Carne sintetica, un business mondiale da 25 miliardi di dollari dal quale l’Italia si sfila

Sono 110 le aziende che producono carne artificiale nel mondo: la maggior parte sono startup made in Usa, ma Israele e Paesi Bassi sono realtà degne di nota. In Italia l'unica azienda è a rischio chiusura

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

L’Italia chiude la porta alla carne sintetica con il no del Parlamento, prima al Senato e poi alla Camera. Alla carne artificiale si era opposto con tutte le sue forze il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in nome delle eccellenze alimentari del made in Italy, per tutelare allevatori e agricoltori e in nome del principio di precauzione.

Giro d’affari miliardario per la carne sintetica

Al momento il cibo sintetico ha ancora dei costi di produzione più elevati rispetto a quello tradizionale. Le startup lavorano su due fronti: dal punto di vista puramente industriale puntano a trovare tecniche di coltura innovative per abbassare i costi di produzione; dal punto di vista del marketing puntano ad aumentare il bacino di utenza così da incrementare la domanda e i profitti. I tradizionalisti fanno muro, ma le aziende che producono carne sintetica si rivolgono ai curiosi e a quella fetta di consumatori vegetariani e vegani che non mangerebbero mai prodotti derivati dalla macellazione.

Secondo il rapporto “Cultivated meat: out of lab, into the frying pan” (Carne coltivata, dal laboratorio alla padella) realizzato dalla società di ricerca McKinsey, la carne artificiale potrebbe dare vita a un mercato da 25 miliardi di dollari entro il 2030.
Gli analisti di AT Kearney ritengono che entro il 2040 il 35% di tutta la carne consumata nel mondo sarà un derivato delle cellule staminali, arrivando a superare il mercato dei surrogati a base vegetale che si fermeranno invece a coprire il 25% del mercato. La carne animale finirebbe così a occupare un fetta minoritaria del mercato globale.

Sono quasi 110 le società che in 25 Paesi si stanno attualmente occupando di carne artificiale, come riportano i dati del “Good Food Institute”. Quasi una trentina sono dislocate in Europa. In Italia c’è n’è una sola, la trentina Bruno Cell. Anzi: ce n’era: la legge recentemente approvata dal Parlamento finirà sul tavolo del presidente della Repubblica per la promulgazione, poi verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Dal 15esimo giorno successivo la Bruno Cell non avrà più la possibilità di produrre carne artificiale a scopo alimentare. Le alternative: chiudere, spostarsi all’estero o riconvertirsi in una società di ricerca.

Gli investimenti nel settore delle carni coltivate hanno raggiunto 1,38 miliardi nel 2021. Si tratta di un +71% rispetto al 2020 per un incremento complessivo di +410 milioni di dollari.

Fra i più famosi magnati che hanno investito nella carne di laboratorio si ricordano il papà di Microsoft Bill Gates, il patron di Virgin Richard Branson, il cofondatore di Google Sergey Brin, il cofondatore di PayPal Peter Thiel e Li Ka Shing, l’uomo più ricco di Hong Kong.

Stanno investendo nel mercato della carne sintetica colossi come Kellogg’s, JBS, Tyson Foods Cargill.

Quali nazioni investono di più in carne sintetica

Fra le aziende impegnate nel settore delle carni coltivate, ne troviamo alcune che producono direttamente il prodotto finito e altre, come la statunitense Biftek che puntano invece a fornire nutrienti derivati da attività di laboratorio affinché il processo di coltura delle cellule staminali diventi meno costoso.

Nel mercato della produzione della carne gli Stati Uniti dominano: oltre alla citata Biftek che ha sede nel Delaware troviamo Clever Carnivore con sede a Chicago, la newyorkese Edge Foods, Omeat con sede a Los Angeles, Tender Food di Boston, UPSIDE Foods con sede a a Berkeley, Tyson Foods in Arkansas, Eat Just a San Francisco e molte altre.

Ma un mercato potenzialmente globale ha attirato l’interesse di imprenditori globali. Fra le quasi 110 aziende che attualmente si occupato di carne sintetica ne troviamo alcune israeliane, fra cui: SupermeatMeatech3d, Eggmented Reality, ProFuse Technology che ha trovato il modo di tagliare i costi di produzione fino al 40% e Steakholder Foods che è fra le prime aziende ad essere riuscita a stampare la carne in 3D per conferirle la forma di una vera e propria bistecca.

In Cina c’è Jimi Bio e in Corea del Sud c’è TissenBioFarm e The Cell Meat. In Sudafrica c’è Mzansi Meat. In Nigeria SendMe, Inc.

Fra le europee, oltre alla già citata italiana Bruno Cell che attualmente si trova di fronte a un bivio troviamo Hoxton Farms e Animal Alternative Technologies con sede nel Regno Unito. C’è poi il caso olandese, dove il governo non solo ha dato il via libera alla carne coltivata, ma nel 2022 è intervenuto direttamente a sostegno del settore con uno stanziamento di 60 milioni di euro. I fiori all’occhiello dell’industria olandese della carne artificiale sono Mosa Meat e Nutreco, fra l’altro destinatarie di fondi milionari stanziati dall’Europa. Laboratori spuntano mese dopo mese in ogni parte del Vecchio Continente, in particolare in Francia (Umiami), Germania e Belgio (Tiamat Sciences).

L’elenco, del quale abbiamo presentato un breve estratto, è in costante e continuo aggiornamento.

Secondo i dati di Gfi Europe riferiti al 2021, le 10 nazioni capofila nel campo degli investimenti delle carni coltivate sono:

  1. Stati Uniti – 669 milioni di dollari;
  2. Israele – 475 milioni di dollari;
  3. Paesi Bassi – 57 milioni di dollari;
  4.  Singapore – 41 milioni di dollari;
  5. Regno Unito – 36 milioni di dollari;
  6. Sudafrica – 17 milioni di dollari;
  7. Cina – 11 milioni di dollari;
  8. Francia – 10 milioni di dollari;
  9. Germania – 9 milioni di dollari;
  10. Australia – 6 milioni di dollari.

L’Italia dice no alla carne in provetta

L’Italia è l’unico Paese dell’Unione europea ad avere intrapreso la strada della chiusura ai surrogati della carne prodotti in laboratorio. Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti invece premono sull’acceleratore: la carne artificiale è già stata messa a disposizione degli utenti, nei supermercati e in alcuni ristoranti. Ma quello della carne di laboratorio sta diventando un business mondiale e startup dislocate nei vari continenti hanno deciso di cimentarsi in quello che molti osservatori definiscono come un business dal quale non si potrà prescindere nell’immediato futuro.

Fake meat e clean meat: quali differenze

Prima di tutto occorre fare un chiarimento terminologico: la carne artificiale viene anche denominata carne sintetica, carne coltivata, carne in provetta, carne in vitro o clean meat, “carne pulita”: pulita perché non “sporcata” dal sangue e dalle sofferenze animali. Per questo tipo di carne si intende un prodotto creato in laboratorio partendo da cellule animali, senza l’uccisione ne l’allevamento di alcuna creatura.

La fake meat, letteralmente “carne finta”, è invece l’insieme di tutti quei prodotti vegetali che imitano la carne in forma, consistenza e sapore come ad esempio gli hamburger o le cotolette di soia e seitan.

Il Parlamento italiano ha proibito la produzione, importazione e vendita della carne artificiale e ha proibito anche l’utilizzo della parola “carne” per descrivere surrogati di origine vegetale.