Concordato preventivo esteso fino al 2018, graziati gli anni della pandemia: le nuove regole

La proposta è contenuta in un emendamento al Senato. Un modo per spingere le Partite Iva al concordato biennale: come funziona

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Coloro che aderiranno al concordato preventivo biennale per il 2024-25 entro il 31 ottobre avranno la possibilità di usufruire di un ravvedimento speciale anche per gli anni precedenti, dal 2018 al 2023. Questo è quanto stabilisce un emendamento di maggioranza al dl omnibus, firmato da Fausto Orsomarso (FdI), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (FI).

Come cambia il concordato preventivo

La spinta verso il concordato biennale per le Partite Iva potrebbe essere sostenuta anche da una sanatoria sui conti passati degli autonomi con il Fisco. Un “ravvedimento” con sanzioni ridottissime sui maggiori redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2023, i cinque anni precedenti all’avvio del concordato e che, teoricamente, sono ancora accertabili dall’Agenzia delle Entrate. Per il periodo della pandemia, 2020 e 2021, si applicherà un’aliquota ridotta del 30%. La proposta è contenuta in alcuni emendamenti gemelli al decreto omnibus in discussione al Senato, tra cui l’emendamento firmato da Fausto Orsomarso (Fratelli d’Italia), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (Forza Italia).

Sui nuovi redditi dichiarati, verrà applicata una flat tax, ovvero una tassa piatta che varia in base al punteggio degli Isa, gli indicatori di affidabilità fiscale. Per chi ha un punteggio alto, tra 8 e 10, il prelievo per regolarizzare i redditi pregressi sarà del 10%. Per i contribuenti con un punteggio tra 6 e 8, il prelievo salirà al 12%. Per le Partite Iva con punteggi inferiori alla sufficienza, la flat tax sarà del 15%.

L’emendamento prevede che le somme dovute per la sanatoria debbano essere versate entro marzo 2025, con la possibilità di dilazionare il pagamento in 24 mesi a un tasso di interesse del 2% annuo. Come già accennato prima, novità ci saranno anche per le annualità 2020 e 2021, quelle colpite dalla pandemia: in questo caso, l’imposta sostitutiva avrà aliquote ridotte del 30% rispetto a quelle degli anni 2018, 2019, 2022 e 2023.

Optando per il ravvedimento e il concordato, i contribuenti potranno evitare potenziali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza anche per gli anni precedenti al nuovo regime. Tuttavia, chi non aderirà o decadrà dal sistema rischia sanzioni più severe. Gli emendamenti saranno esaminati in Commissione Finanze a partire da questa settimana, e il futuro della norma, che potrebbe essere definita dalle opposizioni come una nuova forma di sanatoria, rimane incerto.

Le altre correzioni: che fine ha fatto il Bonus befana

Solo pochi giorni fa, prima che il testo fosse reso pubblico, il viceministro Maurizio Leo si era dichiarato disponibile a considerare eventuali correttivi e miglioramenti proposti dal Parlamento.

In un’intervista al Messaggero, Leo ha inoltre suggerito che il tanto atteso bonus Befana da 100 euro, inizialmente previsto come bonus tredicesime e poi rinviato a gennaio 2025 per mancanza di coperture, potrebbe essere anticipato a dicembre nella sua forma originaria. La misura, inserita nel decreto sulle imposte dirette attuativo della delega fiscale, deve ancora essere finalizzata e sottoposta all’approvazione delle Camere. Grazie al buon andamento delle entrate fiscali riscontrato finora, “non è del tutto da escludere – ha spiegato Leo – che questo bonus possa essere rivisto e anticipato nel 2024, sostanzialmente implementando le tredicesime di quest’anno” per aiutare le famiglie “in un momento particolare dell’anno”.