Oro, nuovo record storico, vale 2.500 dollari l’oncia: perché continua a crescere

L'impennata dell'oro di quest’anno si lega all’attesa di un taglio dei tassi negli Stati Uniti e all'escalation della Guerra in Medio Oriente

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Redazione

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L’oro supera per la prima volta la soglia dei 2.500 dollari all’oncia, trainato dalle aspettative di una politica monetaria più accomodante da parte delle banche centrali, in particolare della Federal Reserve.

Il metallo prezioso, considerato un bene rifugio per eccellenza, ha registrato un incremento di oltre il 20% quest’anno, grazie agli acquisti delle banche centrali e dalla crescente domanda in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche. A metà pomeriggio, il prezzo dell’oro a Parigi era in rialzo dell’1,27%, attestandosi a 2.488,10 dollari per oncia.

Nuovo record per l’oro: dal taglio dei tassi alla guerra in Medio Oriente

A luglio di quest’anno, il metallo prezioso ha raggiunto la sogna dei 2.487 dollari, dopo aver messo a segno un progresso del 6%. A influire in quel caso la notizia del fallito attentato all’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha fatto balzare non solo il prezzo dell’oro, ma anche del dollaro e dello yen.

A influire sull’impennata di questo mese è la pubblicazione dei dati sui permessi di costruzione negli Stati Uniti a luglio, inferiori alle attese, che ha innescato una reazione a catena sui mercati. Gli investitori, preoccupati per il rischio di una recessione negli Usa, hanno iniziato a scommettere su un allentamento della politica monetaria da parte della Federal Reserve. Questo ha reso l’oro, un asset senza rendimento, ancora più attraente.

L’escalation della guerra in Medio Oriente, in particolare la situazione a Gaza e le minacce iraniane, è un fattore che esercita una forte pressione sui mercati finanziari. Nonostante i tentativi di mediazione per raggiungere una tregua, la persistente instabilità nella regione continua a alimentare la domanda di questo metallo prezioso, come evidenziato dall’analista Carsten Fritsch di Commerzbank.

La corsa di Cina e Russia

Un aumento del possesso di oro nei paesi emergenti potrebbe scatenare una vera e propria corsa all’oro a livello mondiale. Se questi paesi incrementassero la loro quota di riserve auree dal 5% attuale al 10%, la domanda globale subirebbe un’impennata del 75%.

La Cina, già primo produttore e importatore al mondo, guida questa tendenza: nel 2023 ha acquistato ben 225 tonnellate d’oro, portando le sue riserve a oltre 2.200 tonnellate, un aumento di oltre cinque volte rispetto al 2000.

In particolare, i giovani cinesi tra i 25 e i 34 anni stanno guidando questa crescita, preferendo l’oro come investimento sicuro al settore immobiliare, in difficoltà a causa della recente crisi. La domanda crescente del metallo prezioso in Cina è un segnale di come l’oro sia sempre più visto come una riserva di valore stabile e liquida, soprattutto in contesti economici incerti e caratterizzati da alta inflazione.

Anche la Russia sta attuando una strategia ambiziosa per aumentare le sue riserve auree, acquistando in media 56 milioni di dollari in oro al giorno. Questo accumulo massiccio, iniziato nel 2013, mira soprattutto a proteggere l’economia russa da eventuali shock esterni.

L’oro, infatti, è considerato una riserva di valore sicura e liquida, in grado di diversificare i rischi e di ridurre la dipendenza dal dollaro. Per aggirare le sanzioni imposte dall’Occidente, la Russia sta vendendo parte del suo oro agli Emirati Arabi Uniti, che hanno notevolmente incrementato le proprie importazioni di questo metallo prezioso.