Scontro tra Governo e Bce sull’oro di Bankitalia, spunta il compromesso

Braccio di ferro sull'oro italiano: il Governo vuole che venga gestito dallo Stato mentre Bce e Banca d'Italia frenano. C'è il compromesso

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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L’oro deve tornare alla patria: ne è convinta la maggioranza a trazione Meloni che, con un emendamento alla Manovra proposto da Fdi e sostenuto dalla Lega, punta a sancire per legge che “le riserve auree appartengono al popolo italiano e sono gestite in autonomia dalla Banca d’Italia”. La Banca centrale europea è in allerta ed è pronta ad alzare le barricate in caso di passi falsi.

La prima versione dell’emendamento prevedeva che le riserve auree fossero dello “Stato italiano”. Una dicitura che a Francoforte è stata considerata ambigua e potenzialmente lesiva dell’indipendenza operativa della banca centrale nazionale, garantita dai trattati Ue e dallo Statuto del Sistema europeo delle banche centrali.

Il caso oro, la Bce e Bankitalia

Il parere della Bce è stato netto: la finalità della norma non era chiara e poteva mettere a rischio l’esercizio indipendente delle funzioni di Bankitalia.

Nonostante ciò, la maggioranza: Fratelli d’Italia ha rivendicato un impegno politico storico sul tema, mentre la Lega, con il senatore Claudio Borghi, ha annunciato pieno sostegno ricordando che la formulazione riprende una sua proposta di legge del 2018. La nuova stesura, destinata a essere approvata in Manovra, ammorbidisce la prima versione con una formula che consente alla maggioranza di rivendicare un risultato politico senza modificare il regime giuridico vigente.

La Banca d’Italia, pur mantenendo un profilo istituzionalmente prudente, non ha mai lasciato dubbi sulla paternità e sulla funzione dell’oro: le riserve appartengono all’Istituto, fanno parte integrante delle sue attività ufficiali e rappresentano un presidio tecnico di stabilità finanziaria. La loro gestione è sottratta a ogni forma di utilizzo politico o contabile da parte dei governi.

Opposizione all’attacco

L’opposizione è andata immediatamente all’attacco: il capogruppo del PD Francesco Boccia ha denunciato i rischi di destabilizzazione, ricordando che “l’oro della Banca d’Italia non è un salvadanaio del governo”, è “un presidio tecnico di stabilità”. E ancora: “FdI e Lega dovrebbero sapere che la sola discussione pubblica su un eventuale utilizzo politico dell’oro nazionale è già di per sé destabilizzante”.

Cambiare tutto per non cambiare niente (per ora)

La trattativa delle ultime settimane ha avuto come protagonista anche Palazzo Chigi, intenzionato a trovare una formulazione che evitasse uno scontro aperto con Bce, Commissione europea, Tesoro e Bankitalia. Il compromesso finale consente alla maggioranza di issare una bandierina identitaria senza alterare l’assetto delle competenze.

In realtà l’emendamento non modifica né la proprietà effettiva delle riserve, che sono già chiaramente assegnata a Bankitalia, né le sue funzioni, che restano regolate dal quadro comunitario. Nulla cambierà per i cittadini, nulla cambierà nella gestione dell’oro, nulla cambierà nei rapporti tra Bankitalia e Bce.

L’opposizione teme che questo passo simbolico possa essere l’antipasto di un futuro passo più pragmatico con il quale un futuro governo possa puntare a mettere le mani sull’oro italiano in caso di crisi.

Quanto oro ha l’Italia

Nonostante la crisi economia l’Italia naviga nell’oro, letteralmente: le riserve auree della Banca d’Italia ammontano a 2.452 tonnellate, per un valore stimato tra i 274 e i 300 miliardi di euro.

L’Italia è il quarto detentore mondiale di riserve auree, dopo Fed, Bundesbank e Fmi. Il portafoglio è custodito per il 44% in Italia e per il resto tra Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera, seguendo una logica di diversificazione e sicurezza adottata da tutte le principali banche centrali.

L’oro italiano ha attraversato vicende storiche drammatiche: dalla campagna “Oro alla Patria” spinta da Mussolini nel 1935, con la quale agli italiani si chiese di donare le fedi nuziali e i gioielli in cambio di un anellino in ferro (oggi si trovano su eBay a pochi euro), alle razzie naziste del 1943, al prestito garantito alla Bundesbank nel 1976, fino ai contrasti del 2009 quando la Bce respinse la proposta italiana di tassare le plusvalenze. Oggi l’oro rappresenta uno degli asset più strategici della stabilità finanziaria nazionale e mondiale.

E per i privati, come è noto, investire in oro è una delle scelte più gettonate in caso di instabilità geopolitica.