Allarme siccità, in Italia sono scomparsi i grandi fiumi

L'allarme è stato lanciato dal report settimanale di ANBI, l'Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il report settimanale dell’Osservatorio dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI), nonostante un contesto leggermente migliorato, certifica una verità: in Italia non ci sono più grandi fiumi. Infatti, la portata del Po, pur avendo registrato un lieve aumento nel tratto iniziale, rimane ampiamente insufficiente e continua a essere inferiore al minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano. Nel rilevamento finale a Pontelagoscuro, la portata del fiume è stata di 604,23 mc/s, pari al 14% in meno rispetto ai valori minimi del periodo.

L’attuale situazione

Gli analisti di ANBI evidenziano che la crisi idrica in Italia è influenzata da diversi fattori climatici. Le precipitazioni sono scarse e non sufficienti a risolvere la situazione di grave crisi idrica sulle Dolomiti. L’altezza media del manto nevoso si attesta sui 40 centimetri, secondo l’Arpav, mentre in Lombardia si sta verificando il tracollo dell’Adda, le cui portate sono addirittura inferiori rispetto all’anno precedente. Anche gli altri fiumi della regione sono in calo, con riserve idriche inferiori alla media storica (-61%) e al siccitoso 2022 (-11%). Nonostante i deflussi ridotti al minimo, il lago di Garda, con un riempimento del 37,9%, si trova in una grave crisi e da settimane staziona vicino al minimo storico.

Il rapporto ANBI afferma che i laghi rimanenti nel Nord Italia stanno vedendo un aumento del livello dell’acqua, con il Lago di Como che ha raggiunto quasi la media (21,2%), mentre il Verbano (riempimento: 45,4%) e il Sebino (riempimento: 17,9%) sono ancora sotto la media. Nel frattempo, in Umbria, il livello del Lago Trasimeno rimane inferiore alla media di 73 centimetri.

La mappa italiana della siccità

Il settore agricolo del Paese è incoraggiato da alcuni eventi meteorologici positivi in alcune aree. In Valle d’Aosta, la neve è finalmente tornata sui rilievi occidentali e centrali, aumentando l’altezza media del manto nevoso di quasi mezzo metro e 23 centimetri rispettivamente. Grazie alle precipitazioni significative, le portate del fiume Dora Baltea e del torrente Lys sono aumentate. Nonostante le scarse precipitazioni, in Piemonte i fiumi Pesio, Tanaro e Stura di Demonte hanno registrato una leggera crescita, mentre Stura di Lanzo ed Orco sono rimasti stabili. In Liguria, le abbondanti piogge in alcune zone hanno contribuito a far risalire di mezzo metro i livelli dei fiumi Entella e Vara, mentre Magra ed Argentina restano sotto la media. In Friuli Venezia Giulia, il Cellina e il Tagliamento si sono alzati, ma restano sotto ai livelli dello scorso anno. In Romagna, dopo i forti apporti pluviali della settimana scorsa, la Trebbia ed il Reno sono aumentati, ma la portata del Reno è inferiore del 57% alla media. In Toscana, le portate dei fiumi Serchio, Arno, Sieve ed Ombrone sono diminuite, mentre nelle Marche quelle di Esino, Sentino e Potenza sono calate. Tuttavia, grazie allo scioglimento delle nevi, i volumi d’acqua trattenuti dalle dighe sono superiori di oltre 4 milioni di metri cubi rispetto all’anno scorso. Il livello del Tevere e dei fiumi dell’Emilia Centrale come Enza e Secchia sono calati, mentre in Molise la portata iniziale del fiume Volturno e quella di Liri-Garigliano e Sele sono diminuite. Dopo gli exploit delle scorse settimane, le disponibilità idriche nei bacini di Basilicata e Puglia sono calate. Tuttavia, in Calabria la condizione idrica è migliorata grazie al fatto che il mese di marzo si sta mostrando particolarmente umido nella provincia di Reggio Calabria dove i giorni piovosi sono stati una decina.

Dissalatori contro la crisi idrica

L’analisi delle situazioni di crisi idrica nel Paese dimostra che i dissalatori, spesso menzionati come soluzione, possono essere utili solo per emergenze localizzate e non risolutivi per la siccità che penalizza l’agricoltura e l’ambiente in tutto il territorio italiano. Inoltre, ha spiegato Francesco Vincenzi, il presidente ANBI, va sottolineato che Israele, che collabora con i nostri Consorzi di bonifica, è riuscito a trasformare il deserto in un’area verde, mentre in Italia abbiamo già un giardino che dobbiamo solo mantenere, le due situazioni non possono essere paragonate.

Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, ha spiegato che, sebbene la dissalazione dell’acqua di mare possa rappresentare una soluzione al problema della siccità, i costi elevati la renderebbero antieconomica per il made in Italy agroalimentare. Al contrario, Gargano suggerisce di concentrarsi sull’efficientamento della rete idraulica e sull’ottimizzazione dell’utilizzo delle acque per l’irrigazione. Inoltre, è importante creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando l’ambiente attraverso la creazione di una rete di laghetti multifunzionali. Questo potrebbe essere fatto anche riutilizzando le migliaia di cave abbandonate presenti in Italia. Questo approccio sarebbe più sostenibile e a basso costo, rispetto alla dissalazione dell’acqua di mare.

Siccità sempre più impattante sull’agricoltura italiana

Francesco Vincenzi, ha presentato un quadro della situazione attuale in Italia in merito alla siccità, che ha colpito il paese duramente. Per far comprendere la portata del problema, Vincenzi ha citato un dato del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), secondo cui il 38% delle aree agricole irrigue in Italia ha subito una siccità severa-estrema nei 24 mesi trascorsi dal febbraio 2021. Questo dimostra come il problema della siccità sta diventando sempre più grave e sta avendo un impatto significativo sull’agricoltura italiana.