Asili nido in crisi, il governo Meloni non riesce a garantire 1 posto ogni 3 bambini

Il governo Meloni rivede al ribasso gli obiettivi per gli asili nido nelle regioni del Sud, riducendo la copertura al 15%. La decisione fa fallire un altro obiettivo del Pnrr

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 23 Ottobre 2024 16:34

Il governo Meloni non riesce a raggiungere l’obiettivo del Pnrr per i posti negli asili nido. Il target di garantire un posto ogni tre bambini sotto i tre anni, già mancato nel 2010, sembra sempre più lontano, con il recente piano strutturale di bilancio che rivede al ribasso le promesse fatte. Una situazione che colpisce duramente le regioni del Sud e le Isole, dove il divario con il resto d’Italia si fa sempre più ampio.

Non ci sono posti negli asili nido

Nonostante gli impegni iniziali, il governo Meloni ha recentemente rivisto al ribasso gli obiettivi per la creazione di nuovi posti negli asili nido. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevedeva la creazione di 264mila nuovi posti per la fascia 0-6 anni, ma il numero è stato ridotto a 150mila.

Ora, con il nuovo piano inviato alla Ue, la situazione appare ancora più critica: a livello nazionale si conferma l’obiettivo del 33% di posti, ma a livello regionale il governo sembra invece accontentarsi di una disponibilità del 15%.

Infatti in regioni come Sicilia, Campania e Calabria, il diritto ad avere accesso a servizi educativi per l’infanzia sembra svanire, con una media di posti per bambini sotto i 3 anni che resta ben al di sotto del target del 33%.

Si conferma una disparità tra Nord e Sud, dove, secondo l’ultimo report Istat:

  • al Nord-est la disponibilità di posti per 100 bambini supera il 37%
  • nel Sud scende a meno del 18%

Sfuma l’obiettivo Pnrr del 33%

Ma qual era l’obiettivo del Pnrr? Il piano voleva garantire più posti negli asili nido, ma sembra ormai fallito. Nonostante i 3,2 miliardi di euro previsti per l’espansione dei servizi educativi per l’infanzia, con bandi e assegnazioni risalenti già al 2021, i ritardi e i problemi amministrativi stanno ostacolando la realizzazione di nuovi asili nido. Anche i 30mila posti aggiuntivi annunciati recentemente sembrano insufficienti per coprire le necessità.

Il governo aveva promesso che i progetti esclusi dal Pnrr sarebbero stati finanziati con risorse nazionali, ma la realtà descritta nelle tabelle allegate al Piano strutturale di bilancio è molto diversa. I tagli e la rimodulazione delle risorse rischiano di far sfumare l’obiettivo del 33% entro il 2026, allontanando ancora di più l’Italia dagli standard europei e penalizzando soprattutto le fasce più fragili della popolazione. A poco sembra servire il bonus Asilo nido, quando a mancare sono i posti.

La crisi dei posti nelle Isole e al Sud: cosa c’entrano i Lep

I tagli si scontrano infine con il tema dei Livelli Essenziali di Prestazione (Lep), che è centrale nella discussione sulla crisi degli asili nido, specialmente nelle regioni meridionali e insulari dove la mancanza di posti è una realtà ben più marcata rispetto al resto del Paese. Con l’ultima revisione del Piano Strutturale di Bilancio, il governo ha fatto una scelta che segna un netto spartiacque nelle politiche sociali per la prima infanzia: l’abbassamento del livello di Lep per l’accesso agli asili nido, riducendo al 15% la quota di posti disponibili nelle regioni del Sud.

Le senatrici del Partito Democratico, Susanna Camusso e Simona Malpezzi, hanno commentato duramente la decisione, sottolineando come questa scelta penalizzi soprattutto le aree più fragili del Paese:

Giorgetti sta tagliando gli asili nido al Sud. Purtroppo, è scritto nero su bianco in uno degli allegati al Piano strutturale di bilancio. Il diritto all’asilo nido, infatti, non sarà più del 33 per cento a livello regionale, ma scenderà al 15 per cento, contraddicendo quanto previsto dalla legge di Bilancio 2022, che fissava proprio al 33 per cento su base locale la disponibilità di posti con l’obiettivo di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido.

Secondo il nuovo piano, mentre a livello nazionale l’obiettivo del 33% resta valido, nelle regioni meridionali si stabilisce che il governo potrà accontentarsi di raggiungere solo il 15% di copertura. Questo abbassamento appare quindi all’opposizione non solo una questione di numeri, ma anche di volontà politica. Per le senatrici dem, si tratta di una decisione gravissima e nascosta tra le righe: Quella del governo Meloni è una scelta gravissima, peraltro nascosta in un allegato, che dimostra come a questo governo non interessi nulla di promuovere servizi educativi e di sostegno al welfare familiare, soprattutto nelle aree più fragili del Paese”.

Il ridimensionamento delle risorse per gli asili nido nel Sud sembra rientrare in una strategia più ampia legata alla riforma Calderoli sull’autonomia differenziata. Camusso e Malpezzi accusano inoltre il governo di smantellare uno dei pochi Lep definiti dal governo Draghi, aprendo la strada a nuovi livelli essenziali meno ambiziosi e sottofinanziati: “Il governo fa cassa sui bambini del Mezzogiorno: nel 2027 sarebbe dovuto arrivare un miliardo agli enti locali per attivare i servizi. Ma quelle risorse saranno tagliate, smantellando l’unico Lep che grazie al governo Draghi era stato definito e finanziato”.

Questa scelta non farà altro che ampliare le disuguaglianze tra Nord e Sud, rafforzando l’idea che l’Italia stia scivolando verso un modello di “autonomia differenziata”, dove il diritto all’educazione e ai servizi di base diventa una concessione legata al luogo di nascita. Camusso e Malpezzi concludono con una denuncia forte contro il governo: “Con questa scelta miserabile si apre la strada alla riforma Calderoli, visto che si priva il Sud di uno dei pochi Lep definiti e garantiti. Ma sappiamo bene che questo è proprio l’obiettivo della Lega, spalleggiata dai sedicenti patrioti e moderati”.