Via Iva da pane, latte e pasta: cosa farà il Governo

Associazioni dei consumatori contro il governo Meloni: eliminare l'Iva su pasta, pane e latte non servirà a molto per le famiglie italiane

Foto di Mirko Ledda

Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

Il Governo è al lavoro sulle misure da inserire in manovra. Molte riguarderanno le famiglie e i consumatori. Quella che sta facendo più discutere in queste ore è la riduzione – o azzeramento, ancora non si sa con certezza quale strada percorrerà l’Esecutivo – dell’Iva sul pane, sulla pasta e sul latte. L’imposta dovrebbe poi scendere al 5% sui prodotti per l’infanzia e sugli assorbenti. L’abbassamento delle tasse sui beni primari non ha convinto le associazioni di consumatori, che ne parlano come di una “misura mediatica” e addirittura “un’elemosina”.

Taglio dell’Iva su pasta, pane e latte: risparmio di 22 euro all’anno per famiglia

Il Codacons avverte, commentando le misure allo studio del governo Meloni, che il taglio dell’Iva sul pane e sul latte produrrebbe un risparmio irrisorio per i cittadini. In base ai dati Istat, infatti, una famiglia media spende ogni anno circa 264,12 euro per il pane e 145,08 euro per il latte fresco, sia intero che parzialmente scremato, e conservato.

Un azzeramento dell’Iva su questi due beni produrrebbe un risparmio medio di soli 10,22 euro a famiglia per quanto riguarda il pane e di soli 5,6 euro per quanto riguarda il latte, per un totale di 15,8 euro. L’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons, ha sottolineato che un intervento mirato solo ad abbattere l’Iva su questi due generi si traduce in una “misura mediatica” che non produce vantaggi ed effetti reali sui bilanci delle famiglie.

Non usano mezzi termini Assoutenti, che parla dell’azzeramento dell’Iva come di “un bluff”, e l’Unione Nazionale Consumatori, che lo etichetta come “un’elemosina”. Infatti aggiungendo anche i 140,4 euro di spesa media per la pasta sostenuti nel corso di un anno dalle famiglie, verrebbero “sterilizzati” dell’Iva circa 540 euro per nucleo. Con un risparmio di meno di 22 euro in 12 mesi.

Tra l’altro, sottolinea Massimiliano Dona, presidente di Unc, non è detto che i commercianti trasferiscano matematicamente il taglio dell’imposta sul prezzo finale senza incassarlo. Il rischio è che i prezzi nei negozi rimangano gli stessi – fare la spesa non è mai costato così tanto negli ultimi 40 anni – con un aumento dei guadagni di produttori o della grande distribuzione organizzata.

Le alternative al mini taglio dell’Iva proposte dalle associazioni di consumatori

Per combattere gli effetti negativi dell’inflazione e sostenere davvero i consumatori, il Governo dovrebbe pensare a un altro tipo di intervento secondo tutte le associazioni. Ad esempio Codacons propone la strada del taglio dell’Iva su tutti i generi alimentari e su tutti i beni di prima necessità, con un risparmio medio annuo stimato di circa 180 euro per le coppie senza figli e di oltre 300 euro per nuclei formati da 5 persone.

Meglio, secondo le diverse voci, ridurre anche l’Iva sul gas e sulla luce. Alla riduzione andrebbe anche associato un meccanismo di riduzione del prezzo per gli utenti, per evitare speculazioni da parte dei fornitori e dei colossi energetici.

Assoutenti si scaglia anche contro la Amazon tax, che verrebbe applicata alle consegne a domicilio. A questa sarebbero preferibili misure di sostegno per i piccoli negozi. Il “rischio concreto”, sottolinea l’associazione, sarebbe infatti quello di scaricare la tassa interamente sui consumatori finali, con l’incremento dei costi del servizio che non si tradurrebbe necessariamente in vantaggi per i commercianti presenti sul territorio.