Stop benzina-diesel 2035, torna tutto in gioco. Ecco perché

La strada in Ue è segnata e l'accordo è nero su bianco, ma le cosiddette 'tappe intermedie' rendono possibile uno slittamento in avanti della data.

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Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Pubblicato: 7 Novembre 2022 13:10

Stop motori termici in Europa dal 2035: l’accordo in Ue è stato trovato nei giorni scorsi, la strada ‘carbon free’ del vecchio continente è segnata. Ma al di là delle resistenze di alcuni paesi preoccupati per le ricadute sul comparto produttivo, non è affatto detto che sarà effettivamente il 2035 l’anno in cui non sarà più possibile omologare e commercializzare le automobili con motore termico, perché la transizione in corso è più complessa di quanto si possa immaginare – vedi lo standard Euro 7 che sarà probabilmente poco dissimile dall’Euro 6 – e ci saranno delle tappe intermedie, con valutazioni generali in corso d’opera, che potrebbero fare slittare più avanti il termine.

Il ‘freno d’emergenza’

Tappe intermedie che rappresentano un vero e proprio freno d’emergenza per tentare di tenere assieme tutto fra decarbonizzazione e proibabili impatti socio-economici nel campo dell’automotive. Il commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton, intervistato da Politico, ha infatti detto “che riconsiderare lo stop del 2035 non è un tabù” e che nel 2026 potrebbe entrare in funzione il freno di emergenza. Si tratta di una clausola di revisione da attivare eventualmente nel in quella data, che consentirà di posticipare se necessario la data di eliminazione dei motori a scoppio, oggi fissata per il 2035. Dunque, in presenza di particolari condizioni, il termine potrebbe essere posticipato.

Breton ha spiegato che “era molto importante avere una clausola di revisione in modo da avere il tempo di reagire se necessario, perché evidentemente si tratta di un passaggio gigantesco che dev’essere compiuto da un grande e importante settore industriale”. da un lato il Commissario ha insistito sul fatto che è lui per primo a volere il passaggio dalle auto a combustione alle elettriche, dall’altro ha enfatizzato il fatto che “è necessario un freddo realismo”. Breton ha detto che nel processo verranno distrutti circa “600.000 posti di lavoro. Non stiamo parlando solo delle grandi Case automobilistiche – che sicuramente ce la faranno – ma dell’intero ecosistema e della produzione di energia elettrica”.

Francia e Germania spingono per Plug in e E-fuel

E del resto Francia e Germania, oltre all’Italia, sono le prime interessate da quelle che potrebbero essere le conseguenze socio-economiche su un comparto chiave per i paesi in questione. Fra le richieste della Francia c’è il considerare la possibilità che le ibride plug-in potessero essere vendute anche dopo il 2035, mentre la Germania spinge sull’autorizzare alla vendita dei motori a combustione che funzionano con gli e-Fuel, quei combustibili sintetici creati unendo il carbonio catturato dall’atmosfera con l’idrogeno.

Filiera automotive

Breton ha anche messo l’accento sul fatto che per rendere possibile produrre tutte quelle auto elettriche “avremo bisogno di 15 volte più litio entro il 2030, quattro volte più cobalto, quattro volte più grafite, tre volte più nichel” rispetto a ora e quindi “avremo un consumo enorme di materie prime e dobbiamo studiare tutto questo, oltre al fatto che avremo bisogno di 150 GW in più di elettricità all’anno, ossia un 20/25% in più di rispetto all’attuale produzione europea”. A mancare, secondo il Commissario, sono anche i punti di ricarica: se l’obiettivo è di avere 30 milioni di veicoli elettrici al 2030 occorreranno circa 7 milioni di stazioni di ricarica: non solo oggi ce ne sono solo 350mila ma il 70% è concentrato in Francia, Germania e Olanda.

Infine Breton ha affermato che il suo team elaborerà una serie di criteri per valutare se il mercato dei veicoli puliti stia decollando, presumibilmente con l’intenzione di utilizzarli per informare il dibattito durante la revisione del 2026. In un incontro con la stampa, al quale ha partecipato anche Corriere della Sera, il commissario ha detto che questi criteri saranno elaborati da un gruppo composto da esponenti di industria, sindacati, consumatori e produttori di elettricità che si riunirà ogni tre mesi per fare il punto della situazione. Fra le altre idee espresse dal Commissario c’è quella di un fondo per finanziare la conversione del settore automotive: esso servirà per una transizione pilotata soprattutto in zone, come alcune “intorno a Torino e in Germania che sentiranno un forte impatto” dal passaggio all’elettrico.