Draghi, l’appello da Washington: “L’Europa si concentri su difesa e debito comune”

L'ex Premier in un discorso al Nabe prevede che la politica fiscale avrà un peso maggiore in Europa negli ultimi anni. Ecco cosa ha detto

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Mario Draghi ha partecipato a Washington il 15 febbraio come ospite alla 40ª conferenza annuale della National Association for Business Economics (Nabe). Durante l’evento, è stato insignito del premio Paul Volcker per la sua lunga e illustre carriera nella politica economica. E ha fatto un discorso che verteva sulla politica economica e sul futuro della politica fiscale europea.

Le parole di Draghi suggeriscono una visione piuttosto pragmatica dei complessi dilemmi economici e politici che le nazioni devono affrontare nell’era della globalizzazione. La sua chiamata a un’impostazione politica più inclusiva e cooperativa riflette la consapevolezza dell’importanza di rispondere alle crescenti aspettative della società e di adattarsi alle sfide del mondo moderno.

Le conseguenze della globalizzazione secondo Draghi

Il discorso di Mario Draghi è incentrato su come le aspettative iniziali sulla globalizzazione non siano state pienamente realizzate e sottolinea le conseguenze che ci sono state nell’ordine economico e politico mondiale. Infatti, sebbene la globalizzazione abbia portato a notevoli miglioramenti nella qualità della vita e in certi casi anche alla riduzione della povertà, ha anche creato squilibri commerciali e generato tensioni politiche e sociali.

L’ex premier ha osservato che la persistenza del libero scambio richiede regole internazionali condivise e che l’adesione a tali regole è stata ambigua da parte di alcuni attori principali. Ad esempio, la Cina non ha rispettato pienamente le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e ha accumulato eccedenze commerciali, mentre l’Europa ha seguito politiche economiche che hanno generato avanzi commerciali considerevoli: “Questa inadempienza era nota da anni: già nel 2003 si era notato che gli sforzi della Cina per l’attuazione dell’OMC avevano “perso un notevole slancio”, ma l’indifferenza ha prevalso e non è stato fatto nulla di concreto per affrontarla”.

Questi squilibri hanno avuto conseguenze economiche, sociali, politiche, e hanno portato a una percezione diffusa di essere stati “lasciati indietro” dalla globalizzazione, specialmente in occidente. In risposta a queste sfide, ci sono stati cambiamenti nei modelli di business e nelle relazioni internazionali, con una maggiore attenzione alla sicurezza degli approvvigionamenti e alla necessità di ridurre le emissioni di carbonio.

“Avremo bisogno di un cambiamento nella strategia politica generale”

Draghi ha sottolineato che per vedere dei cambiamenti a livello di economia internazionale è necessaria una riconsiderazione delle politiche economiche, con un ruolo più prominente per la politica fiscale nel fornire stabilità economica e nell’affrontare le sfide emergenti.

Ha suggerito che una strategia politica coerente dovrebbe prevedere una maggiore collaborazione tra politica fiscale e monetaria, con un’enfasi sull’investimento pubblico e sulla gestione delle aspettative di inflazione: “A breve termine, se la politica fiscale avrà uno spazio sufficiente per raggiungere i suoi vari obiettivi dipenderà dalle funzioni di reazione delle banche centrali. In prospettiva, se la crescita potenziale rimarrà bassa e il debito pubblico ai massimi storici, la dinamica del debito sarà meccanicamente influenzata dal livello più elevato dei tassi reali”.

Draghi ha proposto un approccio più integrato nell’Unione Europea per finanziare investimenti attraverso l’emissione di debito comune. Questa strategia consentirebbe di aumentare lo spazio fiscale complessivo dell’UE, alleviando così le pressioni sui bilanci nazionali. Inoltre, suggerisce che gli investimenti dell’UE, spesso a lungo termine, garantirebbero una maggiore coerenza nella politica fiscale, riducendo il rischio inflazionistico e consentendo alle banche centrali di avere prospettive di inflazione a medio termine più stabili.

In questo contesto è cruciale che le autorità fiscali definiscano percorsi di bilancio credibili, mentre le banche centrali dovrebbero concentrarsi sul mantenimento delle aspettative di inflazione come obiettivo primario, soprattutto in un contesto economico complesso in cui è necessario distinguere tra inflazione temporanea e permanente e valutare gli effetti inflazionistici della spesa pubblica.