Modifiche PNRR: vincono le imprese, sacrificati Comuni e Sanità

La rimodulazione del Piano ha visto una vera e propria faida fra i ministri. Ma a pagare il conto saranno i sindaci, privati di 10 miliardi anche per i cantieri già avviati.

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Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Vista l’oggettiva impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati, sono state apportate modifiche e introdotte 145 nuove misure e investimenti al PNRR, rispetto alle 385 originariamente previste. Circa 20 di queste misure sono state escluse dal piano e saranno finanziate attraverso altri fondi. Ma la rimodulazione non è stata indolore: in seno al governo c’è stato un serrato confronto fra i ministri, che ha visto infine vinti e vincitori. Tra i primi certamente Confindustria e i ministeri dei Trasporti e dell’Agricoltura, tra gli sconfitti il ministero dell’Ambiente e soprattutto i Comuni, cui verranno sottratti circa 10 miliardi che avranno un impatto tangibile su cantieri e Sanità.

Il perché della rimodulazione

Dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che comprende un totale di 250.000 interventi individuali, sono stati esclusi i progetti che correvano il rischio di non essere completati entro la scadenza del 2026. Esclusione che ha riguardato principalmente progetti di dimensioni ridotte, tra cui le opere di rigenerazione urbana dei comuni e interventi legati al dissesto idrogeologico. Altri progetti sono stati esclusi perché, pur essendo già in corso, rischiavano di non rispettare i criteri ambientali stabiliti. Inoltre, alcuni interventi sono stati scartati in quanto non avrebbero soddisfatto i requisiti di ammissibilità e rendicontabilità, come nel caso di progetti sulla viabilità che ammontano a circa 1 miliardo di euro.

Nuovo PNRR: chi ci guadagna

L’aumento da 4 a 6,3 miliardi della dote di Transizione 5.0 per i crediti d’imposta alle imprese green e digitali è certamente un incasso per Confindustria. Che ottiene un risarcimento considerevole dopo le critiche mosse dal presidente Bonomi: 12,4 miliardi per l’industria e le pmi. Nel pacchetto entrano anche 2,5 miliardi per le filiere strategiche, su diretta pressione del ministro delle Imprese. I fondi gestiti dall’Agricoltura passano da 3,6 a 6,5 miliardi, grazie soprattutto agli oltre 2 per i contratti di filiera. Premiato anche il dicastero di Matteo Salvini: 1 miliardo per la rete idrica, altrettante risorse per il trasporto regionale e fondi per il potenziamento di alcune linee ferroviarie al Nord.

Nuovo PNRR: chi ci perde

Il ministero dell’Ambiente perde i 300 milioni per la produzione di biocarburanti, e deve ingoiare taglio da 1 miliardo per la riconversione dell’ex Ilva di Taranto, già acquisito a fine luglio. Sono però i Comuni i grandi sconfitti, ai sindaci vengono infatti sottratti 10 miliardi. Per i 7.000 comuni italiani che hanno già presentato migliaia di progetti inseriti nel piano di ripresa e resilienza un problema non secondario. Senza nuovi fondi alternativi – promessi dal governo – si bloccheranno i tanti lavori già in corso e si fermeranno le gare, molte delle quali già espletate.

Allarme Sanità

Nella versione rivista del PNRR viene ridotto il numero di posti letto per terapia intensiva da realizzare sempre entro il giugno del 2026, passando dagli originari 7.700 a 5.992. Tagli anche sull’edilizia sanitaria, mentre aumenta il numero della soglia di pazienti che dovranno essere assistiti con la telemedicina, che salgono da 200mila a 300mila. Va inoltre aggiunta la proroga di due anni, dal 2024 al 2026 del termine per l’entrata in funzione di oltre 3mila nuove apparecchiature diagnostiche.

Aumento agli statali, ma non ai dipendenti comunali

Il taglio di risorse ai Comuni si riverbera anche sul previsto aumento in busta per gli statali. Esclusi dalla “una tantum” i dipendenti comunali e quelli provinciali. Per loro dovrebbero essere i Comuni e le Province a stanziare le risorse necessarie al versamento dell’anticipo in busta paga, ma mancano le risorse. Il presidente Anci Antonio De Caro non ha fatto mancare la propria voce critica: “Non abbiamo certamente chiesto noi di spostare quelle risorse sul RepowerEu, né nessuno può dire che i comuni sono in ritardo: abbiamo rispettato sia tutte le milestones europee sia tutti i monitoraggi intermedi che ci ha chiesto il ministero, per cui ora non capisco proprio come ci si possa accusare di non poter rispettare la scadenza del 2026″.