Taglio accise sui carburanti, il governo dice no e incassa oltre 25 miliardi

L'Unem fa i conti in tasca al governo con previsioni di numeri da record per il 2024 sui guadagni sul mancato taglio delle accise sui carburanti

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Il mancato taglio delle accise sul carburante da parte del governo è un vero e proprio affare per l’esecutivo Meloni. Secondo i dati stimati dall’Unione Energie per la Mobilità (Unem), infatti, il gettito fiscale nel solo 2024 è già stato da record e viaggia spedito verso il risultato già ottenuto nel 2023. Numeri che, nelle previsioni dell’associazione, rischierebbero di mandare in fumo un risparmio alla pompa stimato in 186 milioni di euro per i consumatori.

Il governo dice no al taglio accise

Mentre il prezzo nelle stazioni di rifornimento cresce a vista d’occhio giorno dopo giorno, con i costi di un pieno che si fanno sempre più cari di settimana in settimana, da parte del governo sembra arrivare l’ennesimo no al taglio accise sui carburanti. Un altro rifiuto, da parte dell’esecutivo, che è stato sottolineato ancora una volta da ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.

La guida del Mimit, infatti, nel corso di un Question time alla Camera rispondendo alla deputata Maria Chiara Gadda sulla possibilità di un nuovo taglio ha escluso ogni possibilità. Perché? Perché secondo Urso il livello dei prezzi di oggi è “ben diverso” da quello ereditato dal precedente governo.

Se è vero che con Draghi la benzina arrivò a toccare il tetto dei 2,3 euro al litro, di certo oggi la situazione non è così lontana da quello scenario. Motivo per il quale il ministro ha deciso di calmare le acque anticipando una riforma nel settore della distribuzione. Un disegno di legge definito “riordino organico del settore” da Urso, che intende lavorare su tre linee direttrici.

La prima riguarda la regolamentazione del regime di autorizzazione per l’attività di distruzione dei carburanti, la seconda sulla tutela delle condizioni lavorative, per evitare abusi di dipendenza economica nel rapporto fra titolari e gestori degli impianti e la terza che punta a incentivare bonifica e riconversione di parte degli impianti verso l’elettrico.

Insomma, tutto fuorché quanto richiesto dagli italiani che intanto recandosi alle stazioni di rifornimento vedono crescere sempre di più il prezzo e diminuire, invece, le disponibilità nel portafoglio.

Quanto incassa il governo con le accise?

Nel solo 2023, secondo le stime di Staffetta Quotidiana, le accise sui carburanti sono aumentate del 39,9%. Un dato che ha portato nelle casse del governo ben 25 miliardi in più rispetto al 2022, con un aumento di 7 miliardi rispetto a un anno in cui era ancora in vigore il taglio concesso dal governo Draghi per il caro-energia dovuto alla crisi con la Russia.

E nel 2024? Il dato è parziale, perché l’anno è ancora in corso, ma si tratta di numeri che fanno risuonare forte il campanello d’allarme. Infatti, secondo i dati raccolti dall’Unem, tra gennaio e febbraio 2024 il gettito fiscale è stato pari a circa 6 miliardi, con 4 miliardi per le accise e più 2 miliardi di Iva. Rispetto al 2023 si tratta di una crescita di 270 milioni di euro sullo stesso periodo.

Aumento, spiega l’Unem, legato in primis dalla crescita dei consumi, salito oltre di oltre il 6% su anno. I prezzi dei carburanti alla pompa per il primo bimestre del 2024 sarebbero comunque in linea con quelli del 2023 dello stesso periodo, ma l’Italia, col 30% del prezzo influenzato dalle accise su benzina e del 34% su diesel, ha una delle tassazioni più alte in Europa che rischia di portare nelle casse dello Stato più di 40 miliardi di euro quest’anno.