Uno bonifico all’estero per fare un investimento perfettamente legale ed essere segnalati dalla banca per finalità di antiriciclaggio. È una situazione nella quale si possono trovare anche i contribuenti più onesti, quando trasferiscono del denaro oltre confine per delle operazioni perfettamente legali. Il problema è che le informazioni comunicate attraverso la segnalazione vengono utilizzate dall’Agenzia delle Entrate per effettuare dei controlli fiscali mirati.
La situazione che abbiamo appena descritto si è intensificata da quando è entrato in vigore il Dlgs n. 90/2017, che ha permesso alla Guardia di Finanza di utilizzare le informazioni, che venivano raccolte nel corso dei consueti controlli antiriciclaggio, per effettuare degli accertamenti tributari. In un certo senso è come se la vigilanza bancaria e il controllo fiscale camminassero a braccetto.
Molto pragmaticamente questo significa che un qualsiasi contribuente che abbia intenzione di trasferire 50.000 euro in Paese esotico per acquistare una casa per le vacanze, dopo pochi mesi potrebbe essere chiamato dall’Agenzia delle Entrate per giustificare la provenienza di quel denaro.
Indice
Le norme sull’antiriciclaggio
Il legislatore italiano con l’articolo 9, comma 9 del Dlgs n. 231/2007 ha introdotto un’importante novità per i contribuenti che investono all’estero. Questa norma, infatti, ha stabilito che:
I dati e le informazioni acquisite nell’ambito delle attività svolte ai sensi del presente articolo sono utilizzabili ai fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti.
Prima che questa norma entrasse ufficialmente in vigore, la Guardia di Finanza poteva utilizzare unicamente i dati registrati all’interno dei sistemi antiriciclaggio per effettuare le indagini. Adesso, invece, può utilizzare tutte le informazioni che sono state acquisite nel corso dei controlli antiriciclaggio per effettuare i controlli di natura tributaria.
L’Italia, ad ogni modo, ha semplicemente recepito le raccomandazioni del Gafi, ossia il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale e la direttiva Ue n. 849/2015: le istituzioni e gli organismi internazionali hanno messo in evidenza che c’è una stretta connessione tra il riciclaggio e l’evasione fiscale. Un ragionamento che ha spinto molti stati membri ad attuare una maggiore integrazione tra i due sistemi di controllo.
Attraverso la direttiva n. 2011/16/UE – modificata nel 2026 – il Consiglio dell’Unione europea ha permesso alle varie autorità fiscali di accedere regolarmente alle informazioni antiriciclaggio in modo da poter alimentare le proprie funzioni di monitoraggio.
Quando scattano le soglie sull’antiriciclaggio
Ad essere interessati alle regole sull’antiriciclaggio sono trasversalmente tutti i contribuenti, perché non esiste una soglia generale di 5.000 euro oltre la quale scatta la segnalazione. Questa informazione errata ha iniziato a diffodersi perché il 1° gennaio 2023 è stato introdotto il limite di 5.000 euro per l’utilizzo del contante (che successivamente è stato modifica). La stessa regola non viene applicata per le segnalazioni delle operazioni sospette.
Queste ultime non hanno delle soglie fisse: sono condizionare dal giudizio dell’operatore bancario, che, di volta in volta, valuta se una determinata operazione sia anomala o meno. Le line guida diramate dall’Unità di Informazione Finanziaria nel corso del mese di luglio 2025 prevedono che le segnalazioni siano consapevoli e responsabili: ogni singola decisione deve essere documentata ed avere la dovuta giustificazione.
Altri dettagli sulle segnalazioni ci vengono forniti dall’articolo 41 del Dlgs n. 231/2007, secondo il quale la segnalazione deve essere effettuata:
- nel momento in cui siano presenti delle operazioni per le quali si sa o si sospetta che possano essere collegate al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo;
- quando dovessero sussistere dei sospetti basati su alcuni indicatori di anomalia.
Il limite dei 5.000 euro esiste realmente per le segnalazioni antiriciclaggio aggregate (Sara): questo tetto, però, si riferisce unicamente ad aggregazione di dati per analisi statistiche territoriali.
Quando si effettuano dei prelievi di contanti, la segnalazione scatta nel momento in cui, nell’arco del mese solare, vengano prelevati almeno 10.000 euro. Il superamento di questa soglia può avvenire anche attraverso delle operazioni frazionate che siano superiori a 1.000 euro.
Quali sono gli indicatori di anomalia
La segnalazione di operazioni sospette di antiriciclaggio scatta nel momento in cui il cliente adotta un particolari comportamenti quando deve effettuare determinate operazioni (le indicazioni sono state fornite attraverso un provvedimento dell’Uif del 12 maggio 2023 e sono applicabili a partire dal 1° gennaio 2024):
- è riluttante o si rifiuta di fornire delle informazioni adeguate sull’origine del denaro, soprattutto quando proviene dall’estero;
- rinuncia all’operazione o chiede di effettuarne una differente quando gli viene chiesta la documentazione;
- la documentazione risulta essere anomala e non permette la corretta individuazione del titolare effettivo;
- i documenti sono evidentemente contraffatti.
I suddetti comportamenti fanno scattare la segnalazione nel momento in cui l’operazione che il cliente vuole effettuare ha le seguenti caratteristiche:
- è sproporzionata: è economicamente dispendiosa se proporzionata al normale giro d’affari del soggetto interessato, che obiettivamente non se la potrebbe permettere;
- il prezzo è esageratamente alto rispetto ai normali valori di mercato.
Come difendersi in caso di accertamento fiscale
Nel momento in cui il contribuente effettua delle operazioni verso l’estero deve essere consapevole che potrebbe far scattare una segnalazione con finalità di antiriciclaggio. Questa può far partire dei controlli fiscali, anche quando tutte le operazioni sono legittime sotto ogni profilo.
Quando l’Agenzia delle Entrate riceve le informazioni dalla Guardia di Finanza invita al contraddittorio il contribuente (come previsto dall’ex articolo 5-bis del Dlgs. n. 218/1997). Grazie a questo strumento il diretto interessato ha la possibilità di fornire i chiarimenti necessari prima che venga emesso un avviso di accertamento.
L’invito al contraddittorio, nella maggior parte delle occasioni, prevede che:
- venga presentata la documentazione sulla provenienza delle somme trasferite;
- venga fornita una giustificazione economica dell’operazione che si sta effettuando;
- venga data una prova della dichiarazione fiscale dei redditi che sono stati utilizzati per il trasferimento;
- sia fornita la documentazione relativa all’investimento che si sta effettuando all’estero.
È importante fornire all’Agenzia delle Entrate tutta la documentazione richiesta: in questo modo si riesce a dimostrare in modo cristallino che il proprio comportamento è corretto.