Putin ha perso la scommessa: a Samarcanda è rimasto solo

A dispetto dei toni delle comunicazioni ufficiali, nel vertice asiatico Vladimir Putin ha capito di non avere appoggi solidi né dalla Cina nè dall'India. E di essere un leader sempre più isolato.

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Se Vladimir Putin contava sul vertice di Samarcanda per rafforzare la prorpia posizione internazionale e dare linfa ad un fronte geopolitico opposto a quello Occidentale, il risultato finale è stato parecchio vicino al fallimento. Perché l’inflazione morde ovunque nel mondo e lo ‘Zar’ ha poputo percepire con chiarezza come quelli che in teoria sono suoi alleati si stiano invece sfilando, e una verifica in questo senso arriverà probabilmente nelle prossime ore con l’Assemblea delle Nazioni Unite.

Niente armi dalla Cina

Nella classica tradizione imperniata sulla prudenza, la Cina di Xi Jinping ha ribadito la propria amicizia costruttiva alla Russia, anche con la prospettiva di divenirne egemone. Ma Pechino ha ribadito la propria contrarietà all’invio di armi per la guerra in Ucraina, tanto che Putin si è dovuto rivolgere a Corea del Nord (per razzi e proiettili) e Iran (per i droni), da anni ai margini della comunità internazionale. La Cina non può permettersi di rischiare di perdere i mercati occidenatali finendo sotto sanzioni.

Non solo: lo stesso Xi Jinping, sulla strada per Samarcanda ha fatto tappa a Nursultan, la capitale kazaka, dove ha assicurato a Tokayev il sostengo della Cina alla difesa dell’indipendenza, pronunciandosi “contro ogni ingerenza esterna negli affari del vostro Paese”. Laddove l’unica ingerenza possibile è quella russa. E’ il sintomo del crescente malessere provocato dall’invasione dell’Ucraina nelle Repubbliche dell’Asia Centrale ex sovietica, nessuna delle quali ha mai riconosciuto l’annessione della Crimea.

Le critiche dall’India

L’India, che non aveva ancora condannato l’invasione russa in Ucraina ed ha anzi assorbito parecchio del mercato energetico esportato da Mosca, ha invece fatto sentire chiaramente la propria voce col premier Modi, che ha detto chiaramente a Putin che “questa non è un’era di guerra” e che la loro discussione doveva servire “ad avanzare su un percorso di pace”. Stesso spartito dalla Turchia, per voce di Erdogan. Ma è anche una posizione, quella di Nuova Delhi, che rafforza il Quad, il Quadrilateral Security Dialogue che vede protagonisti India, Stati Uniti, Giappone e Australia. Ed è una dinamica che può ripercuotersi anche sulla Cina, perché il riavvicinamento tra India e America mette oggettivamente in maggiore difficoltà il Dragone.

Come osserva all’Adnkronos Francesco Sisci, sinologo e profondo conoscitore delle dinamiche asiatiche, la “strigliata” a Putin è arrivata da un’India che “ha storicamente rapporti solidi con la Russia, acquista armi dalla Russia così come petrolio e materie prime a prezzi scontati”. Ed è arrivata, commenta, per un “motivo pratico, l’inflazione” perché, “al di là degli sconti che l’India può ottenere, c’è un’inflazione globale determinata dall’incertezza della guerra e dall’aumento generalizzato delle materie prime e del petrolio”.