare i punti sulla patente di quegli automobilisti che abbiano presentato un ricorso al giudice o al prefetto contro una multa da autovelox, ad esempio per eccesso di velocità. La comunicazione dei dati del conducente per il taglio dei punti viene “congelata” fino alla conclusione del procedimento giurisdizionale o amministrativo.

Ne consegue che se l’autorità (giudice o prefetto) annulla il verbale di infrazione, allora viene meno la violazione dell’articolo 126 bis, comma 2, del Codice della Strada, che riguarda l’obbligo di comunicare i dati personali e della patente del conducente del veicolo. L’obbligo di comunicare i dati del conducente scatta solo se il ricorso viene respinto. In tale caso, l’amministrazione deve inviare un nuovo invito a comunicare i dati.

Il caso

Tutto nasce dal caso di un automobilista che ha fatto ricorso dopo avere ricevuto 11 verbali per non aver comunicato i dati del conducente entro i 60 giorni dalla notifica del verbale. Il Giudice di pace ha ridotto la sanzione al minimo e il Tribunale ha rigettato l’appello. Il caso è poi approdato sul tavolo della Cassazione, che ha rivoluzionato ogni prassi.

La sentenza in Cassazione è stata ottenuta dall’avvocato Federico Donegatti del foro di Rovigo, mentre il collega Andrea Gino Gioli ha seguito i precedenti nei due gradi di giudizio.

Il commento del legale

“Il principio di diritto che ora viene espresso ritiene che la violazione prevista dall’articolo 126 bis, comma 2, del Codice della strada si possa configurare soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso al verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento, non insorgendo prima di allora alcun obbligo nei termini siffatti”. Questa la spiegazione dell’avvocato Donegatti a Polesine24. “Ne consegue – prosegue il legale – che, solo ed esclusivamente ad esito sfavorevole per il ricorrente dei predetti procedimenti intentati, l’amministrazione è tenuta ad emettere un nuovo invito per l’obbligato, dalla cui notifica decorrono i sessanta giorni per adempiere alle incombenze di cui alla citata disposizione, mentre in caso di esito favorevole, (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto per la configurazione della violazione”.

Tempi duri per gli autovelox

La sentenza della Cassazione, che ridimensiona un aspetto delle multe erogate dagli autovelox, si aggiunge ad altri interventi che, da più parti, riguardano la stessa materia.

La Procura di Padova sta indagando sul caso di 9 autovelox che, secondo le ipotesi, sarebbero approvati ma non anche omologati. L’indagine arriva a seguito di una serie di denunce di automobilisti, anche ai danni di amministrazioni comunali.

E un’indagine della Procura di Cosenza ha portato alla luce autovelox non omologati in tutta Italia. Subito è scattato il sequestro dei dispositivi.

A maggio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto fortemente restrittivo sull’utilizzo degli autovelox voluto dal ministro del Trasporti, nonché vicepremier e capo della Lega, Matteo Salvini.