Chi evade di più in Italia e chi rischia i controlli con il concordato preventivo biennale

Quali sono le categorie che evadono di più secondo l'Agenzia delle Entrate: ristoratori e tintorie nella lista dei "cattivi", medici e notai fra i "bravi". Cosa si rischia con il concordato preventivo biennale

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 19 Agosto 2024 10:57

Con l’introduzione del concordato preventivo biennale gli appartenenti a determinate categorie professionali, i cui dati fiscali riportano anomalie significative, sono esposti al rischio di incappare in grossi guai con il Fisco. Si tratta, in particolare, di tintorie, ristoranti, autonoleggi, pellicciai e pescatori dove oltre il 70% delle dichiarazioni dei redditi vengono ritenute troppo basse. Chi viene considerato poco affidabile dal Fisco cammina su un percorso accidentato: costoro dovranno migliorare la propria posizione entro due anni o rassegnarsi a finire nelle liste selettive di chi rifiuterà il patto. Su di essi si concentreranno in particolare gli accertamenti fiscali.

Queste, invece, le categorie considerate dal Fisco come più affidabili: medici, personale dei laboratori di analisi cliniche, attori, registi, ballerini, notai, fisioterapisti, produttori di carta, commercialisti, informatici, geologi, veterinari e dentisti. Per la maggior parte fra loro l’accordo sulle tasse da pagare che il governo gli ha offerto per quest’anno e il prossimo non rappresenterà un problema e i maggiori redditi che lo Stato gli chiederà di dichiarare saranno relativamente modesti.

Cos’è e come funziona il concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo biennale è una sorta di accordo fra il Fisco e il contribuente. Aderendo, per un biennio, è possibile pagare le tasse non in base agli effettivi guadagni ma sulla base di quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta di un istituto di compliance volto a favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi. Possono accedere i contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che applicano gli Isa, quegli Indici sintetici di affidabilità che hanno sostituito gli studi di settore. Il governo ha reso appetibile il meccanismo, prevedendo una tassa piatta tra i 10 e il 15% sui maggiori redditi dichiarati.

Il nodo degli Isa

Secondo i dati del Fisco, sui 2,7 milioni di soggetti a cui si applicano gli Isa ai quali si offre il concordato biennale, oltre 1,5 milioni hanno un indice di affidabilità inferiore a 8 su 10. E il 55,9% di loro per il Fisco è poco o molto poco affidabile. Tali soggetti, come anticipato, hanno due sole scelte: migliorare le propria posizione entro un biennio o finire in cima alla lista nera dell’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda la probabilità di subire accertamenti fiscali.

Prendiamo in considerazione solo chi dichiara più di 30.000 euro: fra questa porzione di contribuenti chi ha un voto di affidabilità superiore a 8 punti dichiara redditi più alti di 3 volte rispetto a chi ha un voto inferiore a 8 punti. La sproporzione appare evidente.  I contribuenti considerati affidabili dichiarano in media 84.000 euro, quelli non affidabili ne dichiarano 24.000.

Ma anche tra le categorie di soggetti Isa più affidabili, sopra citate, in media appena il 40% presenta dichiarazioni fiscali considerate attendibili.

Ristoratori e discoteche nel mirino

Scendiamo nel dettaglio facendo un esempio concreto: fra i ristoratori ci sono 97.000 soggetti che aderiscono agli Isa. Quasi 69.000 fra di essi hanno dichiarato una media di 8.200 euro nel 2022. Troppo poco per il Fisco. Quelli considerati affidabili, invece, hanno dichiarato un reddito medio di 53.400 euro.

Passiamo alle discoteche: agli Isa aderiscono 986 soggetti. 650 di questi hanno ricavi medi di 325.000 euro a fronte di un reddito di 3.200 euro. 286 discoteche invece dichiarano ricavi per 594.000 mila euro a fronte di un reddito di 76.000 euro. Tanto basta per mettere in allarme il Fisco.