Stretta Ue sui condizionatori: chi li deve cambiare

Il nuovo regolamento F-Gas rischia di mandare in discarica milioni di condizionatori destinati a diventare obsoleti perché inquinanti. Si temono rincari fino al 300%.

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Continua la stretta della politica comunitaria sulle emissioni di F-Gas, sostanze chimiche artificiali che trovano varie applicazioni in diversi settori. La maggior parte di esse contribuisce al riscaldamento globale. La lotta dell’Unione europea alle emissioni serra, però, potrebbe avere pesanti ricadute sulle tasche degli italiani dal momento che tali gas sono usati anche negli impianti di climatizzazione.

Cosa cambia con il nuovo regolamento F-Gas

Al momento è in corso il negoziato fra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo e l’oggetto del contendere è il Regolamento F-Gas, testo che prevede il graduale stop ai gas incriminati.

La messa al bando dei gas refrigeranti potrebbe rendere obsoleti 8 impianti di climatizzazione su 10. Previste poi impennate dei prezzi del 40% per le pompe di calore e del 300% per i condizionatori.

Se l’Europa dovesse dire progressivamente addio ai gas refrigeranti artificiali rimarrebbero utilizzabili solo quelli naturali. Il gas più performante in tal senso è il propano, assai meno refrigerante dei prodotti artificiali e che pone inoltre gravi problemi di sicurezza perché altamente infiammabile. Altra alternativa è l’ammoniaca, che però può presentare problemi di tossicità.

Rottamare i condizionatori obsoleti

Gran parte degli apparecchi oggi in produzione, così come quelli già installati in appartamenti, aziende ed enti pubblici diventerebbe fuorilegge e andrebbe rottamata.

Quella contro gli F-Gas è solo una delle iniziative europee nell’ambito della rivoluzione green, insieme all’efficientamento energetico delle case, al piano contro le emissioni inquinanti, alla svolta su caldaie e infissi e a diverse altre misufre.

Il Corriere della Sera riporta una dichiarazione di Gabriele Di Prenda, manager di Daikin Italia ed esperto di F-gas, secondo il quale “occorre quanto prima sensibilizzare l’opinione pubblica affinché le istituzioni – governo e ministero dell’Ambiente in primis – si attivino per modificare l’impianto del provvedimento: abbiamo pochissime settimane per evitare un grosso problema”.

Preoccupazione anche da parte di Assoclima, associazione dei costruttori dei sistemi di climatizzazione. Assoclima, tuttavia, si dice pronta a collaborare nel “supportare la transizione ai refrigeranti naturali, ove possibile, e di utilizzare altresì tutto il portafoglio dei refrigeranti disponibili, coerentemente con le necessità di applicazione sia nelle abitazioni che in tutti gli altri contesti quali ospedali, uffici, teatri e sostenere l’obiettivo di riduzione della CO2 considerando il tema nella sua interezza”.

Luca Binaghi, presidente di Assoclima, detta la strada: si deve puntare a sensibilizzare le istituzioni “affinché tutelino l’industria della climatizzazione, considerata un’eccellenza a livello internazionale, e si attivino per sostenere a tutti i livelli le modifiche al testo proposte dall’industria”.

Danno per il Pil italiano

Secondo Daikin e Assoclima l’iniziativa comunitaria avrebbe una ricaduta sul Pil italiano stimata fra lo 0,3% e lo 0,5% (tra i 5 e gli 8 miliardi di euro annui).

“L’adozione di un Regolamento F-gas non chiaro, eccessivamente ambizioso e non ben ponderato metterebbe in difficoltà molte aziende che stanno investendo sempre più su una produzione localizzata nel nostro territorio e le cui abilità e competenze sono riconosciute da un valore dell’export ben superiore al 50% della produzione”, ammonisce Assoclima.