Ritorno del nucleare in Italia: Governo già in contatto con le aziende per le prime centrali

Il Governo sta preparando il ritorno al nucleare in Italia: contatto con le aziende per la costruzione delle prime centrali

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il Governo italiano starebbe lavorando alla creazione di una società per la costruzione di impianti nucleari di nuova generazione in Italia. Si tratterebbe del terzo programma nucleare civile italiano, dopo il primo terminato con il referendum del 1987 e il secondo bloccato sul nascere dalla consultazione popolare del 2011. Tre aziende sarebbero già state contattate per far partire il progetto ma l’esecutivo starebbe cercando anche un partner privato estero.

Diversi i problemi da superare per il ritorno del nucleare in Italia. Oltre all’individuazione dei siti in cui costruire le centrali e quello per il deposito nazionale delle scorie, il Governo dovrà anche aggirare i due referendum che hanno fermato i precedenti programmi nucleari. Le opposizioni potrebbero poi ricorrere a nuove consultazioni per bloccare la costruzione delle centrali.

Il Governo lavora al nucleare: tre aziende coinvolte nel progetto

Il Governo di Giorgia Meloni avrebbe preso contatti con tre aziende italiane per formare una nuova società che si concentri sulla costruzione di centrali nucleari in Italia. Lo riporta Bloomberg, che ha anche diffuso i nomi delle tre compagnie coinvolte dall’esecutivo.

  • Ansaldo Nucleare. Controllata da Ansaldo Energia, a sua volta in mano allo Stato per una quota di maggioranza posseduta da Cassa Depositi e Prestiti, è specializzata nella costruzione all’estero di centrali nucleari di terza generazione raffreddate ad acqua.
  • Newcleo, società fondata recentemente a Torino specializzata nella progettazione di SMR, piccoli reattori modulari, tra le tecnologie più promettenti per lo sviluppo delle centrali nucleari a fissione.
  • Enel, ex monopolista dell’energia elettrica in Italia ora partecipata per circa il 20% del ministero dell’Economia che farebbe da riferimento per la distribuzione dell’energia prodotta.

La nuova società che dovrebbe essere fondata da queste realtà avrebbe però anche bisogno di un partner internazionale che il Governo sarebbe cercando. La presenza di Newcleo suggerisce che il progetto dell’esecutivo sia quello di diffondere nel nostro Paese impianti composti da SMR, che possono essere costruiti più rapidamente e gestiti più facilmente di una centrale nucleare tradizionale.

Gli investimenti necessari per la costruzione di un impianto anche di nuova generazione sono infatti molto lungi. Si attestano solitamente attorno ai 10 anni, con costi che vanno a toccare anche le decine di miliardi di euro. Un impianto a SMR invece costa circa tra 1 e 2 miliardi di euro.

Si tratterebbe del secondo tentativo dell’Italia di creare un programma di produzione di energia elettrica tramite la fissione dell’uranio. Il primo, cominciato negli anni ’60, comportò la costruzione di 4 centrali nucleari che furono però spente nel 1987, a seguito del referendum abrogativo seguito al disastro di Chernobyl.

Il secondo tentativo fu fatto dal Governo Berlusconi IV, nel 2008. L’esecutivo di centrodestra riuscì a creare un impianto legislativo che aggirasse il referendum del 1987 e ponesse le basi per la costruzione di 10 centrali nucleari che arrivassero a coprire il 25% del fabbisogno energetico italiano, allora quasi interamente dipendente dai combustibili fossili. Il disastro di Fukushima nel 2011 però causò un’ondata di preoccupazione nell’opinione pubblica e un altro referendum bloccò il progetto sul nascere.

Le dichiarazioni di Salvini e del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin

Di energia nucleare in Italia il Governo era già tornato a parlare durante il Forum Ambrosetti di Cernobbio, uno degli incontri a tema economico più importanti in Italia. Nella giornata di domenica il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha dichiarato che: “Con partnership tecnologica straniera, che consenta di produrre a breve in Italia il nucleare di terza generazione avanzata”.

Il ministro dell’Ambiente e delle Politiche Energetiche Gilberto Pichetto Fratin aveva poi confermato, in un’intervista al quotidiano Il Corriere della Sera, che il Governo starebbe lavorando a una legge per reintrodurre il nucleare in Italia: “Entro fine anno presenteremo il disegno di legge, che conterrà la normativa primaria e dove saranno previsti i soggetti regolatori. L’impegno è di approvare il disegno di legge con le deleghe nel 2025” ha dichiarato il ministro.

“C’è interesse da parte di aziende francesi e americane, ma vorrei un nucleare che abbia come motore il sistema industriale italiano, senza chiudere a partnership internazionali. Stiamo lavorando per mettere a sistema le competenze italiane. Abbiamo Enel, Ansaldo e una serie di altre imprese che possono far parte di un pool” aveva poi anticipato il ministro dell’Ambiente.

Uno dei maggiori sostenitori del ritorno del nucleare in Italia al Governo è il leader della Lega Matteo Salvini: “Conto che nei prossimi giorni arrivino notizie positive da parte del governo sul dossier nucleare” perché “Sono assolutamente convinto della sua necessità e dell’urgenza. Siamo circondati da reattori, con aziende italiane come Enel che stanno gestendo nucleare in tanti paesi europei ma non in Italia. È un suicidio, un non senso, una follia” ha dichiarato sempre a Cernobbio il ministro dei Trasporti.

Il problema dei referendum e del deposito nazionale delle scorie

Nelle sue dichiarazioni, il ministro Salvini ha anche toccato il tema di eventuali referendum abrogativi, dicendosi sicuro che questa volta l’approvazione popolare ci sarà. In passato infatti per ben due volte, nel 1987 e nel 2011, il programma nucleare civile italiano è stato bloccato da consultazioni popolari. In entrambi i casi però si trattò di vittorie risicate del “Sì” all’abolizione (80% e 70% dei due quesiti del 1987 con il 65% di affluenza e 94% con il 54% di affluenza nel 2011), sull’onda di eventi traumatici legati al nucleare come quelli di Chernobyl e Fukushima.

Aggirare i due quesiti non dovrebbe essere particolarmente complesso per l’esecutivo dal punto di vista normativo, dato che il primo è già stato superato una volta e il secondo è specifico delle norme del 2008-2011. Un nuovo referendum inoltre non dovrebbe avere la spinta nell’opinione pubblica che ebbero i due precedenti. I sondaggi a riguardo variano fortemente nei risultati. Uno SWG del 2023, commissionato per l’evento iWeek, solo il 26% contrario al ritorno del nucleare, il 20% favorevole a priori e il 54% favorevole a patto che si tratti di ultime tecnologie costruite lontano dalla propria abitazione. Un altro sondaggio Ipsos del 2024 commissionato da Legambiente invece mostrerebbe che il 75% degli italiani è contrario.

Il tema dei movimenti “Nimby” (acronimo che sta per il termine inglese “Not In My Back Yard“, letteralmente “Non Nel Mio Cortile”, che descrive le associazioni che si oppongono alla costruzione di infrastrutture vicino alle proprie zone di residenza) ha già condizionato una parte del nucleare italiano: la gestione delle scorie. Da oltre 30 anni i rifiuti prodotti in passato dalle centrali nucleari ormai dismesse e ogni giorno dagli ospedali e dai centri di ricerca sono stoccati all’interno di una ventina di diversi depositi sparsi in tutto il Paese. Una situazione che comporta costi di manutenzione molto alti e che potrebbe essere risolta con la costruzione di un deposito di scorie nazionale. Nessun Comune ha però dato la sua disponibilità alla costruzione di una struttura di questo tipo.