Conto pignorato: quali sono i diritti del correntista e gli obblighi della banca?

Il conto corrente può essere bloccato per un pignoramento, un controllo antiriciclaggio o uno scoperto non autorizzato. Ma il correntista potrebbe avere diritto a riottenere l’accesso ai propri soldi.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

Avvocato civilista con passione per la scrittura, rende il diritto accessibile attraverso pubblicazioni mirate e consulenze chiare e personalizzate.

Pubblicato: 3 Marzo 2025 13:17

Hai mai saltato il pagamento di una tassa, magari per un momento di difficoltà o una semplice dimenticanza? Dal 2024, il Fisco può avviare il pignoramento del conto corrente molto più rapidamente: bastano 60 giorni di ritardo su imposte come IMU o TARI per ritrovarsi con il saldo del conto corrente bloccato. Questa accelerazione delle procedure può cogliere di sorpresa molti contribuenti, mettendoli in difficoltà nella gestione delle spese quotidiane.

In quali casi la banca può bloccare il conto corrente?

La banca può bloccare il conto corrente del cliente in diverse circostanze, tra cui:​

  • Notifica di un atto di pignoramento da parte di un creditore, sia esso privato o istituzionale. ​
  • Scoperto di conto non autorizzato, ossia quando il saldo è negativo senza un fido bancario.
  • Inattività del conto per oltre 10 anni, che lo rende un “conto dormiente”. ​
  • Inadempienze alle normative antiriciclaggio, come la mancata compilazione del questionario previsto dalla legge.

Il ruolo della banca nel pignoramento

Se un creditore ottiene un titolo esecutivo (ad. es. una sentenza; decreto ingiuntivo etc.) nei confronti di un debitore, può procedere al pignoramento delle somme presenti sul conto corrente di quest’ultimo. La banca, in qualità di terzo pignorato, è tenuta a rispettare gli obblighi previsti dall’art. 546 c.p.c. Tale articolo stabilisce che:

dal giorno in cui le viene notificato l’atto di pignoramento, la banca non può compiere atti che pregiudichino le ragioni del creditore procedente.”

In pratica, la banca deve congelare le somme pignorate, impedendo al correntista di disporne. La procedura di pignoramento presso terzi inizia con la notifica dell’atto di pignoramento alla banca. L’istituto di credito dovrà rendere una dichiarazione circa l’esistenza e l’ammontare dei debiti o delle somme detenute per conto del debitore. Questa dichiarazione deve essere resa entro 10 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento e deve specificare l’esistenza e l’ammontare dei debiti o delle somme detenute per conto del debitore. L’omessa o falsa dichiarazione può comportare per la banca responsabilità nei confronti del creditore procedente. ​

Distinzione tra blocco per pignoramento e blocco per altre cause

Oltre al pignoramento, esistono altre circostanze in cui la banca può bloccare un conto corrente:​

  • Scoperto di conto non autorizzato: se il correntista usa fondi oltre il saldo disponibile senza un fido bancario o supera il limite concesso, la banca può limitare l’operatività del conto fino al rientro dello scoperto;
  • Inattività del conto: i cosiddetti “conti dormienti”, ossia i conti senza operazioni per oltre 10 anni, possono essere bloccati. In questo caso, i fondi residui vengono trasferiti al Fondo Consap per i conti dormienti, secondo quanto previsto dalla normativa;
  • Inadempienze alle normative antiriciclaggio: la legge antiriciclaggio prevede che il correntista debba compilare e sottoscrivere un questionario con i propri dati sensibili, accompagnato da un documento di riconoscimento. Se questa operazione non viene effettuata entro 60 giorni, scatta automaticamente il blocco del conto corrente;

Stipendio, pensione, assegni: quali somme sono impignorabili?

Le somme percepite a titolo di stipendio, pensione e assegni sociali godono di tutele che ne limitano la pignorabilità. Tali misure garantiscono al debitore mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita, preservando una quota minima delle sue entrate da eventuali azioni esecutive.​ La disciplina relativa alla pignorabilità di stipendi e pensioni è contenuta nell’art. 545 c.p.c. che stabilisce i limiti entro i quali tali somme possono essere sottoposte a pignoramento.

Somme accreditate sul conto e stipendi

Se le somme sono state accreditate prima della notifica dell’atto di pignoramento, possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Considerando che, per il 2025, l’assegno sociale è pari a 538,69 euro, la soglia impignorabile è di 1.616,07 euro. Pertanto, se sul conto sono presenti 2.000 euro derivanti da stipendi o pensioni accreditati prima del pignoramento, solo 383,93 euro saranno pignorabili.

Invece, per quanto riguarda le somme accreditate dopo la notifica del pignoramento sono pignorabili nei limiti previsti per stipendi e pensioni, ossia nella misura di un quinto per gli stipendi e, per le pensioni, nella misura di un quinto della parte eccedente il minimo vitale. Lo stipendio del lavoratore dipendente è pignorabile nella misura massima di un quinto (20%) dell’importo netto percepito. Tale limite è stato introdotto per assicurare al lavoratore una parte consistente del proprio salario, necessaria al sostentamento personale e familiare.

Ad esempio, se un lavoratore percepisce uno stipendio netto di 1.500 euro mensili, la quota massima pignorabile sarà di 300 euro, garantendo al debitore la disponibilità di 1.200 euro.​

Trattamento delle pensioni

Le pensioni godono di una tutela particolare. La legge prevede che una parte della pensione, definita “minimo vitale”, sia impignorabile. Questo minimo vitale corrisponde al doppio dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. Pertanto, nel 2025, con un assegno sociale di 538,69 euro, la soglia impignorabile è di 1.077,38 euro.

Ad esempio, per una pensione di 1.500 euro mensili, la parte eccedente il minimo vitale è di 422,62 euro, e su questa eccedenza può essere pignorato un quinto, ossia 84,52 euro.

Assegni familiari e sociali

Gli assegni familiari e le indennità sociali, essendo destinati al sostentamento del nucleo familiare e al supporto di situazioni di disagio economico, sono generalmente impignorabili. Questa impignorabilità è prevista per garantire che tali somme siano effettivamente utilizzate per le finalità assistenziali per le quali sono state erogate.

Differenza tra pignoramento presso terzi e pignoramento del saldo

Il pignoramento presso terzi è una procedura esecutiva attraverso la quale un creditore, munito di titolo esecutivo, può aggredire i crediti vantati dal debitore nei confronti di un terzo, come una banca. In questo caso, il creditore non agisce direttamente sul conto del debitore, ma tramite il soggetto terzo che detiene le somme.

Invece, il pignoramento del saldo è una specifica applicazione del pignoramento presso terzi e riguarda esclusivamente il conto corrente del debitore. In questo caso, la banca blocca immediatamente il saldo disponibile al momento della notifica del pignoramento e vincola anche eventuali somme accreditate successivamente, con alcune limitazioni legali. Se al momento della notifica del pignoramento il saldo del conto è negativo, le somme accreditate successivamente verranno utilizzate prima per coprire lo scoperto e solo l’eventuale eccedenza potrà essere pignorata.

Quanto può prelevare un creditore dal conto corrente?

Un creditore può prelevare dal conto corrente del debitore solo nei limiti dell’importo dovuto, aumentato della metà per le spese di esecuzione. Come visto, la legge prevede delle soglie di impignorabilità per stipendi, pensioni e somme minime necessarie al sostentamento del debitore.

Dopo la notifica del pignoramento, la banca blocca le somme disponibili fino all’udienza di assegnazione. Il giudice dell’esecuzione autorizza poi il trasferimento delle somme pignorate al creditore, mentre eventuali residui tornano nella disponibilità del debitore.

Se vi sono più creditori, le somme vengono ripartite in base all’ordine di prelazione previsto dalla legge, privilegiando crediti assistiti da pegni o ipoteche. In assenza di privilegi, si applica la regola della par condicio creditorum, che garantisce un’equa distribuzione tra i creditori.

I tempi di liquidazione variano, ma generalmente il creditore ottiene le somme entro poche settimane dall’udienza di assegnazione.

Come opporsi a un pignoramento bancario?

Se un debitore subisce un pignoramento del conto bancario, ha due principali strumenti:

  • Opposizione all’esecuzione può essere esperita se si ritiene che il creditore non abbia il diritto di procedere. Può essere proposta prima dell’esecuzione con un atto di citazione al giudice competente o dopo l’avvio dell’esecuzione con ricorso al giudice dell’esecuzione. Attenzione: se l’opposizione viene fatta dopo la vendita dei beni, è possibile solo in casi eccezionali (ad esempio, se emergono nuovi fatti o se il ritardo non è imputabile al debitore).
  • Opposizione agli atti esecutivi. Si contesta la correttezza formale degli atti, come errori nella notifica del precetto o del pignoramento. Deve essere presentata al giudice dell’esecuzione entro 20 giorni dall’atto contestato.

Quando l’opposizione è fondata?

L’opposizione è fondata se:

  • Il debito non esiste o è già stato pagato.
  • Le somme pignorate sono impignorabili.
  • Ci sono irregolarità nella procedura di pignoramento.

Ad esempio, se un debitore vede il suo conto bloccato per un debito già saldato, può opporsi all’esecuzione e, se il giudice accoglie il ricorso, il conto verrà sbloccato.