Fisco, quando l’importo del mutuo fa scattare i controlli dell’Agenzia delle Entrate

C'è un limite oltre il quale un mutuo potrebbe essere considerato indizio di evasione da parte dell'Agenzia delle Entrate

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

L’Agenzia delle Entrate ha una grande lente d’ingrandimento grazie alla quale può tenere sotto controllo tutte le operazioni effettuate dai contribuenti. Anche quando coinvolgono un mutuo sottoscritto per acquistare l’abitazione in cui si vive. Una possibilità che è stata ribadita direttamente dalla Cassazione Civile attraverso l’ordinanza n. 4661 pubblicata il 21 febbraio 2020, con la quale è stato confermato che l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di far scattare un qualsiasi accertamento fiscale nei confronti di un contribuente che stia pagando una rata del mutuo sproporzionata rispetto al proprio stipendio.

Siamo davanti ad un tema che può preoccupare molti contribuenti alle prese con un mutuo e che, magari, fanno affidamento sull’aiuto della famiglia per coprire tutte le altre spese che devono essere affrontate ogni mese, come le bollette e gli alimenti. Ma cerchiamo di capire cosa sia successo.

Controlli Agenzia delle Entrate, quando e perché si estendono ai mutui

La lotta all’evasione fiscale sta tenendo occupati i funzionari dall’Agenzia delle Entrate. I poteri di intervento dell’Amministrazione Finanziaria si vanno sempre più ampliando, tanto che adesso alle autorità competenti (come i ben informati sapranno) è concesso indagare sulle movimentazioni bancarie, chiedere informazioni e delucidazioni sui risparmi giacenti sul conto corrente e procedere con i controlli tutte le volte che il contribuente non è i grado di giustificare l’origine di una determinata somma di denaro.

Anche quando si conosce la provenienza dei soldi depositati sul conto corrente di una persona, però, resta comunque una facoltà dell’Agenzia delle Entrate quella di considerare indizio di evasione determinati comportamenti. È questo il caso dei mutui richiesti per acquistare una casa: se questi infatti vengono erogati per un importo maggiore rispetto a quello di vendita dell’immobile, l’Ufficio può arrivare a pensare che la parte non spesa sia anche quella nascosta al Fisco. L’onere della prova, dunque, ricade anche in questo caso sul contribuente, che dovrà dimostrare di non aver commesso l’illecito

La decisione della Corte di Cassazione

A dettare legge al riguardo è intervenuta la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4661 depositata il 21 febbraio 2020. I Giudici Supremi, nello specifico, hanno stabilito che: “costituisce fatto notorio che le banche eroghino, di norma, mutui per importi inferiori rispetto al valore effettivo dell’immobile da acquistare. Ne consegue che se il prezzo di vendita è minore delle somme oggetto del mutuo, vi è un chiaro indizio di evasione”, in base al quale l’Agenzia delle Entrate può fondare la propria pretesa impositiva.

Il ragionamento che sta alla base di questa decisione, di fatto, è il seguente: se un soggetto accede ad un mutuo per l’acquisto di una casa, e l’importo richiesto è finalizzato a concludere la compravendita, a cosa servono i soldi eccedenti la cifra di acquisto dell’immobile? Alla presunzione dell’Agenzia delle Entrate, lecita secondo la Cassazione, il contribuente può comunque rispondere (e difendersi) presentando prove puntuali e certe, in grado di dimostrare che quella somma – in realtà – non è stata evasa. onde evitare dei problemi con il Fisco, a questo punto, è importante prestare la massima attenzione a quanto si richiede in banca.