Siccità fuori controllo: la mappa del disastro e cosa prevede il decreto Meloni

Alla vigilia di Pasqua l'Italia è in piena emergenza siccità: ecco dove la situazione è peggiore. E cosa cambia con il decreto varato dal governo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Alla vigilia di Pasqua l’Italia è in piena emergenza siccità: Po mai così basso in questo periodo, neve dimezzata sulle montagne e livelli dei laghi ai minimi. Siccità, unito a freddo e gelo anomalo, stanno letteralmente decimando le coltivazioni italiane. Le stesse che erano partite in anticipo quest’anno, grazie all’inverno caldissimo appena trascorso che ha fatto segnare una temperatura di +1,38 gradi al Nord, con il rischio ora per migliaia di agricoltori di perdere i raccolti di un intero anno di lavoro.

Come denuncia Coldiretti, sono circa 300mila le imprese agricole che si trovano nelle aree più colpite dall’emergenza siccità del Centro Nord, con la situazione più drammatica che si registra nel bacino della Pianura Padana, dove nasce quasi 1/3 dell’agroalimentare Made in Italy e la metà dell’allevamento che danno origine alla celebre “food valley italiana” che rende grande il Made in Italy in tutto il mondo.

Nel 2022 è caduta il 30% di pioggia in meno, con danni all’agricoltura stimati in 6 miliardi. Gli effetti sono evidenti con i grandi laghi che – spiega Coldiretti – hanno ora percentuali di riempimento che vanno dal 22% del lago di Como al 37% del lago di Garda fino al 44% di quello Maggiore, mentre il livello del Po al Ponte della Becca è sceso a -3,2 metri, proprio come accade in piena estate, con le sponde ridotte a spiagge di sabbia. Per non parlare della neve, sia su arco alpino che appenninico, scarsissima. Tra Lombardia e Piemonte è calata addirittura di oltre il 50% tagliando le riserve idriche per tutta l’estate.

All’assenza di acqua si aggiunge il gelo, tanto che gli agricoltori sono stati costretti ad accendere il fuoco per scaldare le piante nei frutteti, così come ventole e irrigazioni antigelo per salvare i raccolti. I ventilatori antigelo, mescolando gli strati più caldi dell’aria a 14/15 m sopra il terreno con quella più fredda che circonda gli alberi, permettono di creare una barriera protettiva in grado di salvare i piccoli frutti in maturazione. I vaporizzatori d’acqua invece creano una patina sui rami che ghiaccia senza soffocare o bruciare la pianta e proteggendola dal crollo eccessivo delle temperature.

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Decreto siccità: cosa prevede e cosa cambia

Proprio a fronte di questa situazione, il governo Meloni ha deciso di intervenire con un decreto ad hoc per prevenire e contrastare la siccità e potenziare e adeguare le infrastrutture idriche.

Nello specifico, il decreto siccità introduce specifiche misure volte ad aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e a ridurre dispersioni di acqua che nel nostro Paese sono ingentissime: nel Belpaese sprechiamo 104mila litri di acqua al secondo, che tradotto significa qualcosa come 9 miliardi di litri al giorno. Lungo i 500mila km di rete di acquedotti italiani si perde quasi la metà dell’acqua potabile: il 42% per l’esattezza.

Il decreto siccità varato ora dal Governo prevede anche altre misure, come un regime semplificato per le procedure di progettazione e realizzazione delle infrastrutture idriche che rinvia al modello PNRR l’aumento dei volumi utili degli invasi, la possibilità di realizzare liberamente vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo entro un volume massimo stabilito, il riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo, l’introduzione di semplificazioni nella realizzazione degli impianti di desalinizzazione.

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Cabina di regia

Tutte misure che, assicura Meloni, troveranno immediata attuazione anche grazie al sistema di governance che l’Esecutivo ha in testa.

Il governo intende creare una cabina di regia che ha il compito di effettuare entro 30 giorni una ricognizione delle opere e degli interventi più urgenti per far fronte, nel breve termine, alla crisi idrica. Nel caso di ritardi o di altre criticità, la cabina di regia dovrebbe anche poter attivare procedure ad hoc e nominare singoli Commissari.

Commissario straordinario nazionale

Oltre alla cabina di regia, viene istituito un Commissario straordinario nazionale per la scarsità idrica, che resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 e potrà essere prorogato di un anno, fino al 31 dicembre 2024.

Il Commissario realizzerà, in via d’urgenza, gli interventi indicati dalla cabina di regia e si occuperà anche di altre funzioni, come per esempio la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la verifica e il coordinamento dell’adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi, la verifica e il monitoraggio dell’iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzati alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento. E ancora, l’individuazione delle dighe che hanno bisogno della rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi e la ricognizione degli invasi fuori esercizio temporaneo da finanziare nell’ambito delle risorse del “Fondo per il miglioramento della sicurezza e la gestione degli invasi”.

In caso di mancata realizzazione degli interventi, il Commissario potrà essere indicato dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri e sentito il soggetto inadempiente, per adottare, in via sostitutiva, gli atti o i provvedimenti necessari o di eseguire i progetti.

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La mappa della siccità in Italia: dove la situazione è peggiore

Come riportano i dati raccolti dall’Osservatorio ANBI sulle risorse idriche, a salvarsi è solo la Valle d’Aosta. I i 72 millimetri di pioggia caduti a marzo sono superiori alla media storica mensile, nonostante uno scioglimento anticipato delle nevi e di cui beneficia la portata della Dora Baltea, che comunque è al 30% circa di quanto mediamente registrato in aprile.

Situazione disastrosa invece in Piemonte, dove da inizio anno è piovuto e nevicato la metà del consueto. Qui il deficit pluviometrico mensile si attesta al 40%, e i bacini fluviali sono a secco, arrivando a toccare l’81% sull’Orba, il 74% sul Bormida, il 67% sul Cervo, il 62% sullo Scrivia Curone.

Per quanto riguarda la neve, nel bacino piemontese il deficit si attesta al 48%, ma solo perché nel macrobacino della Dora Baltea la situazione è nella media. Negli altri bacini fluviali, invece, si registrano deficit di manto nevoso fino al 100% sul Cervo, 99% sul Tanaro, 85% sulla Stura di Demonte, 82% sul Ticino. Le risorse idriche disponibili complessive sono inferiori del 45% alla media, ma solo perché a falsare i dati statistici è ancora il macrobacino della Dora Baltea, senza il quale lo scarto salirebbe addirittura al 73% nel Piemonte meridionale, -59% nel Piemonte settentrionale, -54% nell’orientale e -52% nell’occidentale.

In Lombardia le riserve di acqua restano stabili, ma molto scarse come l’anno scorso, le portate del fiume Adda e continuano a calare anche i livelli di Serio ed Oglio, mentre il Mincio, grazie ad un maggiore afflusso dal lago di Garda, guadagna qualche millimetro. Le riserve idriche scarseggiano sempre più; la neve presente al suolo è il 66% in meno di quanta ve ne dovrebbe essere ed è inferiore del 13% al minimo storico: – 56,7% con picchi nei bacini Toce-Ticino-Verbano (-76,4% sulla media e -41,2% sul minimo storico), Brembo (-74,7%), Serio (-72,4%).

Sempre secondo quanto riportato da ANBI, nel Veneto, alla buona performance del fiume Adige, che in una settimana cresce di ben 90 centimetri, si contrappone la condizione del Piave agguantato dalla risalita del mare, già segnalata ad oltre 30 chilometri dalla foce. Sul Veneto, a marzo, sono caduti mediamente 37 millimetri di pioggia, a fronte di una media mensile di 65mm (-43%) con il deficit maggiore, registrato nel bacino della Livenza (-55%). Dall’inizio dell’anno idrologico mancano all’appello 6 miliardi e 333 milioni di metri cubi d’acqua. Lo spessore del manto nevoso è inferiore alla norma: sulle Dolomiti il deficit è del 52% rispetto alla media e nelle Prealpi è dell’ 86%. A fine marzo, i livelli di falda in alta pianura sono inferiori ai minimi assoluti, registrati in questo periodo negli ultimi 20 anni.

Esaurita la neve quasi ovunque, in Liguria si abbassano i livelli dei fiumi. Anche in Emilia Romagna resta qualche centimetro di neve solo in alcune zone dell’Appennino. Nel settore centrale della regione, i fiumi tornano a scendere e, tranne la Trebbia, presentano attualmente portate inferiori anche al 2022, con la Secchia che torna addirittura sotto il minimo storico.

In Toscana si riducono le portate dei fiumi Ombrone, Serchio e Sieve, mentre aumenta quella dell’Arno, unico sopra media. Andamento idrologico discontinuo anche nelle Marche. Bene solo la condizione degli invasi, che segnano la migliore performance dal 2019: trattengono oltre 53 milioni di metri cubi d’acqua.

Nel Lazio, l’attuale altezza idrometrica del fiume Tevere è in linea con quella del recente biennio, mentre si riducono le portate di Aniene, Liri e Sacco. Calano leggermente anche i livelli dei laghi di Nemi e Bracciano.

In Calabria si conferma un andamento idrologico disomogeneo tra le varie province: se, infatti, l’invaso di Monte Marello segna un record positivo rispetto agli ultimi anni, la diga di Sant’Anna, nel Crotonese, registra la peggiore prestazione dal 2017.

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Tropicalizzazione e salinizzazione da combattere

L’eccezionalità degli eventi atmosferici non è più eccezionale, ma è ormai la norma, con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con fenomeni sempre più violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense e rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono tutta l’agricoltura.

A preoccupare è anche l’innalzamento dei livelli del mare in Italia, con l’acqua salata che sta già penetrando nell’entroterra bruciando le coltivazioni nei campi e spingendo all’abbandono l’attività agricola, nella valle del Po soprattutto.

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Il punto è che servono interventi strutturali per affrontare davvero il cambiamento climatico. Serve raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi per renderla disponibile nei momenti di difficoltà. In questo senso ad esempio Coldiretti ha lanciato con ANBI il “progetto laghetti” per realizzare una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando è necessario ai cittadini, all’industria e all’agricoltura.

Come sottolinea il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini, gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti, ma non basta: l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli, senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare.

La mancanza di precipitazioni – continua la Coldiretti – sta condizionando le scelte delle aziende agricole, che si stanno spostando da mais e riso verso colture come soia e frumento. Per le semine del riso si stima un taglio di 8mila ettari e risultano al minimo da 30 anni.

Dalla disponibilità idrica dipende la produzione degli alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello. Tutti alimenti che costituiscono il nostro cibo quotidiano, e che rischiamo di perdere.