Nord Stream, fuga di gas finita: cosa sappiamo sul sabotaggio

Il metano si dirige verso il Mediterraneo, ma niente paura. Dal robot per la manutenzione ai 500 chili di tritolo: cosa sappiamo sulle esplosioni nel Baltico

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Negli ultimi giorni ha tenuto banco la vicenda della fuga di gas dal gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico. Sul caso delle esplosioni registrato a sud dell’isola danese di Bornholm sono state avanzate le ipotesi più disparate, anche se ormai non pare esserci dubbio che si sia trattato di sabotaggio (ne abbiamo parlato qui). La conseguente fuga di gas dalle tubature, dalle quali sono fuoriusciti oltre 800 milioni di metri cubi di metano, creando l’ormai celebre immagine del mare che “ribolle”, ha fatto crescere anche la minaccia di una nube nei cieli d’Europa.

Ci sono dei pericoli per l’uomo, ma ora sappiamo che la nube passerà sopra le teste degli italiani. Rischiamo qualcosa? E cosa è successo davvero alle pipeline che trasportano il gas russo in Europa?

La fine della fuga di gas

I funzionari danesi e il portavoce della società di gestione del Nord Stream 2, Ulrich Lissek, hanno riferito che è finita la fuga di metano dalla condotta. L’impianto ha cessato di perdere gas perché è stato raggiunto un equilibrio tra la pressione del combustibile e quella dell’acqua. “La pressione dell’acqua ha più o meno chiuso il gasdotto in modo che il gas che si trova all’interno non possa uscire”. La conclusione, ha osservato Lissek, è che c’è ancora metano nel gasdotto.

Metano nei cieli d’Europa e d’Italia: cosa sappiamo

Dapprima l’allarme per la nube di gas ha riguardato i cieli del Nord del Vecchio Continente. A diramarlo sono state le agenzie governative, mentre i servizi meteorologici hanno “corretto il tiro” rivelando la traiettoria dell’ammasso di metano. A causa della circolazione dei venti, la nube si è spostata nei primi due giorni verso Nord-Ovest, per poi agganciarsi alle correnti di maestrale e muoversi verso il Mediterraneo. Passerà, dunque, anche sopra l’Italia.

Gli esperti dicono di non preoccuparsi. Il metano è molto volatile e tende a diffondersi con estrema velocità nell’ambiente in cui viene immesso. A dispetto della rapidità, però, la nube ha più che dimezzato il suo “carico” già nel primo passaggio nei cieli di Svezia e Norvegia, per poi ridurlo a livelli minimi con la migrazione verso l’Inghilterra. Non c’è alcuna possibilità dunque che chi si trova in Italia possa respirare anche la più piccola concentrazione di metano nell’aria.

I rischi per l’ambiente

A rischiare di più è invece la salute del nostro pianeta. Se le fuoriuscite di gas dal Nord Stream dovessero continuare, si darebbe una decisa spinta al surriscaldamento globale. Ad oggi si stima che la quantità di metano fuoriuscita si attesti tra le 100mila e le 350mila tonnellate: una quantità ingente, ma per il momento non tale da far temere un impatto diretto sul clima a livello locale.

Paradossalmente a preoccupare di più è la tenuta del clima a livello mondiale. Secondo gli scienziati, potrebbe registrarsi un ulteriore aumento degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici. Il gas metano è infatti molto più pericoloso dell’anidride carbonica, in quanto possiede un potere riscaldante 20-25 volte superiore a quello della CO2 in un secolo e 70 volte in vent’anni.

Cosa è sappiamo sul sabotaggio al Nord Stream?

Lo scambio di accuse sulla paternità delle esplosioni prosegue senza tregua, mentre infuria ancora la guerra in Ucraina. In particolare fonti di intelligence e il giornale tedesco Spiegel riferiscono che che gli oleodotti del Nord Stream sono stati colpiti in quattro punti da esplosioni innescate da 500 chilogrammi di tritolo. Esplosioni che hanno provocato quattro falle al gasdotto.

Ma non è finita qui. Gli 007 britannici affermano che a piazzare le bombe che hanno provocato le quattro falle nel Nord Stream 1 e 2, a circa 80 metri di profondità nelle zone economiche esclusive di Svezia e Danimarca, “potrebbero essere stati i robot di manutenzione che operano all’interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione”. Sul Guardian si legge che “la natura sofisticata dell’attacco e la potenza dell’esplosione aggiungerebbero peso ai sospetti che gli attacchi siano stati effettuati da un potere statale, con il dito puntato contro la Russia“.

Infine, secondo l’Agenzia finlandese per l’ambiente, il bacino danese di Bornholm è la più importante discarica di armi chimiche nel Baltico. In una notasi segnala che “è probabile che l’effetto delle perdite di gas sulle armi chimiche sia minimo, poiché sono sepolte a diversi chilometri ma gli effetti sono ancora incerti”.