Sviluppo sostenibile nell’Ue tra progressi economici e criticità ambientali

Dal nuovo Rapporto Eurostat 2025 emerge che l’Ue sta consolidando risultati strategici in settori chiave, ma alcune aree vitali registrano stagnazione o addirittura regressione

Foto di Donatella Maisto

Donatella Maisto

Esperta in digital trasformation e tecnologie emergenti

Dopo 20 anni nel legal e hr, si occupa di informazione, ricerca e sviluppo. Esperta in digital transformation, tecnologie emergenti e standard internazionali per la sostenibilità, segue l’Innovation Hub della Camera di Commercio italiana per la Svizzera. MIT Alumni.

Pubblicato:

Nel nuovo rapporto Eurostat 2025 “Sustainable development in the European Union – monitoring report on progress towards the SDGs in an EU context, emergono evidenze molto chiare dopo una lettura critica: l’Ue sta consolidando risultati strategici in settori chiave, ma alcune aree vitali registrano stagnazione o addirittura regressione, compromettendo l’intera coesione e sostenibilità del progetto europeo.

Indice

Progressi strutturali a 360° tra economia, finanza e innovazione

L’edizione 2025 del rapporto Eurostat evidenzia come l’Unione Europea abbia registrato avanzamenti significativi su sette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) strettamente interconnessi alla dimensione economica e tecnologico-industriale della sostenibilità. In particolare, i miglioramenti relativi agli SDG 2, 4, 5, 8, 9, 10 e 12 riflettono una traiettoria strategica che punta alla costruzione di un sistema socio-economico resiliente, innovativo e orientato alla giustizia distributiva.

SDG 9 e 12: infrastrutture digitali e consumo responsabile come leve finanziarie e industriali

Gli SDG 9 (Industry, Innovation and Infrastructure) e 12 (Responsible Consumption and Production) rappresentano il cuore del nuovo paradigma produttivo europeo. L’UE ha investito significativamente nel potenziamento delle infrastrutture digitali, smart grid, reti 5G, data center sostenibili e tecnologie abilitanti per l’industria 4.0.
Parallelamente, il quadro regolatorio ha favorito il passaggio da un’economia lineare a una circular economy, integrando criteri ambientali nelle catene del valore e nei processi di procurement pubblico e privato. Le linee guida della Tassonomia UE per le attività sostenibili, il Regolamento CSRD sulla rendicontazione di sostenibilità e l’adozione crescente di modelli ESG-based da parte degli operatori finanziari, testimoniano come SDG 9 e 12 siano oggi declinati anche in chiave di finanza sostenibile e politica industriale integrata.

SDG 8: crescita economica inclusiva e lavoro dignitoso

L’avanzamento dell’SDG 8 (Decent Work and Economic Growth) indica un miglioramento delle dinamiche occupazionali in diversi Stati membri, con riduzione dei tassi di disoccupazione e aumento della partecipazione femminile e giovanile al mercato del lavoro. Tuttavia, i dati Eurostat segnalano anche disparità territoriali persistenti, in particolare tra regioni urbane ad alta densità di innovazione e aree rurali o periferiche.
L’integrazione tra crescita economica, inclusione e sostenibilità trova un supporto decisivo nella nuova politica industriale europea, che punta a rafforzare settori chiave (transizione energetica, manifattura avanzata, digitale) con meccanismi di sostegno mirati — come i fondi SURE, InvestEU e NextGenerationEU.

SDG 2, 4, 5 e 10: sicurezza alimentare, istruzione, parità di genere e riduzione delle disuguaglianze

Il miglioramento dell’SDG 2 (Zero Hunger) si lega a un più forte sostegno a sistemi agricoli sostenibili, promossi dalla PAC riformata e dalla strategia “Farm to Fork”.
L’SDG 4 (Quality Education) evidenzia l’incremento dell’accesso all’istruzione digitale, alla formazione STEM e ai programmi europei di reskilling e upskilling, fondamentali in un contesto di transizione tecnologica accelerata.
Il progresso nell’SDG 5 (Gender Equality) è sostenuto da misure concrete, come la Direttiva UE sulla trasparenza salariale e la rappresentanza femminile nei CDA (Direttiva 2022/2381/UE).
Per l’SDG 10 (Reduced Inequalities) si registra una moderata ma costante riduzione delle disuguaglianze socio-economiche interne, anche grazie a politiche redistributive, salari minimi e strumenti come il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali.

Diritto e politica: un quadro normativo favorevole alla trasformazione

Questi progressi non sono casuali, ma poggiano su un quadro giuridico e politico europeo che ha saputo integrare la sostenibilità come principio cardine della governance economica. La combinazione tra:

  • Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR)
  • Green Deal Ue e sue roadmap settoriali (Fit for 55, RePowerEU)
  • programmi quadro per ricerca e innovazione (Horizon Europe)

rappresenta un ecosistema normativo e finanziario favorevole alla transizione tecnologica, alla crescita sostenibile e all’empowerment delle capacità produttive dell’UE in chiave strategica.
In questo contesto, la convergenza tra diritto dell’innovazione, politica industriale e strumenti finanziari evoluti (es. InvestEU, PNRR, EU Taxonomy, green bond) costituisce la base metodologica per rafforzare la resilienza economica europea, soprattutto di fronte agli shock geopolitici e ambientali.

Allarme “acque, terra e mare”: sfide ambientali e geopolitiche

Il rapporto Eurostat rappresenta un campanello d’allarme per la sostenibilità ambientale dell’Ue, evidenziando gravi criticità legate al mancato progresso su tre Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ad alta rilevanza ecologica e geopolitica: SDG 6 (Clean water and sanitation), SDG 14 (Life below water) e SDG 15 (Life on land). Le tendenze registrate segnalano non solo una stagnazione statistica, ma un regresso sistemico, con implicazioni profonde su più livelli: politico, normativo, economico e strategico.

SDG 6 – Acqua pulita e servizi igienico-sanitari: crisi idrica e vulnerabilità strutturali

Secondo il rapporto Eurostat e le elaborazioni EEA (European Environment Agency), circa il 34% della popolazione dell’UE vive in aree soggette a stress idrico elevato, con picchi oltre il 70% in regioni del Sud Europa (Spagna, Italia meridionale, Grecia e Cipro). Oltre il 40% del territorio UE è considerato a rischio di scarsità d’acqua, con tendenze aggravate dai cambiamenti climatici, dall’incremento della domanda agricola e industriale e da un’infrastruttura idrica obsoleta.

Implicazioni:

  • Erosione della sicurezza idrica europea, che incide su competitività, food security e stabilità sociale
  • Dipendenza da tecnologie di desalinizzazione e irrigazione avanzata, che richiedono investimenti massicci e sostenibili
  • Tensioni interregionali e transfrontaliere legate alla gestione condivisa delle risorse idriche (fiumi internazionali, bacini comuni).

SDG 14 – Vita sott’acqua: fragilità della governance marittima europea

I dati Eurostat mostrano una stagnazione assoluta nella protezione degli ecosistemi marini:

  • Le aree marine protette coprono ancora una porzione limitata del territorio marittimo europeo (<12%), ben al di sotto degli obiettivi internazionali stabiliti da Aichi e ora rafforzati dall’Accordo ONU sulla biodiversità marina (BBNJ Treaty)
  • La salute degli oceani si deteriora a causa di acidificazione, inquinamento plastico, eccessiva pressione della pesca e traffico marittimo ad alta intensità di carbonio.

Implicazioni:

  • Rischio per la sicurezza alimentare e l’economia blu, con effetti negativi su pesca, turismo costiero e settori emergenti come l’energia marina
  • Debolezza dell’UE nei fora multilaterali ambientali, con perdita di soft power nei negoziati internazionali
  • Necessità di una governance oceanica integrata, ancorata a principi di economia circolare marina e tracciabilità ecosistemica.

SDG 15 – Vita sulla terra: degrado del suolo e crisi della biodiversità

La situazione relativa all’SDG 15 è tra le più preoccupanti:

  • Oltre il 25% dei suoli europei è soggetto a erosione e degrado organico, con livelli critici nel bacino mediterraneo e nelle regioni agricole intensamente coltivate
  • Il declino della biodiversità è legato a urbanizzazione espansiva, deforestazione marginale, uso di pesticidi e monoculture agricole
  • Il rapporto Natura 2000 e l’EEA Soil Assessment 2023 documentano una perdita sistemica di habitat prioritari e specie emblematiche in vaste aree.

Implicazioni:

  • Perdita di capitale naturale con impatti diretti sulla produttività agricola, la resilienza climatica e la stabilità degli ecosistemi
  • Maggiori costi per la difesa dai disastri ambientali (frane, siccità, inondazioni)
  • Contraddizioni tra la PAC attuale e gli obiettivi di tutela ecologica: servono condizionalità ambientali più stringenti.

Effetti sistemici: intreccio tra ambiente, politica industriale e geopolitica

Il deterioramento simultaneo di SDG 6, 14 e 15 non è solo una questione ambientale, ma una minaccia sistemica per la coesione economica e politica dell’Ue. Esso genera una serie di vulnerabilità interconnesse:

  1. Water stress e politica industriale
    Le industrie a uso intensivo di acqua (alimentare, chimica, farmaceutica, tessile) diventano più esposte a shock di approvvigionamento, con effetti su filiere e prezzi. È urgente integrare la variabile idrica nei Piani Industriali Nazionali, includendo incentivi per tecnologie di riciclo idrico e uso efficiente.
  2. Flussi migratori ambientali e destabilizzazione regionale
    L’incremento della desertificazione e delle crisi idriche in Nord Africa e Medio Oriente può accentuare pressioni migratorie verso l’Ue, con implicazioni su governance di frontiera, coesione sociale e relazioni esterne.
  3. Strategia esterna e diplomazia climatica
    Il fallimento sul fronte SDG 14 e 15 mina la leadership climatica dell’Ue e la sua capacità di influenzare accordi multilaterali su ambiente, commercio e diritti ambientali. Il rafforzamento della diplomazia verde europea diventa strategico per ancorare le future relazioni con America Latina, Indo-Pacifico e Africa.

Priorità normative e strategiche

Per rispondere a queste crisi incrociate, l’Ue deve attuare una revisione normativa e strategica su tre assi:

  • Ambientale: rafforzare direttive su uso del suolo, tutela delle acque e inquinamento marino (es. Water Framework Directive, Biodiversity Strategy 2030, Nature Restoration Law)
  • Energetico-agricolo: integrare sostenibilità ambientale nei CAP Strategic Plans e nella strategia energetica europea post-RePowerEU
  • Tecnologico e infrastrutturale: investire in soluzioni nature-based, smart irrigation, bio-economia marina e digital twin per il monitoraggio territoriale e marino.

I dati Eurostat non fotografano solo un quadro ambientale critico, ma delineano un perimetro d’incertezza geopolitica e industriale che richiede risposte sistemiche e integrate. L’UE ha l’obbligo strategico di reindustrializzare in chiave ecologica, rafforzare la cooperazione ambientale transfrontaliera e rilanciare la finanza verde orientata al capitale naturale.
Solo così sarà possibile evitare che i progressi in campo economico e sociale vengano neutralizzati da una crisi ambientale sistemica ormai in atto.

Impulso strategico: metodologie, visione e nuovi strumenti

Il rapporto Eurostat 2025 rappresenta molto più di una mera fotografia statistica del progresso dell’Unione Europea verso i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs): è un dispositivo strategico di misurazione e indirizzo politico, che integra visione sistemica, accountability multilivello e strumenti operativi in linea con le trasformazioni economiche, ambientali e finanziarie in atto.

Il valore degli indicatori: una metrica per la governance integrata

I 102 indicatori tracciati nel rapporto sono stati selezionati in stretta cooperazione con istituzioni comunitarie, governi nazionali, agenzie statistiche, think tank (come Ecologic Institute) e stakeholder della società civile. Questi indicatori sono organizzati su due orizzonti temporali:

  • Breve periodo (5 anni): utile per verificare l’efficacia delle politiche correnti, come i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), le direttive ambientali e le strategie industriali verdi
  • Lungo periodo (15 anni): strumentale per valutare coerenza, direzionalità e impatto sistemico delle strategie europee, come il Green Deal, il Fit for 55, la Biodiversity Strategy 2030 e il programma Horizon Europe.

La pluralità degli indicatori consente di integrare valori qualitativi (es. governance, fiducia, parità di genere) con parametri quantitativi (es. emissioni, PIL verde, consumo di suolo), offrendo così una base oggettiva per policy design evidence-based.

Le nuove direttrici strategiche: investimenti e resilienza territoriale

L’UE sta rafforzando il proprio assetto strategico attraverso iniziative interconnesse, che puntano a creare un modello di sviluppo inclusivo, competitivo e rigenerativo.

a) Green Deal europeo e Water Resilience Strategy

Il Green Deal Ue rimane l’architettura di riferimento per orientare la transizione sistemica verso neutralità climatica e sostenibilità industriale. Accanto ad esso, la proposta di Strategia Europea per la Resilienza Idrica (2023-2024) assume crescente centralità, soprattutto alla luce dei dati allarmanti sull’SDG 6 (Clean water and sanitation).
Queste due strategie pongono le basi per:

  • investimenti infrastrutturali mirati (reti idriche, desalinizzazione, efficienza energetica, stoccaggio green)
  • rigenerazione territoriale e forestazione urbana
  • piani di adattamento climatico localizzati, con forte coinvolgimento delle regioni e delle autorità municipali.

b) Approccio whole-of-government multilevel

La governance multilivello adottata dalla Commissione mira a estendere l’efficacia degli SDG fino al livello subnazionale. In particolare:

  • le città e le regioni sono chiamate a integrare gli SDG nei propri strumenti di pianificazione (es. piani urbanistici, bilanci ambientali locali, smart city strategies)
  • il Comitato delle Regioni UE ha avviato il Monitoraggio Volontario degli SDG a livello locale (Voluntary Local Reviews – VLRs)
  • l’approccio whole-of-government consente di superare la frammentazione verticale (tra istituzioni UE e nazionali) e orizzontale (tra settori), garantendo coerenza normativa e sinergia operativa.

Finanza pubblica sostenibile: equilibrio tra riforma fiscale e debito sovrano

Il terzo asse dell’impulso strategico è di natura economico-finanziaria. Il rapporto Europarl 2024 sullo stato della finanza pubblica nell’UE ha evidenziato tre tendenze preoccupanti:

  • crescita del debito sovrano post-COVID e post-crisi energetica
  • contrazione delle entrate fiscali da fonti convenzionali, in parte sostituite da strumenti green (ETS, carbon tax)
  • costi crescenti per investimenti sostenibili, non sempre compensati da ritorni immediati.

Questa situazione impone un ripensamento della struttura fiscale europea, che:

  • integri meccanismi fiscali ecocompatibili (carbon border adjustment mechanism, tasse ambientali, incentivi per transizione verde)
  • promuova schemi di fiscalità premiale ESG-oriented per imprese e amministrazioni pubbliche
  • valorizzi i principi della finanza trasformativa per orientare i capitali pubblici e privati verso SDG prioritari.

Strumenti innovativi: dalla digitalizzazione all’intelligenza strategica

A livello metodologico, l’UE sta promuovendo l’uso di strumenti digitali avanzati per rafforzare capacità predittiva e resilienza sistemica:

  • SDG Dashboards dinamici, geo-referenziati e accessibili via API per favorire interoperabilità tra enti
  • intelligenza artificiale applicata al forecasting ambientale e sociale (es. previsione di stress idrico, pattern migratori, eventi climatici estremi)
  • Digital Twin of the Earth – progetto avviato dall’ESA e sostenuto dalla Commissione per monitorare in tempo reale l’evoluzione del pianeta in chiave SDG.

Questi strumenti alimentano una visione trasformativa del policy-making, capace di integrare scienza dei dati, sostenibilità e democrazia deliberativa.

L’Ue sta costruendo una infrastruttura strategica di lungo periodo, che unisce dati, politiche, investimenti e governance per rendere gli SDG non solo obiettivi astratti, ma leve reali di innovazione sistemica.
La sfida oggi è garantire che questa architettura sia coerente, finanziariamente sostenibile e territorialmente inclusiva, attraverso strumenti misurabili, riforme strutturali e una cultura politica che sappia guardare oltre il breve termine.

Integrare digitale, innovazione e finanza sostenibile

La transizione verso uno sviluppo sostenibile in chiave europea richiede un’integrazione profonda e strutturale tra tecnologie digitali avanzate, finanza sostenibile e innovazione regolatoria, al fine di creare un ecosistema in grado di abilitare, misurare e scalare il raggiungimento degli SDGs. Il rapporto Eurostat 2025 evidenzia indirettamente come questa triade strategica – digitale, finanza e innovazione – rappresenti non solo un volano economico, ma una condizione abilitante per la resilienza, la competitività e la trasparenza dell’azione pubblica.

Infrastrutture digitali e tecnologie abilitanti per la resilienza sistemica

La crescita della connettività ad alta velocità (5G e fibra ottica) e la digitalizzazione della pubblica amministrazione sono al centro dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), con investimenti strategici destinati a:

  • migliorare l’accesso universale alla rete (fondamentale per SDG 9 – Innovazione e infrastrutture)
  • potenziare i servizi digitali nei territori periferici e rurali, riducendo il digital divide e promuovendo coesione territoriale (SDG 10 – Riduzione delle disuguaglianze)
  • abilitare processi automatizzati e predittivi per la gestione di risorse naturali, trasporti e monitoraggio ambientale.

La digitalizzazione diventa così un elemento strutturale della sostenibilità: favorisce la trasparenza dei flussi finanziari pubblici e privati, migliora l’efficienza energetica, facilita il tracciamento ESG nelle supply chain, e riduce gli oneri amministrativi legati alla rendicontazione SDG.

Cybersicurezza, sovranità tecnologica e rischio sistemico

La sicurezza digitale non è più solo una questione tecnica, ma un asset geopolitico e finanziario:

  • I settori energetico, finanziario, sanitario e delle infrastrutture critiche sono sempre più esposti a cyber risk, con implicazioni dirette sulla stabilità macroeconomica e sulla fiducia degli investitori
  • La Direttiva NIS2, entrata in vigore nel 2023, amplia il perimetro degli operatori essenziali, imponendo standard più elevati di governance, resilienza e trasparenza, in linea con gli obiettivi di sostenibilità e gestione del rischio.

La resilienza cibernetica si configura, dunque, come componente tecnica e normativa fondamentale per proteggere gli investimenti ESG, garantire continuità operativa e rafforzare la sovranità digitale europea, in sinergia con iniziative strategiche come l’EU Cybersecurity Act e il Digital Europe Programme.

Finanza sostenibile, crypto regolamentate e strumenti ESG

L’evoluzione del quadro normativo europeo in materia di finanza sostenibile (Sustainable Finance Disclosure Regulation – SFDR, EU Taxonomy, CSRD) sta trasformando radicalmente il mercato dei capitali:

  • Gli investimenti ESG stanno crescendo a doppia cifra, ma richiedono maggiore trasparenza, standardizzazione dei criteri di valutazione e piattaforme di verifica affidabili
  • I green bonds e i social bonds sono sempre più utilizzati come strumenti per finanziare progetti SDG-aligned, ma occorrono meccanismi per assicurare che l’impatto sia reale e misurabile
  • Il quadro normativo su cripto-attività e tokenizzazione (MiCAR – Markets in Crypto-Assets Regulation) offre un’occasione per integrare strumenti innovativi nel mercato finanziario europeo in modo responsabile e tracciabile, promuovendo soluzioni di DeFi regolata a sostegno di progetti ambientali e sociali.

Questa intersezione tra finanza digitale e regolazione ESG è cruciale per la creazione di mercati dei capitali sostenibili, trasparenti, interoperabili e protetti da rischi sistemici.

Piattaforme UE per il monitoraggio tech-driven degli SDG

Una delle maggiori sfide dell’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile è la disponibilità di dati aggiornati, interoperabili e intelligibili. In risposta a ciò, l’UE sta sviluppando e finanziando una serie di strumenti digitali integrati per il monitoraggio e il reporting SDG:

  • Eurostat SDG Dashboard: consente visualizzazioni personalizzabili, comparazioni tra Stati membri e aggregazione di indicatori in tempo reale
  • European Sustainability Reporting Standards (ESRS): definiscono requisiti di disclosure armonizzati per imprese quotate e grandi aziende, rendendo obbligatoria la rendicontazione non finanziaria legata agli SDG
  • Copernicus e Digital Twin Earth: programmi ESA/UE che permettono l’osservazione del pianeta e l’analisi predittiva di fenomeni ambientali in chiave decisionale.

Questi strumenti abilitano una trasparenza radicale e automatizzata, essenziale per attrarre investimenti, valutare l’efficacia delle politiche pubbliche e costruire fiducia tra cittadini, imprese e istituzioni.

Integrazione tra digitale, innovazione e finanza sostenibile

L’integrazione tra digitale, innovazione e finanza sostenibile non è più un’opzione, ma una leva strategica irrinunciabile per l’UE.
In un contesto di transizione ecologica, transizione energetica e vulnerabilità geopolitica, è solo attraverso una cornice normativa evoluta, tecnologie tracciabili e sicure, e finanza orientata all’impatto che l’Europa potrà garantire una trasformazione duratura, inclusiva e allineata agli SDG.
La sfida ora è costruire una architettura istituzionale e tecnica integrata, che renda la sostenibilità misurabile, finanziabile e scalabile.

Raccomandazioni per i decisori. Consolidare il modello europeo di sviluppo sostenibile

Il rapporto Eurostat 2025 segna un punto critico, ma altamente istruttivo nel percorso europeo verso l’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Se da un lato emergono progressi consistenti in ambito economico, sociale e infrastrutturale, dall’altro lato la regressione su tre SDG ambientali cruciali (acqua, vita sott’acqua e sulla terra) rappresenta un campanello d’allarme per l’intero modello di capitalismo sostenibile europeo. La mancata coerenza tra pilastri economici e ambientali potrebbe minare la credibilità dell’UE come leader globale della transizione ecologica e climatica.

Politica integrata: superare la frammentazione settoriale

La prima raccomandazione strategica è la necessità di una governance unificata e trasversale, capace di superare la tradizionale frammentazione tra politiche ambientali, industriali, fiscali, tecnologiche e commerciali. Il Green Deal UE, in questo senso, costituisce l’ossatura fondamentale di una politica industriale sostenibile, ma necessita di una integrazione strutturale con altre strategie:

  • la Strategia Europea per la Biodiversità 2030
  • il Water Resilience Initiative in fase di definizione legislativa
  • la Strategia Digitale Europea
  • la Strategia Europea per la Finanza Sostenibile, inclusi SFDR, CSRD e EU Taxonomy.

Questa convergenza deve tradursi in una logica interministeriale a livello nazionale e in una coerenza normativa orizzontale a livello europeo.

Innovazione digitale e strumenti predittivi per la gestione dell’incertezza

L’incertezza – climatica, geopolitica, energetica – rappresenta oggi la dimensione prevalente della realtà politica ed economica. Affrontarla significa dotarsi di strumenti predittivi e adattivi basati sull’uso avanzato dei dati. In quest’ottica, le istituzioni europee dovrebbero:

  • accelerare l’adozione di modelli digital twin per il monitoraggio di acqua, suolo, biodiversità e rischi naturali
  • potenziare la capacità di analisi geospaziale e l’integrazione dei dati satellitari Copernicus nei processi decisionali
  • applicare AI e machine learning per la simulazione di impatti delle policy SDG e la pianificazione di scenari resilienti a lungo termine.

Un’innovazione digitale “responsabile” diventa così pilastro operativo per la resilienza istituzionale e per la trasformazione delle amministrazioni pubbliche in enti agili, trasparenti e proattivi.

Finanza verde e sostenibilità fiscale: infrastrutture per l’impatto

Il capitale necessario per raggiungere gli SDG entro il 2030 supera i 620 miliardi di euro annui a livello UE secondo le stime della Banca Europea per gli Investimenti. Pertanto, è necessario:

  • riformare la fiscalità ambientale con meccanismi redistributivi che favoriscano innovazione e inclusione (es. estensione ETS, carbon border adjustment, green VAT differenziata)
  • espandere strumenti finanziari d’impatto, come social impact bonds, green bonds e climate-aligned finance, in modo normato, standardizzato e interoperabile con i mercati privati
  • rafforzare il ruolo di istituzioni pubbliche di investimento (es. InvestEU, BEI, BERS) come catalizzatori di capitali verso settori ad alto valore SDG.

La finanza sostenibile deve essere funzionale e non decorativa, e accompagnata da obblighi di trasparenza, rendicontazione e impatto misurabile.

Governance multilivello: mobilitare territori e comunità

La sostenibilità europea non può essere solo una costruzione top-down. Serve una mobilitazione delle autonomie locali, delle città, delle regioni e delle comunità locali, come agenti attivi della transizione:

  • integrare gli SDG nei bilanci pubblici territoriali e nei sistemi di valutazione della spesa
  • promuovere i Voluntary Local Reviews (VLRs) per aumentare l’accountability territoriale
  • creare reti intermunicipali per l’innovazione ambientale e sociale, con fondi dedicati al capacity building.

Solo una dimensione glocal (globale + locale) può rendere la governance europea veramente capace di raggiungere gli SDG in modo equo ed efficace.

Leadership geopolitica: l’Europa come laboratorio normativo globale

L’UE è chiamata a confermare il proprio ruolo di laboratorio normativo mondiale su clima, digitale, finanza e diritti ambientali. Ciò significa:

  • guidare la riforma delle regole commerciali internazionali (WTO, accordi di libero scambio) in chiave SDG
  • promuovere condizionalità ambientali e sociali negli investimenti esteri e nei programmi di cooperazione internazionale
  • favorire coalizioni multilaterali per la difesa degli ecosistemi globali, in sinergia con ONU, G20, OCSE, Banca Mondiale.

Il Green Deal Diplomacy deve diventare una strategia operativa per tutelare l’interesse dell’UE, esportando standard di sostenibilità europei come driver di competitività globale.

Una nuova architettura di politica pubblica

Il rapporto Eurostat 2025 è un documento tecnico, ma carico di implicazioni politiche, che impone una presa di posizione netta. La sostenibilità non è una somma di riforme settoriali, ma una nuova architettura di politica pubblica, basata su:

  • integrazione strategica tra settori, livelli istituzionali e strumenti di governance
  • visione sistemica e anticipatoria, supportata dal digitale e dalla finanza innovativa
  • leadership proattiva a livello globale.

La vera sfida è trasformare l’Europa da sistema in transizione a sistema trasformativo, capace di guidare l’incertezza con metodo e visione, costruendo non solo difese contro il declino ecologico, ma opportunità durature per un nuovo modello di prosperità.

Sebbene l’UE evidenzi progressi economici, strutturali e tecnologici, il rallentamento netto su acqua, biodiversità e ambiente marino mina la coerenza del modello di capitalismo sostenibile europeo. Il rapporto Eurostat funge da bussola, ma la risposta deve essere politica integrata, mettendo al centro innovazione digitale, finanza verde, governance multilivello e leadership geopolitica.
Un approccio forte, metodico e visionario, come delineato nel Green Deal e nelle strategie UE, rappresenta la vera svolta per affrontare l’incertezza e orientare l’Europa verso un futuro sostenibile, competitivo e resiliente al 2030 e oltre.