Eventi climatici estremi, le regioni italiane più a rischio di mortalità

Secondo lo studio ENEA pubblicato sulla rivista Safety in Extreme Environment, Trentino-Alto Adige, Lombardia, Sicilia, Piemonte e Veneto, sono le più colpite

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Pubblicato: 1 Aprile 2024 15:57

Il triste scenario che si staglia davanti ai nostri occhi è quello di un’Italia sempre più vulnerabile alle insidie del clima. Eventi estremi, come frane, valanghe, tempeste e inondazioni, non sono più un lontano spettro, ma una realtà con cui il nostro paese ha già fatto i conti e che, purtroppo, continuerà ad affrontare in futuro.

I dati parlano chiaro: dal 2003 al 2020, questi fenomeni hanno causato la morte di 378 persone, di cui 321 a causa di frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni. Un bilancio drammatico che evidenzia la gravità della situazione.

Oltre il 90% dei comuni italiani si trova in una zona a rischio per eventi climatici estremi, con oltre 8 milioni di abitanti esposti direttamente a queste minacce. Un numero che assume proporzioni ancora più preoccupanti se si considera l’aumento considerevole di tali fenomeni negli ultimi anni, con un impatto devastante sull’ambiente e sui territori.

A confermare la gravità del problema è uno studio pubblicato dall’Enea, che individua le regioni italiane maggiormente a rischio mortalità per eventi meteorologici e idrogeologici estremi, sulla base delle vittime registrate nel periodo 2003-2020.

Database ENEA, 18 anni di dati sulla mortalità per eventi meteo-idrogeologici estremi in Italia

Lo studio è stato condotto utilizzando il database di mortalità dell’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (ENEA), con dati provenienti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), che comprendono cause specifiche di mortalità per tutti i comuni italiani dal 1980 al 2020.

I dati sulle morti causate da eventi meteorologici e idrologici estremi in Italia sono stati estratti per il periodo 2003-2020 a livello regionale, provinciale e comunale, considerando cause specifiche come frane e valanghe, tempeste catastrofiche e alluvioni.

Sono stati calcolati tassi di mortalità standardizzati per 100.000 persone (SMRates), utilizzando come fonte di popolazione standard il censimento italiano del 2011, e sono stati forniti intervalli di fiducia al 95% (95% CI) a livello regionale e comunale. Per ogni regione e provincia, sono stati identificati i comuni con casi di morte e quelli con più di un decesso.

I comuni con casi di decesso sono stati classificati in base alla loro altitudine, utilizzando la classificazione altimetrica ISTAT, e in base al livello di urbanizzazione, utilizzando la densità di popolazione come definita da Eurostat nel 2006. Le mappe geografiche sono state create utilizzando il software QGIS versione 3.28.

Studio sulla mortalità italiana legata agli eventi estremi, limiti e prospettive

Lo studio, come detto, fornisce un quadro della mortalità in Italia dal 2003 al 2020 causata da eventi estremi, come frane, valanghe, tempeste e alluvioni, analizzando la distribuzione geografica a livello nazionale fino a quello comunale. La mortalità rappresenta l’unico indicatore sanitario disponibile per tutti i comuni italiani, consentendo un’indagine su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, l’impatto reale degli eventi estremi è sottostimato poiché non tiene conto delle persone che sopravvivono, molte delle quali con gravi traumi fisici e psicologici.

Purtroppo, il basso numero di decessi osservati ha limitato la possibilità di un’analisi statistica dell’impatto dei diversi tipi di eventi estremi considerati, riducendo così la comprensione della mortalità specifica e del rischio attribuibile, così come dell’impatto relativo in ciascuna regione.

Per quanto riguarda il livello di urbanizzazione, emerge un’associazione inversa tra i comuni colpiti dagli eventi estremi e la densità di popolazione, indicando che le aree meno abitate sono particolarmente a rischio. Un’ipotesi plausibile potrebbe essere che queste aree siano intrinsecamente più pericolose delle città in caso di eventi estremi, probabilmente a causa di minori protezioni infrastrutturali o di tempi più lunghi necessari per raggiungere e attivare le operazioni di soccorso.

Aree d’Italia a rischio mortalità per eventi climatici estremi: uno studio ENEA

Lo studio “Mortalità da eventi meteorologici e idrogeologici estremi in Italia: una crescente minaccia per la salute connessa al cambiamento climatico“, che è stato pubblicato su Safety in Extreme Environment da Raffaella Uccelli e Claudia Dalmastri del Laboratorio ENEA Salute e Ambiente, ha identificato le aree italiane più a rischio di mortalità per eventi climatici estremi.

Dal 2003 al 2020, questi eventi hanno causato 378 decessi: 321 per frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni.

Le regioni più colpite sono:

  • Trentino-Alto Adige (73 decessi, 44 comuni)
  • Lombardia (55 decessi, 44 comuni)
  • Sicilia (35 decessi, 10 comuni)
  • Piemonte (34 decessi, 28 comuni)
  • Veneto (29 decessi, 23 comuni)
  • Abruzzo (24 decessi, 12 comuni)

Altre regioni a rischio includono Emilia-Romagna (12 comuni), Calabria (10 comuni), Liguria (10 comuni) e Val d’Aosta (8 decessi, un numero elevato in proporzione alla popolazione).

Lo studio evidenzia la necessità di interventi urgenti per mitigare i rischi e proteggere la popolazione dalle conseguenze del cambiamento climatico.

Vulnerabilità territoriale e impatto demografico degli eventi climatici estremi in Italia

Lo studio dell’ENEA ha svelato un dato preoccupante: approssimativamente la metà dei 247 comuni italiani, nei quali si è registrata almeno una vittima a seguito di eventi climatici estremi, sono situati in zone montane o scarsamente popolate. Queste aree, per la loro natura, presentano una maggiore vulnerabilità intrinseca, aumentando così il rischio di perdite umane durante tali eventi e spesso incontrando difficoltà nell’organizzazione dei soccorsi. Inoltre, secondo la classificazione altimetrica fornita dall’ISTAT, il 32% dei comuni con casi di mortalità si colloca in zone collinari, mentre meno del 20% si trova in pianura.

L’Enea ha evidenziato un’altra critica situazione: in Italia risiedono 1,3 milioni di persone nei comuni soggetti al rischio di frane e 6,9 milioni nei comuni a rischio di inondazioni. Raffaella Uccelli, ricercatrice del Laboratorio ENEA Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme alla collega Claudia Dalmastri, ha sottolineato che “Gli eventi meteorologici estremi stanno crescendo in frequenza e intensità a causa dei cambiamenti climatici, portando a conseguenze drammatiche per territori e popolazioni, soprattutto per gli anziani oltre i 65 anni, il cui numero in Italia è aumentato del 24% in 20 anni. È essenziale identificare le aree ad alto rischio anche per la mortalità associata al fine di delineare le azioni prioritarie di intervento, allocare risorse finanziarie, stabilire sistemi di allerta e implementare misure preventive e di mitigazione per proteggere il territorio e i suoi abitanti”.

Se si considera un periodo più recente, da gennaio a maggio 2023, l’Enea ha registrato 122 eventi meteorologici estremi in Italia, rispetto ai 52 nello stesso periodo del 2022 (+135%). Le regioni più colpite sono risultate essere l’Emilia-Romagna, la Sicilia, il Piemonte, il Lazio, la Lombardia e la Toscana.

Aumento del rischio mortale in comuni montani: impatti della crisi climatica e gestione territoriale

Dall’analisi emerge chiaramente che circa la metà dei 247 comuni italiani, dove si è riscontrato almeno un decesso, sono situati in zone montane o poco popolate, dove il pericolo di mortalità derivante da eventi meteorologici e idrogeologici estremi potrebbe essere attribuito alla loro intrinseca fragilità e alle sfide nelle operazioni di soccorso. Inoltre, il rischio sta crescendo, sia a causa della crisi climatica che, purtroppo, a causa di una gestione del territorio discutibile. Come rivelato dai dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, nei primi tre mesi del 2023 si è osservato un preoccupante aumento del 135% negli eventi climatici estremi rispetto allo stesso periodo del 2022.

Disparità di genere nelle vittime degli eventi estremi: analisi demografica

Dallo studio emerge una netta disparità di genere tra le vittime di eventi meteo-idrogeologici estremi: 297 uomini contro 81 donne.

Perché questa differenza?

Secondo Claudia Dalmastri, coautrice dello studio, diverse cause potrebbero essere all’origine:

  • Stili di vita differenti: gli uomini tendono ad essere più esposti a rischi in contesti lavorativi e di svago all’aperto
  • Attività lavorative: alcuni lavori, tipicamente maschili, implicano un maggiore rischio di esposizione a eventi estremi (es. edilizia, agricoltura)
  • Spostamenti casa-lavoro: gli uomini potrebbero percorrere tragitti più lunghi e in orari più pericolosi
  • Tempo trascorso all’aperto: in generale, gli uomini trascorrono più tempo all’aperto rispetto alle donne, aumentando la loro vulnerabilità a eventi meteorologici avversi

Clima che cambia, eventi estremi in aumento: minacce per ambiente e salute

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) lancia un allarme: gli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, siccità, inondazioni e frane, sono in aumento sia in frequenza che in intensità. I cambiamenti climatici sono la causa principale di questa tendenza preoccupante.

Le conseguenze del riscaldamento globale:

  • Impatto diretto sulla salute: le temperature estreme possono causare colpi di calore, disidratazione e altri problemi di salute, soprattutto in persone anziane, bambini e persone con malattie croniche
  • Effetti indiretti sull’ambiente: la siccità può prosciugare fiumi e laghi, danneggiare gli ecosistemi e aumentare il rischio di incendi
  • Minacce alla produttività agricola: il caldo eccessivo e la mancanza di acqua possono ridurre i raccolti e mettere a rischio la sicurezza alimentare

L’OMS sottolinea che, nonostante ci possano essere alcuni benefici localizzati del riscaldamento globale, come inverni meno rigidi nelle zone temperate e un aumento della produzione alimentare in alcune aree, l’impatto complessivo è negativo. Questo si manifesta attraverso un aumento drammatico degli eventi meteorologici e idrogeologici estremi, come frane, valanghe e inondazioni, che minacciano sia l’ambiente che la salute umana.

Sfide nella gestione del cambiamento climatico e della salute pubblica

Nonostante la crescente consapevolezza scientifica sul legame tra cambiamento climatico e salute, le azioni intraprese finora non sono sufficienti per contrastarne gli effetti. Affrontare gli eventi idrometeorologici costituisce una priorità e una sfida di governance, mentre gli strumenti per le strategie sono oggetto di studio per migliorarli. È fondamentale sviluppare indicatori adeguati per valutare l’esposizione delle popolazioni agli eventi estremi e stimare i possibili impatti sulla salute. Tra questi, i dati sulla mortalità sono ampiamente utilizzati come indicatori negli studi epidemiologici sui cambiamenti climatici. Tuttavia, rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’impatto reale sulla salute umana. Nonostante ciò, hanno il vantaggio di essere dati di flusso attuali disponibili per la maggior parte dei paesi.

Aumento degli eventi estremi in Italia, le segnalazioni dalle fonti ambientali

In Italia, il numero e la frequenza degli eventi estremi hanno recentemente registrato un notevole aumento, come evidenziato dai rapporti periodici dell’Istituto Italiano per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e da alcune associazioni ambientaliste come Legambiente. In particolare, un significativo aumento del numero di frane e alluvioni è stato documentato dall’ISPRA nel periodo dal 2009 al 2014. Nel periodo da gennaio a maggio 2023, sono stati registrati 122 eventi meteorologici estremi, rispetto ai 52 dell’anno precedente (+135%). Le sei regioni maggiormente colpite sono state Emilia-Romagna, Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana, secondo i dati riportati da Legambiente.

Strategie di mitigazione e preparazione per affrontare gli eventi estremi in italia: un approccio completo e proattivo

L’analisi dettagliata condotta nello studio ha consentito di definire con precisione i livelli di mortalità causati dagli eventi estremi e di individuare le specifiche aree geografiche all’interno del territorio italiano ad alto rischio. La valutazione ha rivelato non solo le regioni e i comuni più vulnerabili in termini di mortalità, ma ha anche evidenziato le concentrazioni di tali comuni in particolari territori, offrendo così un quadro completo della distribuzione del rischio.

Queste informazioni sono fondamentali per identificare le priorità di intervento e per assegnare risorse adeguate al fine di mitigare i fattori di rischio rilevati. In particolare, le regioni e i comuni ad alto rischio dovrebbero essere considerati settori prioritari per ulteriori indagini specifiche e per la definizione di strategie mirate di prevenzione e gestione degli eventi estremi.

La conoscenza acquisita mediante lo studio fornisce una solida base per lo sviluppo delle migliori strategie di prevenzione e risposta agli eventi estremi. Essa offre inoltre un’importante base storica per ulteriori ricerche sulla valutazione del rischio, consentendo di stimare con maggiore precisione il costo aggiuntivo in termini di vite umane perse a causa dell’incremento previsto di tali eventi. Utilizzando modelli futuri degli scenari climatici, sarà possibile predire con maggiore accuratezza l’impatto potenziale degli eventi estremi sul territorio italiano e sulle sue comunità.

Le raccomandazioni per la mitigazione del rischio devono essere indirizzate sia alle autorità nazionali che a quelle locali e devono essere fortemente incentrate sulla prevenzione di esiti catastrofici, con particolare attenzione alle aree più vulnerabili. È essenziale attuare piani d’azione a lungo termine per garantire la sicurezza delle persone, degli edifici e delle risorse, prevedendo interventi strutturali e organizzativi mirati.

Inoltre, è di fondamentale importanza essere pronti ad attivare tempestivamente risorse sanitarie e strutture di emergenza per affrontare i traumi fisici e psicologici della popolazione colpita dagli eventi estremi. Le strategie di emergenza devono essere attivate immediatamente dopo l’evento per prevenire epidemie e proteggere la salute pubblica.

Parallelamente, è essenziale attivare piani di ripristino delle condizioni ambientali, infrastrutturali, economiche e sociali preesistenti, garantendo un ritorno alla normalità il più rapidamente possibile.

Data l’attesa crescita degli eventi estremi non solo in Italia ma in tutto il mondo, la conoscenza delle aree ad alto rischio deve essere utilizzata per guidare decisioni strategiche a livello nazionale e internazionale. È importante considerare anche gli impatti socio-economici degli eventi estremi, stimando i costi associati alle morti premature e alle cure necessarie per le persone colpite, al fine di pianificare una risposta efficace e sostenibile.