A partire da lunedì 2 dicembre, le fabbriche tedesche della Volkswagen si fermeranno per uno sciopero senza precedenti. È questo il primo passo di una mobilitazione che il sindacato metalmeccanico IgMetall preannuncia come “la battaglia contrattuale collettiva più dura che Volkswagen abbia mai conosciuto”.
L’obiettivo è quello di contrastare il piano di ristrutturazione del gruppo automobilistico, che prevede la chiusura di tre stabilimenti e migliaia di licenziamenti.
La crisi di Volkswagen
La decisione dello sciopero segue il fallimento di tre round di trattative tra il sindacato e la dirigenza della Volkswagen. In gioco c’è il futuro di 120.000 lavoratori del marchio principale, il più colpito dal piano di risparmio. L’intero gruppo, che in Germania conta 10 stabilimenti e circa 300.000 dipendenti, è al centro di una trasformazione difficile ma considerata necessaria per affrontare una crisi che sta cambiando il volto del settore automobilistico.
Secondo gli analisti, i principali fattori che aggravano le difficoltà di Volkswagen includono il rallentamento del mercato nella vendita di auto nuove, la crescente concorrenza cinese (soprattutto sull’elettrico), la percezione di scarsa attrattività dei modelli elettrici prodotti dal marchio e il costo del lavoro elevato rispetto ai concorrenti. Per rispondere a queste sfide, la casa di Wolfsburg ha avviato a settembre un piano di tagli senza precedenti.
Le proposte di IgMetall, il muro della dirigenza
La tensione è esplosa quando Volkswagen ha respinto l’ultima controproposta di IgMetall, che includeva sacrifici importanti da parte dei lavoratori, come la rinuncia ai bonus, agli aumenti salariali e la riduzione degli orari di lavoro, pur di evitare chiusure e licenziamenti. Alla mano tesa dei lavoratori, il management ha risposto picche.
Thorsten Gröger, leader del sindacato, ha puntato il dito contro la dirigenza, accusandola di essere “responsabile della durata e dell’intensità di questo confronto”.
Dal canto suo, Volkswagen ha dichiarato di “rispettare il diritto di sciopero” e di credere ancora in un “dialogo costruttivo” per trovare una soluzione sostenibile. Tuttavia, l’azienda ha già adottato misure per garantire gli approvvigionamenti di emergenza e minimizzare l’impatto dello sciopero su clienti e partner.
Mossa senza precedenti
Per la prima volta nella sua storia, Volkswagen potrebbe chiudere tre stabilimenti in Germania, una prospettiva che rappresenta uno schiaffo al prestigio del principale produttore automobilistico europeo. La mossa rischia di innescare un’escalation di tensioni, con scioperi a oltranza e una mobilitazione di dimensioni storiche, come preannunciato da IgMetall.
Per fronteggiare la crisi, Volkswagen ha già ceduto la fabbrica in Cina.
La crisi scuote l’automotive tedesco
Lo sciopero alla Volkswagen si inserisce in una fase cruciale per l’industria automobilistica tedesca, da sempre fiore all’occhiello dell’economia nazionale. Se la mobilitazione si estenderà, potrebbe avere ripercussioni economiche e politiche significative, non solo per il settore ma per il clima generale del Paese. In un sistema come quello tedesco, dove il modello di cogestione ha storicamente garantito un equilibrio tra interessi aziendali e sindacali, il muro contro muro in corso potrebbe segnare un punto di svolta.
Ma a risentire del nuovo corso dei tempi è un po’ tutto il settore dell’automotive tedesco: Mercedes ha annunciato tagli, così come aveva fatto Audi (costola di Volkswagen). Bmw, intanto, ha abbassato le stime di vendita per il 2024.