Come vanno gestite le imposte sugli affitti brevi quando, dello stesso immobile, ci sono più proprietari? Mettere a reddito un immobile sfruttando le locazioni brevi può essere vantaggioso da un punto di vista economico, ma la pratica deve essere gestita correttamente da un punto di vista fiscale, soprattutto quando l’immobile appartiene a più di una persona.
Una proprietà in comune tra più soggetti, quando viene messa in affitto attraverso una piattaforma digitale, apre la porta a una serie di dubbi e perplessità di tipo pratico: nella maggior parte dei casi a registrarsi sul portale è uno solo dei proprietari, che riceve la documentazione fiscale e percepisce il reddito che proviene dagli affitti brevi. Che, però, deve essere diviso tra tutti i proprietari.
Questa situazione genera un po’ di confusione. Ma per fortuna l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di indicazioni grazie alle quali è possibile suddividere le imposte tra tutti i soggetti coinvolti nell’operazione.
Indice
Affitti brevi, come gestire la CU intestata a un solo proprietario
Uno dei casi che si vengono a verificare più di frequente è l’affitto breve di un immobile di proprietà di più soggetti, dei quali uno solo si identifica e si registra sulla piattaforma digitale che opera come intermediario.
Quando si vengono a verificare queste situazioni, il gestore del portale che agisce come sostituto d’imposta rilascia la certificazione unica – attraverso la quale viene documentata la ritenuta al 21% sui pagamenti effettuati – intestandola esclusivamente al soggetto che ha fornito i propri dati sul portale.
Da un punto di vista logico (ma anche giuridico) la ritenuta fiscale segue il reddito. Deve essere imputata pro quota a tutti i comproprietari, sulla base della loro quota di possesso e di reddito.
Le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, però, seguono un ragionamento completamente diverso.
Nella guida redatta nel 2024 dedicata alle locazioni brevi, l’amministrazione fiscale ha affermato un altro principio: la ritenuta deve essere scomputata – deve essere quindi sottratta dalle imposte dovute – solo e soltanto dalla persona che risulta essere intestataria della certificazione unica.
L’AdE, indubbiamente, ha preso questa decisione per semplificare la pratica e permettere, allo stesso tempo, gli incroci automatizzati con le comunicazioni che devono inviare i sostituti d’imposta.
Questa impostazione risulta essere svantaggiosa per gli altri comproprietari, che dovranno dichiarare la loro quota di reddito e pagare per intero la cedolare secca in dichiarazione, senza poter portare in detrazione la parte di ritenuta che l’intermediario ha già versato.
Lordo o al netto delle commissioni: come si dichiara l’affitto
Quando vengono stipulati dei contratti di locazione breve, gli intermediari (come i portali online) trattengono a monte le commissioni che applicano sui canoni di locazione versati dagli ospiti. Al proprietario, quindi, arriva l’importo netto.
Cosa è necessario indicare nella dichiarazione dei redditi? L’importo che il contribuente percepisce realmente o quanto l’ospite ha versato totalmente al portale?
In questo caso è bene ricordare che i canoni di locazione costituiscono, in tutto e per tutto, dei redditi fondiari.
L’articolo 26 del Tuir stabilisce che debbano essere assoggettati a tassazione al lordo delle spese che sono state sostenute per produrre il reddito.
Questo principio è insindacabile e non viene meno nel momento in cui i contribuenti dovessero aver optato per la cedolare secca. Anzi, per quanti avessero deciso di optare per l’imposta sostitutiva non spetta nemmeno l’abbattimento forfettario del 5% del canone, a cui possono accedere quanti hanno preferito il regime ordinario Irpef e che serve per abbattere le spese.
Questo significa, in estrema sintesi, che il contribuente è tenuto ad assoggettare l’intero importo percepito dagli affitti brevi che sono indicati all’interno del contratto: non è possibile dedurre alcun tipo di spesa, nemmeno quelle che vengono trattenute all’origine dalla piattaforma.
Cosa succede se ad affittare è l’inquilino o il comodatario
Una situazione diversa si viene a creare nel momento in cui il contratto di locazione breve viene sottoscritto da un locatario, che decide di subaffittare l’immobile, o da un comodatario.
Quando si dovessero verificare queste situazioni, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 24/e/2017, ha spiegato che si debba andare in deroga al criterio generale che è stato introdotto dall’articolo 26 del Tuir, che prevede che il reddito sia sempre attratto in capo al proprietario.
In questo caso il reddito conseguito dall’inquilino o dal comodatario appartiene ai redditi diversi, alla stregua di una semplice sublocazione.
Da un punto di vista fiscale la differenza è sostanziale: attraverso l’articolo 71 il Tuir ha stabilito che il reddito da dichiarare debba essere calcolato al netto delle spese che sono state sostenute per la sua produzione.
Il comodatario o l’inquilino che diano l’immobile in affitto per dei brevi periodi, quindi, possono dedurre le spese per la pulizia dei locali o i costi delle utenze dal canone incassato, purché questi costi risultino essere puntualmente e specificatamente riconducibili ai contratti di locazione breve che sono stati dichiarati.
L’opzione per la cedolare secca spetta direttamente al comodatario o al locatore e non al proprietario dell’immobile.
Cedolare secca: chi ha diritto ad effettuare la scelta
L’articolo 3 del Dlgs n.. 23/2011 prevede che la cedolare secca possa essere applicata anche ai contratti di locazione breve. L’opzione, però, è riservata a ciascuno dei comproprietari.
Questo significa che quando ci sono più comproprietari decidere se applicarla o meno è una scelta individuale e non vincola gli altri: può capitare, infatti, che un comproprietario opti per il regime ordinario e l’altro per la cedolare secca.
C’è un’unica regola, però, che coinvolge tutti i comproprietari: quando anche uno solo dovesse optare per la cedolare secca, tutti i comproprietari devono rinunciare all’aggiornamento del canone di locazione all’inflazione, almeno per tutta la durata dell’opzione.
La rinuncia deve essere applicata all’inquilino attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno: nel momento in cui dovesse mancare questa comunicazione, l’opzione diventa inefficace.