Imu non pagata, a quali sanzioni si va incontro e come rimediare subito

La deadline per versare l'Imu era lo scorso 16 dicembre 2025. Chi si fosse dimenticato del pagamento può rimediare, pagando delle sanzioni ridotte

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Il saldo dell’Imu doveva essere pagato entro la scadenza del 16 dicembre 2025. Cosa succede a chi ha dimenticato di versare l’imposta? È possibile regolarizzare la propria posizione? La risposta è positiva: è possibile saldare quanto dovuto anche se è necessario tenere in considerazione le sanzioni e gli interessi di mora, che variano a seconda della tempestività entro la quale si regolarizza la propria posizione.

Tra l’altro per l’Imu e per le altre imposte il recente Decreto Sanzioni ha sostanzialmente modificato le multe che vengono irrogate ai contribuenti in ritardo con i pagamenti: entrate in vigore il 1° settembre 2024, le novità hanno effetto per le violazioni che sono state emesse dopo quella data.

Quando deve essere versata l’Imu

L’Imu è un tributo locale, che viene gestito direttamente dai Comuni. Deve essere versato per tutti gli immobili, con la sola esclusione della prima casa (sempre che non sia di lusso). L’imposta è dovuta anche per i terreni agricoli ed edificabili. È prevista una doppia scadenza: la prima al 16 giugno, quando si deve versare l’acconto; la seconda il 16 dicembre, quando si deve passare alla cassa per il saldo.

È importante rispettare le due scadenze: in caso di ritardo od omesso versamento, oltre al pagamento dell’imposta, vengono applicate una serie di sanzioni e gli interessi di mora calcolati sui giorni di ritardo.

Quali sono le sanzioni per il mancato versamento

Il Decreto Sanzioni – o più correttamente il Decreto n. 87 del 14 giugno 2024 – ha introdotto alcune novità relative al sistema delle sanzioni in Italia: la più importante è una riduzione dal 30% al 25% delle multe irrogate in caso di omesso versamento, che deve essere applicata a partire dal 1° settembre 2024.

Le nuove disposizioni sui pagamenti – che come abbiamo visto consistono in una riduzione delle aliquote da utilizzare per determinare il loro ammontare – si vanno ad applicare anche ai versamenti che vengono effettuati in ritardo.

Anche in questo caso i contribuenti che dovessero accedere al ravvedimento operoso entro 90 giorni dalla scadenza del saldo Imu possono beneficiare di una sanzione ridotta della metà, che a questo punto diventa pari al 12,50%. Le multe si riducono ulteriormente nel caso in cui il versamento viene effettuato entro i primi 15 giorni dalla scadenza: il contribuente dovrà versare un quindicesimo della sanzione originaria per ogni giorni di ritardo accumulato (pragmaticamente parlando, a partire dal 1° settembre 2024, la sanzione risulta essere pari allo 0,83% per ogni giorno di ritardo).

Come calcolare le sanzioni da versare

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e cerchiamo di capire quali sono le sanzioni che si applicano a chi è in ritardo con il versamento dell’Imu:

  • nel caso in cui il ritardo è di almeno 91 giorni, è prevista una sanzione pari al 25%;
  • quando il versamento dell’Imu viene effettuato entro 90 giorni dalla scadenza, la sanzione del 25% viene dimezzata: si applica solo il 12,5%;
  • quando il ritardo è inferiore a quindici giorni, la sanzione viene ulteriormente ridotta. Si paga in proporzione ai giorni di ritardo accumulati (sempre che rimangano al di sotto dei quindici) e viene applicata una sanzione pari allo 0,8333% per ogni giorno di ritardo accumulato.

In quale modo i comuni accertano l’Imu

Buona parte delle finanze dei Comuni sono sostenute proprio dall’Imu: questo è il motivo per il quale la maggior parte degli Enti è solerte nello svolgere le attività di accertamento e riscossione dell’imposta. L’attività viene svolta in modo autonomo o viene affidata a delle agenzie convenzionate.

La Legge di Bilancio 2020 ha messo a disposizione degli enti locali una serie di strumenti per effettuare i controlli, tra i quali ci sono, per esempio, i dati dei fornitori delle utenze di elettricità, di acqua e gas, che servono a smascherare le false residenze, soprattutto nei luoghi turistici. Elevare a prima abitazione un immobile che in realtà non lo è, permette di beneficiare di un esenzione Imu che nella realtà dei fatti non spetta.

Una casa ubicata in un luogo di villeggiatura – al mare o in montagna, non importa – che viene adibita ad abitazione principale dal nucleo familiare, ma che registra dei consumi sporadici di luce e gas nel corso dell’anno – magari con un picco nei mesi estivi o in quelli invernali, a seconda dei casi – è, con ogni probabilità, una residenza fittizia, presa con il solo intento di eludere il pagamento dell’Imu. In realtà siamo davanti ad una seconda casa, per la quale non spetta alcuna esenzione.

Cosa succede a chi non ha mai pagato l’Imu

Per assurdo non aver mai pagato l’Imu nella propria vita determina un trattamento favorevole. Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai confermato in più occasioni, le varie sanzioni che si devono pagare per i diversi anni non si vanno a sommare tra di loro aritmeticamente. Ma vale il cosiddetto cumulo giuridico: fermo restando l’obbligo di versare tutti i tributi arretrati, si paga l’importo stabilito per una sola violazione – per esempio il 30% per una determinata annualità – a cui si deve aggiungere una percentuale in aumento per le annualità successive.

Quando va in prescrizione l’Imu

Dopo cinque anni l’Imu va in prescrizione, che iniziano a percorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo rispetto a quello nel quale sarebbe dovuto avvenire il pagamento. Questo significa, molto semplicemente, che l’eventuale Imu non pagata nel 2025 va in prescrizione nel 2030: l’atto deve essere inviato entro il 31 dicembre.

In questo caso il termine di prescrizione è molto più breve rispetto ai tributi erariali come l’Irpef e l’Iva, che vanno in prescrizione dopo dieci anni.

I Comuni, ad ogni modo, hanno la possibilità di interrompere la prescrizione – che inizierà di nuovo da capo – inviando un avviso di accertamento e delle ingiunzioni. Lo stesso valore hanno eventuali cartelle di pagamente emesse dall’Agenzia delle Entrate Riscossione per i Comuni convenzionati.