Nuovo Redditometro, accertamento su redditi dal 2018 in poi: decreto in Gazzetta Ufficiale

Con il nuovo Redditometro 2024 al setaccio i redditi delle persone fisiche, le loro spese, i risparmi e gli investimenti. E in caso di contenzioso fiscale l'onere di dimostrare la buona fede spetta al contribuente

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Riecco il Redditometro: dopo quasi 6 anni d’assenza viene riattivato lo strumento di accertamento fiscale sintetico introdotto nel 1973 e sospeso nel 2018. Il ritorno del Redditometro si deve al decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 7 maggio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio.

Cos’è il Redditometro e come funziona

Il nuovo Redditometro 2024 arriva dopo un confronto fra il ministero, l’Istat e le principali associazioni dei consumatori al fine di adeguare lo strumento fiscale alle mutate condizioni socio-economiche.

In estrema sintesi, il Redditometro contiene una serie di elementi indicativi che rivelano la capacità contributiva sulla base della quale il Fisco può determinare il reddito complessivo delle persone fisiche. I vari elementi sono indicati nella tabella A del decreto ministeriale. Il Redditometro ipotizza il reddito del contribuente sulla base delle spese presunte. Per fare ciò è stata ipotizzata una campionatura per 11 tipologie di nuclei familiari e per distribuzione su 5 aree del territorio nazionale, sia per le spese sostenute che per la quota di risparmio.

Si prevede, ad esempio, che un professionista che lavora in una grande città del Nord e che ha un nucleo familiare composto da 4 persone abbia delle soglie di reddito superiori a un collega che vive in un piccolo centro del Sud, ma anche spese superiori per una serie di beni e servizi, a partire dall’affitto dell’ufficio.

Secondo quanto disposto, il Redditometro terrà conto:

  • delle spese sostenute dalla persona fisica. Su tali spese l’accertamento sintetico verrà effettuato sulla base dei dati  e delle informazioni disponibili in Anagrafe tributaria. È importante ricordare che si considerano spese del contribuente anche quelle fatte dal coniuge, dai figli e da ogni familiare a carico. La ratio del provvedimento è evitare che i familiari possano fare da prestanome per l’acquisto di beni non in linea con il reddito dichiarato. Vengono escluse dal computo le spese che i professionisti o chi esercita attività d’impresa sostiene nell’ambito del suo lavoro. A tal fine, però, è necessario conservare l’apposita documentazione;
  • delle spese totali sostenute dal contribuente, anche in caso riguardino beni e servizi diversi rispetto agli elementi indicati nella tabella A e rispetto ai dati contenuti nel sistema informativo dell’anagrafe tributaria;
  • dell’ammontare delle spese riferite ai beni presenti in tabella A considerata la spesa minima presunta. Tale spesa viene ricavata periodicamente dalle indagini dell’Istat sulle spese delle famiglie e tramite studi socio-economici;
  • delle spese minime per beni e servizi essenziali per conseguire uno stile di vita accettabile restando fuori dalla cosiddetta “soglia di povertà assoluta”. Tale soglia viene tarata in base alla composizione del nucleo familiare di appartenenza. Viene tenuto presente sia quanto effettivamente speso che la quota di risparmio non utilizzata per consumi e investimenti.

Da quali redditi partirà l’accertamento

Il Redditometro 2024 troverà applicazione a decorrere dagli avvisi di accertamento relativi al 2016. Tenendo conto delle decadenze maturate nel tempo, l’applicazione effettiva riguarderà i redditi a partire dall’anno 2018.

Qualche esempio pratico

Semplificando all’estremo, se un professionista alle prime armi acquista un’auto di lusso o affitta uno studio nell’attico di un grattacielo del centro, il Redditometro potrebbe far suonare un campanello d’allarme. Ma i calcoli del Redditometro sono estremamente più complessi.

Allo stesso modo, qualora il Redditometro indichi per il professionista o l’imprenditore un reddito presunto di 50.000 euro, ma poi il reddito reale si discosti significativamente (in eccesso o in difetto) da tale cifra, ecco che scatterà l’accertamento.

In caso di contenzioso con il Fisco

Secondo la sentenza n. 20649/2015 della Cassazione, quanto stabilito dal Redditometro ha già valore di prova: il Fisco è dispensato da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indicativi della capacità contributiva. Spetta invece al contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del Redditometro non esiste o esiste in misura inferiore.

Vale la pena ricordare che il Redditometro è solo uno degli strumenti in mano al Fisco, che controlla i contribuenti anche sui social.