Stop alle auto diesel e benzina, il piano del governo italiano per prorogare la data

Il governo italiano chiederà la proroga allo stop delle auto a diesel e benzina per permettere la creazione di un nuovo piano d’azione del Green Deal

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Tra i tanti temi di discussione all’interno del governo italiano c’è sicuramente lo stop alle auto a diesel e benzina previsto dal Green Deal Ue per il 2035. La linea dell’esecutivo di Giorgia Meloni è quella di intervenire per modificare le regole attuali, specie dopo che il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha annunciato che in occasione del vertice sul settore promosso dall’Ungheria, in programma il 25 settembre 2024, presenterà a Bruxelles la proposta formale di anticipare alla prima parte del 2025 la revisione sullo stop. Urso, si legga l’intero governo, ha dunque chiarito qual è il piano dell’Italia, fortemente preoccupata dall’ancora ampia incertezza sul tema, dai tempi lunghi di decisione europea e dell’impatto che tutto questo potrebbe avere sull’intero comparto produttivo automobilistico locale.

La richiesta di rinvio allo stop di auto diesel e benzina

“Bisogna agire subito – ha detto Urso riferendosi allo stop delle auto diesel e benzina previsto dal 2035 – perché tenere due anni il comparto nell’incertezza sul futuro significa bloccare completamente gli investimenti”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha voluto dunque mettere in chiaro la posizione del Paese, annunciando che il prossimo 25 settembre avanzerà una proposta ufficiale a Bruxelles per revisionare quanto prima la road map.

“L’auto non è un problema italiano, è europeo – ha aggiunto il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso – Il Green Deal così come è stato disegnato è fallito e l’industria europea è al collasso e non riesce a raggiungere i suoi obiettivi senza importanti risorse pubbliche”.

A sostegno del suo pensiero, il titolare del Mimit ha fatto riferimento a quanto si stia già verificando in altri Paesi europei, come la Germania, dove un colosso come Volkswagen “ha annunciato la chiusura di 2 stabilimenti”. “Se non vogliamo che gli operai invadano le strade delle capitali europee così come hanno fatto recentemente gli agricoltori – ha aggiunto Urso – bisogna decidere, non si possono aspettare 2 anni, restando nell’incertezza. È necessario rivedere tempistiche e modalità per il percorso verso l’elettrico”.

Il piano dell’Italia

La linea tracciata dal ministro Urso trova parere concorde anche in altri ministeri italiani interessati dallo stop alle auto diesel e a benzina. Per il titolare del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, “non siamo solo noi a esplicitare qualche dubbio sul tutto elettrico dal 2035”. “Adesso – ha aggiunto nel corso del suo intervento a Cernobbio – si è accorta anche la Germania e quindi immagino che saremo più fortunati. Il Green Deal lo fai con il cambio di modalità operativa e lavorativa”. L’Italia non dice dunque no al Green Deal in assoluto, ma chiede che vengano riviste le tempistiche e che, soprattutto, le scelte adottate dall’Ue non vadano a distruggere intere filiere fondamentali per l’economia.

La richiesta di rinvio dello stop

Le parole del ministro Adolfo Urso hanno trovato riscontro favorevole da parte delle associazioni di categoria fortemente preoccupate dall’impatto che potrebbero avere le decisioni Ue. Matteo Cimenti, presidente di Assogasliquidi-Federchimica, ha sottolineato in una nota che la decisione europea di “puntare su di un unico vettore per il futuro e imporre per legge il divieto di produzione delle auto a motore endotermico” rappresenti un errore e, per questo, ben venga la scelta del governo italiano di avanzare una proposta formale per modificare le scelte già prese.

“Stiamo vivendo un’emergenza che comincia ad avere effetti sociali notevoli – ha aggiunto Cimenti – Ha ragione il ministro Urso: non è possibile attendere il 2026 per effettuare una revisione di questa strategia che sta producendo effetti negativi per l’Europa. La revisione del bando ridarebbe slancio a un settore vitale dell’economia europea e consentirebbe all’industria di investire in ricerca”.