La maggioranza azzoppa il Fisco: come cambia il contenzioso

Fratelli d'Italia presenta un emendamento alla delega fiscale: l'obiettivo è ridurre i casi in cui il Fisco ha la possibilità di fare ricorso

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Si apre un nuovo filone nel tormentato rapporto fra la maggioranza e il Fisco italiano: una norma presentata a corollario della riforma della giustizia tributaria potrebbe ridurre la capacità del Fisco di agire in giudizio.

Emendamento alla delega fiscale

Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento alla delega fiscale per cancellare la facoltà degli enti di presentare ricorso in caso di sconfitta in primo grado. Questo significa che, ad esempio, l’Agenzia delle Entrate non potrebbe ricorrere contro le sentenze a lei avverse nelle cause in merito all’evasione fiscale.

La delega fiscale è attualmente all’esame della commissione Finanze del Senato. Nell’emendamento presentato da FdI si legge che “le modalità di gestione del contenzioso tributario non sempre sono caratterizzate da una gestione efficiente e imparziale”. Il motivo: “sono numerosi i casi nei quali, nonostante le sconfitte nel primo o nel secondo grado di giudizio, l’Agenzia protrae il contenzioso”.

La proposta è stata firmata dai parlamentari Marco Lisei, Fausto Orsomarso, Guido Castelli, Gianpietro Maffoni, Filippo Melchiorre e Francesca Tubetti, i quali chiedono al governo di “valutare modifiche all’attuale normativa che impediscano, come avviene per il procedimento penale, in caso di sconfitta dell’Ente di non ricorrere ai gradi successivi di giudizio o consentire tale ipotesi a limitati casi eccezionali”.

Cambiare la prescrizione per gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate

Fra le proposte avanzate da FdI anche quella di ridurre da cinque ad “almeno tre anni” i tempi utili per gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.

Si punta poi ad estendere alle persone fisiche ad alto reddito (almeno 1 milione di euro) una facoltà che al momento è riservata alle imprese, ovvero quella di poter rivelare al Fisco le situazioni patrimoniali ottenendo come contropartita delle sanzioni ridotte.

Dalla maggioranza più volte è stata invocata la figura di un Fisco “amico” dei cittadini. Per ottenere questo risultato il governo ha anche prorogato la tregua fiscale.

Come funziona la giustizia tributaria

Sono tre i gradi della giustizia tributaria. Il cittadino che intenda contestare gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate o di altri enti può fare ricorso. Il primo grado e il secondo grado di giudizio, di merito, avvengono di fronte alla Corte di Giustizia Tributaria. Poi c’è il terzo grado, di legittimità, che avviene di fronte alla Cassazione.

Secondo la relazione sul contenzioso tributario pubblicata a giugno il Fisco ha ragione in oltre 3 casi su 4 (76,6%).

Dai dati sul processo tributario emergono poi altri numeri: sono stati 41mila gli appelli presentati nel 2022 contro le sentenze di primo grado (26.766 istanze sono state avanzate dai contribuenti e 14.285 dagli uffici, delle quali circa 9.900 vengono da Agenzia delle Entrate e Riscossione).
Oltre 9 controversie su 10 (92,2%), pari a 13.900 contestazioni, riguardano casi fino ai 500mila euro. Il resto (7,8%) riguardano le contestazioni dall’importo superiore ai 500mila euro o indeterminabile.

In oltre 4 sentenze su 10 (40,8%) il giudizio favorevole al contribuente in primo grado viene ribaltato in appello dando ragione alla pubblica amministrazione. Il caso contrario avviene in meno di 1 caso su 5 (18,5%)

Tirando le somme le sentenze di appello vedono vincere gli enti nel 52,4%. In appello i contribuenti vincono nel 29,3% dei casi.