La possibilità un legame tra l’alta concentrazione di smog in città e lo sviluppo dell’infezione da Covid-19 era emersa all’alba della pandemia per cercare di spiegare il boom dei contagi che a marzo 2020 travolse soprattutto la Lombardia. Già dopo un anno dall’inizio dell’epidemia diversi dati supportavano questa ipotesi e oggi gli studi in materia sono stati raccolti dall’associazione “Cittadini per l’aria” in un ricorso presentato al Consiglio di Stato contro il piano per la riduzione degli inquinanti atmosferici della Regione Lombardia.
Covid e smog, cosa dicono davvero i dati: la meta-analisi sul legame
L’obiettivo della Onlus è portare avanti la missione della riduzione dello smog e a sostegno della loro battaglia vengono in aiuto i lavori scientifici sugli effetti che l’inquinamento dell’aria provoca sulle nostre difese immunitarie, che risulterebbero così più vulnerabili al Covid-19 (qui l’ultimo quadro aggiornato con i dati sull’epidemia nelle regioni).
Il collegamento diretto tra la malattia provocata dal Sars-CoV-2 e il livello di polveri sottili presenti nell’aria delle città non è stato immediatamente dimostrabile, ma una meta-analisi sulla letteratura scientifica pubblicata sul tema, realizzata dal centro tedesco “Helmholtz”, specializzato sulla ricerca in materia di ambiente, dimostrerebbe che il legame c’è.
Prendendo in esame 65 milioni di casi e 264 mila decessi, i ricercatori tedeschi hanno concluso che esiste una “significativa associazione per la mortalità tra biossido di azoto, Pm2,5 e Sars-CoV-2 per esposizioni agli inquinanti su base annuale. Per esposizioni a breve termine il biossido di azoto è associato all’incidenza di infezioni per Sars-CoV-2 e influenza“.
L’istituto “Helmholtz” ha riassunto i risultati in uno schema esemplificativo che elenca i principi chiave alla base della correlazione:
- l’inquinamento dell’aria può abbassare le difese immunitarie;
- l’esposizione agli inquinanti atmosferici può portare a uno stato di infiammazione cronica di basso livello;
- l’inquinamento è stato associato a patologie croniche come quelle cardiovascolari e il diabete, che potrebbero rendere il sistema immunitario più esposto ai virus.
Covid e smog, quale relazione: gli studi
Tutti fattori avvalorati da altre ricerche che sostengono come un organismo per lungo tempo sotto l’effetto di agenti inquinanti presenti nell’aria sia più soggetto alll’insorgere di malattie respiratorie, come quella provocata dai coronavirus (qui il caso emblematico dell’ex Ilva di Taranto).
“Posso confermare, in base alle attuali conoscenze scientifiche, che il particolato fine ha un effetto sulla salute umana, sia per brevi che per lunghe esposizioni, e che un’alta presenza del particolato può significativamente aumentare la mortalità dovuta a infezioni da Covid-19” scrive così ad aprile 2021 Andrea Pozzer a capo del gruppo di ricerca sulla chimica atmosferica del “Max-Planck Institut”, altro ente tedesco tra i più importanti in Europa (qui avevamo parlato del caso di una bambina morta di inquinamento in Uk, con una panoramica sul resto del continente).
Ma le prove arrivano anche dagli studi fatti nel nostro Paese, come il lavoro dell’ISMN, l’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Cnr italiano, in collaborazione con il Grenoble institute of technology e la Fondazione “E. Amaldi” che hanno pubblicato di recente una ricerca dal titolo: “Analisi degli aspetti chimico-fisici ambientali che hanno favorito la diffusione della Sars-CoV-2 nell’area lombarda“.
“I risultati ottenuti mostrano una buona correlazione tra insorgenza dei sintomi da Covid-19, inquinamento atmosferico e condizioni climatiche registrati in Lombardia tra febbraio e marzo 2020 – ha spiegato Roberto Dragone, ricercatore Cnr-Ismn. Tra i possibili meccanismi riconducibili agli inquinanti chimici atmosferici non si può escludere la sensibilizzazione dell’organismo all’attacco virale per abbassamento delle difese immunitarie”.