Stop al bonus climatizzatori, mercato in picchiata nel 2024

Il bonus climatizzatori, così pensato come detrazione e non per reddito, avrebbe dato una mazzata al mercato dei macchinari di raffreddamento e riscaldamento

Foto di Luca Bucceri

Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Pubblicato: 22 Ottobre 2024 17:45

Lo stop al bonus climatizzatori, o per meglio dire l’inadeguatezza in certi casi degli incentivi, ha dato una mazzata al mercato dei macchinari per riscaldare o raffreddare gli ambienti. È quanto si evince dai dati di vendita del primo semestre in Europa, dove il mercato dei climatizzatori è crollato del 47% rispetto agli stessi dati del 2023. Le cause? A dire il vero sarebbero molteplici, con le misure d’aiuto in prima linea, seguite poi dal costo dell’energia troppo elevato rispetto al passato.

I guai del mercato

Lo stato di salute del settore dei climatizzatori, filiera strategica non di poco conto, è stato discusso nel corso dell’Heat pump day organizzato dalla lobby europea. Nel Vecchio Continente, dove si contano il 73% delle pompe di calore e climatizzatori, infatti, i macchinari hanno subito un netto rallentamento nelle vendite.

I dati, infatti, sono impietosi se paragonati a quelli del 2023. Tra gennaio-giugno 2024 e lo stesso semestre dell’anno precedente, infatti, il calo è stato del 47%. In Italia, che con la Germania è leader di nicchia, il calo è stato addirittura di 300.000 pompe.

Una situazione che preoccupa gli addetti ai lavori le cui previsioni non sono delle migliori. Le ricerche, infatti, sottolineano che senza un Piano d’azione europeo per le pompe di calore i 60 milioni di impianti sperati dall’Ue nel 2030 si limiteranno a 45 milioni, con l’effetto di maggiori emissioni di Co2 per 45 milioni di tonnellate.

Il problema degli aiuti

La discussione ruota ancora una volta attorno agli incentivi. I sussidi, riferisce il think tank Reform Institute in Europa, sarebbero infatti elargiti in maniera errata. Alla base dell’errore, sottolineano, ci sarebbe la scelta di preferire le generiche detrazioni fiscali anziché il reddito, portando di fatto soltanto i più facoltosi a permettersi l’accesso al bonus perché capaci di anticipare i costi e poter attendere i rimborsi, se e quando arriveranno.

In Italia, per esempio, il bonus prevedeva una detrazione fiscale del 50% per l’acquisto di un nuovo impianto, purché si trattasse di un sistema a pompa di calore con la doppia funzione di raffrescamento e riscaldamento. Per ottenere l’agevolazione il pagamento deve essere tracciato per poterlo portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno successivo. La fattura, però, deve includere l’acquisto e l’installazione (oppure si possono richiedere due fatture distinte) e avere l’attestato di conformità e il libretto dell’impianto, poiché l’installazione fai-da-te non è consentita.

“Senza correggere gli errori nelle politiche d’incentivo si rischia di peggiorare la povertà energetica e prolungare l’esposizione europea alla volatilità dei prezzi del gas, che mina la competitività” si legge nella ricerca, con un chiaro monito ai governi del Vecchio Continente.

E in Italia ad alzare la voce è Maurizio Marchesini, presidente di Assoclima, che sottolinea: “Serve un’informazione corretta, i giusti incentivi e una gestione oculata dei prezzi elettrici, ancora troppo alti rispetto al gas”.

Tutte le attenzioni sono quindi rivolte alle decisioni che saranno prese dal governo Meloni. Il settore, infatti, vuole capire se tramite ecobonus e bonus casa ci sarà qualcosa capace di smuovere il mercato, con nuovi incentivi inseriti in Manovra che potrebbero sorridere all’economia del settore.