In Italia 3 milioni di ricchi pagano meno tasse, ma la patrimoniale resta tabù

In Italia il Fisco ha un problema: non è equo. Uno studio dimostra come fanno i ricchi a pagare meno tasse

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 9 Ottobre 2024 15:28

Si torna con insistenza a parlare di patrimoniale, in particolare di tipo “progressivo”. Ma è davvero la soluzione alla stortura del Fisco? Un recente studio ha spiegato come il sistema fiscale italiano avvantaggi i più ricchi: circa 3 milioni di cittadini con redditi superiori ai 450 mila euro l’anno pagano meno tasse. Mentre nel resto del mondo si discute su come tassare di più i super-ricchi, in Italia la patrimoniale resta un tabù.

Stortura fiscale all’italiana: cosa ci dice lo studio

In teoria, la Costituzione italiana prevede un sistema fiscale progressivo, secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità retributiva”. In pratica però questo principio sembra valere solo per la maggior parte dei contribuenti, ma non per tutti.

Uno studio, condotto da un gruppo di economisti delle Università Sant’Anna di Pisa e Bicocca di Milano, dimostra come il sistema fiscale italiano funzioni al contrario rispetto al principio costituzionale. Infatti per il 7% degli italiani più ricchi, ovvero circa 3 milioni di persone, l’aliquota effettiva decresce anziché salire.

In altre parole: man mano che i redditi aumentano, la percentuale di tasse che i più ricchi pagano sul loro reddito diminuisce, contrariamente a ciò che ci si aspetterebbe da un sistema fiscale progressivo.

Per chi possiede patrimoni superiori a 15 milioni di euro, lo 0,1% più ricco, l’aliquota precipita a poco più del 30%, inferiore a quella pagata da chi guadagna 30mila euro l’anno. Un paradosso che diventa ancora più evidente se si considera la pressione fiscale complessiva sui lavoratori dipendenti della classe media, che rimane costantemente alta, con un’aliquota effettiva superiore rispetto a quella di chi può permettersi di vivere di rendite finanziarie.

Ricchi per peso di rendite finanziarie ed eredità

Uno dei principali fattori che contribuiscono a questa distorsione è il peso crescente delle rendite finanziarie per i più ricchi. Investimenti in azioni, obbligazioni e fondi, infatti, vengono tassati con un’aliquota fissa del 26%, indipendentemente dall’ammontare complessivo della ricchezza generata. È questo il sistema che favorisce coloro che possono permettersi di investire grandi somme di denaro e ottenere rendimenti consistenti, mentre la classe media rimane intrappolata in un sistema di imposte progressive sui redditi da lavoro.

Un ulteriore squilibrio si manifesta anche nella tassazione delle eredità. In Italia, la tassa di successione è tra le più basse d’Europa e presenta esenzioni molto ampie.

In altre parole la grande ricchezza accumulata nel corso degli anni viene trasferita ai loro eredi con un’imposizione minima, contribuendo ulteriormente alla concentrazione della ricchezza nelle mani di poche famiglie. A differenza di altri Paesi europei, dove le eredità vengono tassate in modo più aggressivo, l’Italia offre ampie agevolazioni fiscali, creando un sistema che non solo non redistribuisce la ricchezza, ma la rende ancora più inaccessibile per le generazioni più giovani.

Come funziona in Ue ed extra-Ue

Mentre in Italia il dibattito sulla patrimoniale è quasi inesistente, nel resto del mondo si discute attivamente su come affrontare l’iniquità fiscale. Il presidente brasiliano Lula ha posto la tassazione dei ricchi come una delle priorità del suo governo, anche all’interno delle discussioni del G20. Negli Stati Uniti, la candidata democratica Kamala Harris ha proposto di aumentare la tassazione sulle grandi ricchezze per ridurre il divario di classe e persino il premier francese Michel Barnier, di orientamento conservatore, ha preso in considerazione l’idea di introdurre una patrimoniale per stabilizzare le finanze pubbliche della Francia.

Nonostante queste proposte, i risultati a livello internazionale sono ancora piuttosto limitati. Anche gli sforzi per introdurre una tassazione globale delle multinazionali, che mirava a colmare le lacune fiscali su scala globale, non hanno ancora prodotto i risultati sperati.

È però evidente che il tema della redistribuzione della ricchezza attraverso il sistema fiscale è presente in molte agende politiche, a differenza dell’Italia, dove rimane marginale come proposte provenienti da un’opposizione poco ascoltata.

La patrimoniale è davvero utile?

Insomma, per risolvere questa “distorsione”, gli economisti che hanno lavorato allo studio propongono l’introduzione di una patrimoniale progressiva per colpire in maniera mirata i grandi patrimoni. L’idea sarebbe quella di applicare un’aliquota variabile dallo 0,38% all’1,93%, a seconda della ricchezza, sui patrimoni dei 3 milioni di italiani che oggi vedono le loro aliquote decrescere.

La misura, secondo le stime, non solo ristabilirebbe la progressività del sistema, ma avrebbe anche un impatto positivo sulle finanze pubbliche. Si calcola infatti che una patrimoniale di questo tipo potrebbe generare decine di miliardi di euro di gettito aggiuntivo per lo Stato, risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare politiche sociali, ridurre la pressione fiscale sui lavoratori o migliorare i servizi pubblici.

L’idea di una patrimoniale è vista come un tabù dal punto di vista politico. Molti partiti, sia a destra che a sinistra, temono che una misura di questo tipo possa essere sentita come un attacco diretto alla ricchezza, scatenando reazioni negative sia dall’elettorato sia dalle aziende. Il timore principale è la fuga dei capitali.

Non a caso uno dei principali argomenti contro l’introduzione di una patrimoniale o di un aumento delle imposte sulle rendite finanziarie è il rischio che i grandi capitali possano “fuggire” all’estero, cercando rifugio in Paesi con una tassazione più favorevole. Un timore, questo, che ha spinto molti governi (compreso quello italiano) a evitare misure troppo aggressive nei confronti dei super-ricchi.

Negli ultimi anni, però, tale timore è stato smontato. A livello internazionale sono stati fatti passi avanti per garantire la trasparenza fiscale e lo scambio di informazioni tra Paesi. Anche paradisi fiscali tradizionali come la Svizzera hanno iniziato a collaborare attivamente, rendendo di fatto più difficile per i grandi capitali spostarsi inosservati da una giurisdizione all’altra.

Il governo Meloni chiede sacrifici, ma solo ad alcuni

Il recente intervento del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha accennato alla necessità di “sacrifici per tutti” per mantenere l’equilibrio di bilancio, ha scatenato una violenta reazione all’interno della stessa maggioranza di governo.

Infatti, nonostante le difficoltà nel far quadrare i conti pubblici, il governo continua a puntare su misure di riduzione fiscale, anche a scapito di tagli ad agevolazioni importanti per le imprese.

La patrimoniale, invece, rimane una soluzione completamente fuori dal tavolo delle trattative, anche se potrebbe rappresentare una via per risolvere i problemi strutturali del sistema fiscale italiano e rendere il fisco più giusto ed equo.