Dall’Europarlamento ok definitivo alla Direttiva contro greenwashing e informazioni ingannevoli

Dal Parlamento Ue il via libera definitivo a una direttiva che migliorerà l'etichettatura dei prodotti e vieterà l'uso di dichiarazioni ambientali fuorvianti

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente la direttiva contro il greenwashing e le informazioni ingannevoli. La direttiva, approvata con 593 voti favorevoli, 21 contrari e 14 astensioni, mira a proteggere i consumatori e ad aiutarli a compiere scelte di acquisto più informate.

La direttiva ora deve essere approvata dal Consiglio dell’Unione europea e pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepirla nel diritto nazionale.

L’approvazione della direttiva contro il greenwashing è un passo importante per proteggere i consumatori e promuovere un mercato più sostenibile. La direttiva garantirà che i consumatori abbiano accesso a informazioni accurate sulle prestazioni ambientali dei prodotti, in modo da poter fare scelte di acquisto più consapevoli.

Legge europea contro il greenwashing: un passo verso un consumo più sostenibile

La relatrice Biljana Borzan (S&D, HR) ha enfatizzato l’impatto significativo della nuova legge, affermando: “Questa legge cambierà il quotidiano di tutti gli europei! Ci allontaneremo dalla cultura dello scarto, renderemo più trasparente il marketing e combatteremo l’obsolescenza prematura dei beni. Le persone potranno ora scegliere prodotti più durevoli, riparabili e sostenibili grazie a etichette e pubblicità affidabili. Soprattutto, le aziende non potranno più ingannare le persone dicendo che le bottiglie di plastica sono buone perché l’azienda ha piantato alberi da qualche parte, o dichiarare che qualcosa è sostenibile senza spiegare come. Questa è una grande vittoria per tutti noi!”

Ue: nuove regole per rendere l’etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile

Il Parlamento europeo ha approvato nuove regole per rendere l’etichettatura dei prodotti più chiara e affidabile. Le nuove regole, che entreranno in vigore entro il 2026, mirano a proteggere i consumatori da dichiarazioni ambientali fuorvianti e a promuovere un consumo più sostenibile.

In particolare, le nuove regole vietano l’uso di indicazioni ambientali generiche come “rispettoso dell’ambiente“, “rispettoso degli animali“, “verde“, “naturale“, “biodegradabile“, “a impatto climatico zero” o “eco” se non supportate da prove scientifiche.

Sarà ora regolamentato anche l’uso dei marchi di sostenibilità, che dovranno essere basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche.

Inoltre, la direttiva vieterà le dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull’ambiente neutro, ridotto o positivo in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni.

Legge per la durabilità: focus su produttori e consumatori

In linea con l’obiettivo di promuovere la durata dei prodotti, la nuova legge presenta un’iniziativa chiave per rendere produttori e consumatori più consapevoli. Il testo prevede che le informazioni sulla garanzia siano rese più visibili, accompagnate dall’introduzione di un nuovo marchio armonizzato per evidenziare i prodotti con periodi di garanzia più estesi.

Oltre a ciò, le nuove norme vietano indicazioni infondate sulla durata dei prodotti, come dichiarazioni erronee riguardanti il numero di cicli di lavaggio di una lavatrice. Vengono inoltre vietati gli inviti a sostituire beni di consumo prima del necessario, come spesso accade con l’inchiostro delle stampanti, e le false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto.

Ue: Parlamento europeo respinge gli argomenti dell’industria sul greenwashing

La relatrice del Parlamento europeo per la direttiva sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti, Simona Borzan, ha dichiarato in una conferenza stampa di non essere d’accordo con gli argomenti avanzati dall’industria.

Durante gli incontri con tutti i portatori d’interesse, le aziende hanno sostenuto che i consumatori vogliono sempre nuovi design e cercano costantemente l’innovazione. L’Eurocamera, invece, ha considerato tali argomentazioni “non accettabili”.

Borzan ha spiegato che la direttiva mira a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e che gli argomenti dell’industria non sono sufficienti per giustificare l’uso di materiali e processi di produzione più inquinanti.

Rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea, il Parlamento ha introdotto emendamenti per rafforzare la regolamentazione sulle etichette di sostenibilità e sugli strumenti informativi sulla sostenibilità. Anche durante i triloghi con i co-legislatori, di cui quello decisivo il 19 settembre, è stata adottata la decisione di migliorare la visibilità delle informazioni sulla garanzia e di introdurre una nuova etichetta per estendere la copertura di garanzia.

Nuova legge Ue contro il greenwashing: un passo avanti ma non basta

L’Ufficio europeo per l’ambiente (EEB) ha elogiato la nuova legge dell’Unione europea che mira a contrastare il greenwashing aziendale, ovvero la pratica di presentare i propri prodotti o servizi come più ecologici di quanto siano in realtà. Secondo EEB, il 75% dei prodotti sul mercato dell’Ue ha un’etichetta verde, ma più della metà di queste sono ingannevoli o false, mentre quasi la metà dei 230 marchi ecologici dell’Ue non ha criteri rigorosi di verifica.

Tuttavia, gli attivisti ambientali hanno espresso delusione per il fatto che l’Ue non abbia approfittato dell’occasione per proibire altre pratiche dannose per l’ambiente e i consumatori, come l’obsolescenza programmata e gli ostacoli alla riparazione. La nuova legge prevede solo che i produttori forniscano informazioni sulla riparabilità e sulla durata dei prodotti, ma non li obbliga a renderli più resistenti o facilmente riparabili.

Obsolescenza programmata: la legge Ue non la vieta ma la limita

EEB ha criticato la nuova legge dell’Unione europea che non proibisce l’obsolescenza programmata, cioè la strategia delle aziende di ridurre volontariamente la vita utile dei loro prodotti per spingere i consumatori a comprarne di nuovi. La legge vieta solo la pubblicità di prodotti difettosi, ma solo se i venditori ne sono consapevoli: una situazione difficile da provare.

Miriam Thiemann, responsabile della campagna EEB, ha affermato: “Questa legge smaschera il marketing verde ingannevole, frenando le affermazioni vaghe e rafforzando l’affidabilità delle etichette di sostenibilità. Le persone potranno anche avere più informazioni sulla durabilità e riparabilità dei prodotti prima di comprarli. Ma servono ancora regole più severe per fare dei prodotti durevoli e riparabili lo standard”.

Cos’è il greenwashing?

Il greenwashing è una tecnica di comunicazione o marketing che propone come ecosostenibili le attività o i prodotti di aziende, istituzioni ed enti, mentre nascondono o occultano l’impatto ambientale negativo. Si tratta di una pratica ingannevole e scorretta, che sfrutta la crescente sensibilità dei consumatori verso le tematiche ambientali, ma che non corrisponde alla realtà dei fatti. Il termine greenwashing, che deriva dall’unione di “green” (verde) e “whitewashing” (coprire, nascondere), è stato usato per la prima volta nel 1986 dall’ambientalista statunitense Jay Westerveld, per criticare le catene alberghiere che invitavano gli ospiti a riutilizzare gli asciugamani per risparmiare acqua, nascondendo in realtà una motivazione economica.

Cos’è l’obsolescenza programmata?

L’obsolescenza programmata o pianificata è una strategia commerciale adottata dalle aziende per accorciare “artificialmente” il ciclo di vita naturale dei rispettivi prodotti, mantenendo così alta la domanda e, di conseguenza, gli acquisti di nuovi modelli. Una pratica dannosa e “datata”, tornata in auge con la pervasività di dispositivi come smartphone, computer, software, elettrodomestici e altri beni concepiti seguendo la logica “usa e getta”. Il termine “obsolescenza programmata” è stato usato per la prima volta nel 1924, quando i principali produttori di lampadine a incandescenza si misero d’accordo per ridurne la durata della luce. Una strategia che segnò l’inizio della tecnica voluta dalle aziende per ridurre il tempo di funzionamento di un prodotto e garantirsi il ricambio con oggetti di ultima generazione.

Esempi di greenwashing e obsolescenza programmata

Sono numerosi gli esempi di greenwashing e obsolescenza programmata che si possono trovare nel mercato odierno. Alcuni dei casi più famosi sono:

  • Coca-Cola: la multinazionale delle bibite ha lanciato nel 2009 la “PlantBottle”, una bottiglia di plastica parzialmente realizzata con materiali vegetali, presentandola come una soluzione ecologica e innovativa. Tuttavia, la bottiglia non era né biodegradabile né compostabile, e richiedeva comunque l’uso di petrolio e di colture intensive per la sua produzione
  • Eni: la compagnia petrolifera italiana ha promosso il suo impegno per la transizione energetica e la riduzione delle emissioni di CO2, ma allo stesso tempo ha continuato a investire in progetti di estrazione di idrocarburi, anche in aree delicate come l’Artico e il Mozambico
  • H&M: la catena di abbigliamento svedese ha lanciato nel 2011 la linea “Conscious”, basata sull’uso di materiali organici e riciclati, e ha aderito a vari programmi di responsabilità sociale. Tuttavia, la linea “Conscious” rappresenta solo una piccola parte della produzione totale di H&M, che si basa ancora su un modello di fast fashion che genera enormi quantità di rifiuti e sfrutta i lavoratori nei paesi in via di sviluppo
  • Ikea: il colosso dell’arredamento ha dichiarato di voler diventare “climate positive” entro il 2030, riducendo le sue emissioni e aumentando l’uso di materiali rinnovabili e riciclati. Tuttavia, Ikea continua a vendere mobili di bassa qualità e difficile riparabilità, che spingono i consumatori a sostituirli frequentemente, contribuendo così al fenomeno dell’obsolescenza programmata
  • Unilever: il gruppo anglo-olandese ha annunciato nel 2020 di voler ridurre del 50% il suo impatto ambientale entro il 2030, puntando su prodotti più sostenibili e con meno plastica. Tuttavia, Unilever è ancora uno dei maggiori inquinatori al mondo, responsabile di gravi danni alla salute e all’ambiente in paesi come l’India, il Brasile e il Sud Africa
  • KLM: la compagnia aerea olandese ha lanciato nel 2019 una campagna pubblicitaria dal titolo “Fly Responsibly”, invitando i consumatori a volare di meno e a scegliere mezzi di trasporto alternativi. Tuttavia, la campagna è stata accusata di essere un tentativo di greenwashing, dato che KLM non ha preso alcuna misura concreta per ridurre le sue emissioni o per migliorare l’efficienza dei suoi aerei
  • San Benedetto: l’azienda italiana di acque minerali ha introdotto nel 2018 la “Green Bottle”, una bottiglia di plastica riciclata al 50%, presentandola come una soluzione ecocompatibile e rispettosa dell’ambiente. Tuttavia, la bottiglia non era completamente riciclata, né riciclabile, e richiedeva comunque l’uso di risorse naturali e di energia per la sua produzione
  • Chevron: la società petrolifera statunitense ha lanciato nel 2009 una serie di spot televisivi dal titolo “We Agree”, in cui mostrava il suo impegno per la protezione dell’ambiente, la sicurezza dei lavoratori e lo sviluppo delle comunità locali. Tuttavia, Chevron è stata coinvolta in numerosi scandali ambientali e umanitari, come il disastro di Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, la contaminazione dell’Amazzonia ecuadoriana e la repressione dei diritti umani in Nigeria

Vantaggi di limitare il greenwashing e l’obsolescenza programmata

Limitare il greenwashing e l’obsolescenza programmata sarebbe vantaggioso sia per i consumatori che per l’ambiente. I consumatori potrebbero beneficiare di una maggiore trasparenza e affidabilità delle informazioni ambientali, e di una maggiore durata e qualità dei prodotti acquistati. Inoltre, potrebbero risparmiare denaro e risorse, evitando di comprare prodotti inutili o di sostituirli frequentemente. L’ambiente potrebbe beneficiare di una riduzione dei rifiuti, delle emissioni e dell’inquinamento, e di una maggiore tutela della biodiversità e degli ecosistemi. Inoltre, potrebbe favorire una transizione verso un modello di economia circolare, basato sul riutilizzo, il riciclo e il recupero dei materiali.

Come contrastare il greenwashing e l’obsolescenza programmata

Come detto, il greenwashing e l’obsolescenza programmata sono due pratiche che danneggiano i consumatori e l’ambiente. Per contrastarle sono necessarie sia azioni a livello istituzionale che a livello individuale.

A livello istituzionale, è importante che ci siano norme e regolamenti che impediscano o sanzionino le pratiche sleali e ingannevoli. In questo senso, la nuova Direttiva dell’Unione europea è un passo importante, ma è necessario che venga implementata in modo efficace.

È inoltre importante che le istituzioni promuovano la responsabilità sociale e ambientale delle aziende, incentivando la produzione di prodotti sostenibili e la riduzione dell’impatto ambientale.

A livello individuale, è importante che i consumatori siano informati e consapevoli delle tematiche ambientali. Per farlo, è possibile seguire alcuni consigli, come:

  •  Verificare le fonti e le certificazioni delle informazioni ambientali. Prima di fidarsi di informazioni ambientali su prodotti, è essenziale verificare le fonti e le certificazioni. Si dovrebbero preferire le informazioni provenienti da fonti indipendenti e riconosciute, come l’Ecolabel europeo, il marchio FSC o il logo biologico dell’UE. Questo assicura una maggiore affidabilità nelle affermazioni di sostenibilità
  • Comparare le informazioni ambientali con quelle di altri prodotti simili. Un’azione informata richiede il confronto tra le informazioni ambientali di prodotti simili. Questo aiuta a valutare la coerenza e la credibilità delle affermazioni di sostenibilità. La consapevolezza del contesto ambientale può orientare le scelte dei consumatori verso prodotti autenticamente sostenibili
  • Preferire i prodotti che offrono una garanzia di durata, riparabilità e riciclabilità. Scegliere prodotti con garanzie di durata, riparabilità e riciclabilità è un modo efficace per contrastare l’obsolescenza programmata. Queste garanzie promuovono prodotti che resistono nel tempo, sono riparabili e contribuiscono a ridurre i rifiuti
  • Evitare gli acquisti impulsivi e inutili. La resistenza all’obsolescenza programmata inizia con la consapevolezza dei propri acquisti. Evitare acquisti impulsivi e inutili è fondamentale per promuovere un consumo consapevole e responsabile. Questa pratica non solo limita il greenwashing, ma riduce anche l’impatto ambientale derivante da acquisti non necessari
  • Partecipare a iniziative di sensibilizzazione e di denuncia. Coinvolgersi in iniziative di sensibilizzazione e denuncia del greenwashing e dell’obsolescenza programmata è cruciale. Associazioni di consumatori, ambientaliste e sociali spesso promuovono campagne informative e attività di sensibilizzazione. Partecipare a tali iniziative contribuisce a creare una comunità consapevole e attiva