La Manovra punta a riscrivere il Piano Transizione 5.0 al fine di alleggerire gli oneri amministrativi per le imprese e accelerare l’attuazione degli investimenti.
Ma mentre le modifiche procedurali e l’aggiornamento della lista dei beni agevolabili sono sostanzialmente definiti, resta aperto il problema dei problemi: trovare le coperture per garantire il prolungamento del piano oltre il 2026.
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Cos’è il Piano Transizione 5.0
In estrema sintesi, il Piano Transizione prevede crediti d’imposta per le imprese presenti sul territorio italiano che effettuano nuovi investimenti nell’ambito di progetti di innovazione che comportano una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva non inferiore al 3% o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5%.
Il Piano Transizione 5.0 in Manovra, cosa potrebbe cambiare
Il disegno di legge di Bilancio prevede una revisione sostanziale del meccanismo di accesso agli incentivi 5.0, con la novità più significativa rappresentata dalla possibile eliminazione dell’obbligo di certificazione ex ante del risparmio energetico, finora rilasciata da professionisti qualificati.
Le imprese potrebbero invece presentare una semplice autocertificazione degli obiettivi di efficientamento che intendono conseguire.
Rimarrà invece invariata la certificazione ex post, necessaria per attestare la realizzazione degli investimenti in linea con quanto dichiarato.
Parallelamente, sarà snellito il percorso applicativo: le disposizioni operative non dovrebbero più essere demandate a un decreto interministeriale, ma inserite direttamente in un emendamento alla Manovra, con un eventuale decreto direttoriale di natura tecnica per completare il quadro.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy sta finalizzando l’aggiornamento degli allegati A e B, che dal 2017 regolano il perimetro dei beni materiali e immateriali idonei all’iperammortamento.
Le tecnologie emergenti avranno un ruolo crescente: sistemi di machine vision basati su intelligenza artificiale, apparecchiature wearable per assistenza e training, piattaforme avanzate di energy management e dispositivi per l’integrazione con rinnovabili e accumuli.
Sul fronte software, spazio a soluzioni di AI generativa, cybersecurity avanzata, privacy-by-design e sistemi edge computing. Una mappatura più aderente allo stato dell’arte tecnologico, capace di intercettare la nuova domanda delle imprese.
Le coperture
Come detto, per il Piano Transizione 5.0 rimane da superare l’ostacolo della copertura finanziaria. Lo stop al piano annunciato il 7 novembre, a seguito del superamento della soglia di 2,5 miliardi prevista dal Pnrr, non ha fermato le domande. Alla chiusura del 27 novembre, le prenotazioni hanno raggiunto 4,8 miliardi, generando una lista d’attesa da 2,3 miliardi.
A questo si aggiunge lo sforamento di 100 milioni registrato dal Transizione 4.0, portando il fabbisogno complessivo a 2,4 miliardi.
Anche ipotizzando, in maniera ottimistica, che due terzi dei progetti 5.0 decadano per mancanza dei requisiti servirebbero comunque tra 800 milioni e 1 miliardo per coprire le richieste valide.
La posizione di Confindustria
In audizione al Senato, Confindustria ha espresso apprezzamento per l’impatto positivo del piano sugli investimenti, ma ha criticato la continua revisione normativa, considerata destabilizzante per le imprese.
Il vicepresidente Marco Nocivelli ha sottolineato la necessità di garantire che tutte le pratiche presentate entro il 27 novembre e in possesso dei requisiti siano integralmente finanziate, invocando un meccanismo di integrazione delle risorse nel caso in cui lo stanziamento aggiuntivo di 250 milioni per il 2025 risultasse insufficiente. Confindustria chiede inoltre risorse specifiche per il credito d’imposta 4.0, considerato il contestuale esaurimento del plafond.
Il ddl di Bilancio destina 4 miliardi a investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2026. Tuttavia, l’obiettivo politico condiviso dai ministeri è estendere il piano almeno fino al 2028.
Le opzioni sul tavolo per il Piano Transizione 5.0 sono tre:
- confermare la scadenza 2026 e fermarsi al biennio;
- introdurre una norma programmatica con fondi parziali per 2027 e 2028;
- prorogare almeno le consegne dei beni oltre giugno 2027 per investimenti già avviati.
Nessuno degli scenari è indolore sul fronte dei costi: ogni estensione richiede coperture aggiuntive.