Parmigiano Reggiano vince la battaglia contro i conservanti. Grana Padano dovrà cambiare etichetta

Il Grana Padano non è un formaggio "senza conservati": ecco la vittoria del Parmigiano Reggiano, che ha fatto annullare una circolare del ministero della Salute

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nella sfida tra il Consorzio di Tutela Parmigiano Reggiano e il ministero della Salute, il primo ha messo a segno una vittoria non di poco conto. Il tema è quello del lisozima, che è presente esclusivamente nel Grana Padano Dop. In nessun caso potrà essere qualificato come coadiuvante tecnologico. Resterà, dunque, indicato come conservante. Vediamo però nel dettaglio di cosa stiamo parlando.

Formaggio senza conservanti

A esprimersi in favore del Consorzio di Tutela Parmigiano Reggiano è stato il Tar del Lazio. Si fa riferimento al ricorso presentato nell’ormai lontano 2018 nei confronti di una circolare del ministero della Salute. In questo documento si definiva il lisozima nel Grana Padano Dop un coadiuvante tecnologico. Perché ciò è importante? Il motivo è semplice. La definizione era stata studiata per poter etichettare il formaggio come “senza conservanti”, ma il Tar del Lazio ha indicato il lisozima come conservante, appunto.

Cos’è il lisozima

Dinanzi a questa sentenza, è necessario comprendere cosa sia il lisozima. Si tratta di un enzima dotato di attività battericida. Lo si adopera ormai da decenni, al fine di contrastare determinati batteri, come il Clostridium tyrobutyricum, ma non solo. Tiene alla larga anche altre forme di contaminazioni microbiologiche.

Considerando come si consigli sempre di leggere attentamente le etichette, ecco un’informazione utile: il lisozima è presente nell’albume d’uova di gallina (oltre che nel latte materno) e quando viene estratto, va sotto la sigla E1105.

Grana Padano e Parmigiano Reggiano

Se si guarda al disciplinare del Grana Padano Dop, si legge come venga ammesso l’uso di lisozima. L’unica eccezione è data dal Trentingrana, e comunque si registra un massimo di 2,5 g per 100 km di prodotto realizzato.

È questa la principale differenza tra i due storici formaggi italiani, anche se spesso, in fase d’acquisto, l’utente finale tende a confonderli o ritenerli identici. Il Parmigiano Reggiano Dop non fa uso di lisozima e si è così aperta una lotta per il rispetto della giusta etichetta, modificata dopo quella circolare del ministero della Salute.

Risale all’8 maggio 2018 ed esprimeva parere favorevole all’istanza presentata dal Consorzio Grana Padano, che chiedeva di riclassificare il lisozima. Sull’etichetta, dunque, sarebbe sparita (e così è accaduto) la dicitura conservante. Si è così scatenata una guerra tra due marchi storici del made in Italy.

Posta così, però, può sembrare quasi una manovra del ministero per favorire uno storico produttore, ma tutt’altro. La scelta è stata ovviamente basata su pareri scientifici, che dimostravano una precisa azione del lisizima, quella di “pilotare” le fermentazioni in maniera corretta, impedendo la formazione di microrganismi che avrebbero alterato le maturazioni.

Il ricorso presentato al Tar, però, ha svelato dettagli poco chiari. Iniziamo dal fatto che l’amministrazione sanitaria abbia negato al Consorzio Parmigiano Reggiano l’accesso agli atti del procedimento. Si parla inoltre di un parere del Consiglio Superiore di Sanità, che sarebbe stato però soltanto dedotto dal ministero, a sostegno di tale circolare.

Per la sentenza, tale circolare contrasta con il principio di sicurezza alimentare, che viene tutelato a livello comunitario nell’Unione europea. Per le istituzioni comunitarie dell’Ue il lisozima resta un additivo conservante, il che chiude la questione.