C’è divisione sulla Manovra 2026. Potrebbero essere convocati due Consigli dei Ministri differenti per approvare il Documento di programmazione di bilancio. Il primo proprio martedì 14 ottobre, per affrontare le ultime divisioni sui temi del documento da inviare a Bruxelles il 15 ottobre. Un secondo CdM, invece, dovrebbe servire per limare le misure da inserire nella Legge di Bilancio. I temi più scottanti, che rischiano di non trovare una soluzione a stretto giro, sono quelli relativi all’età pensionabile, al contributo a carico degli istituti di credito e al nodo della rottamazione.
La posizione della maggioranza appare quindi frammentata. Da una parte il richiamo alla prudenza e dall’altra richieste onerose. Critiche su diversi livelli, dal più leggero al più duro, arrivano anche dalle associazioni datoriali e dai sindacati. Molto polemiche, invece, le opposizioni, che si domandano perché penalizzare la crescita in favore delle spese militari.
Indice
I nodi da sciogliere: verso due Cdm urgenti
Martedì 14 ottobre è stato programmato un Consiglio dei Ministri che dovrà rispondere ai dubbi rimasti irrisolti dal vertice della maggioranza tenutosi domenica. Questo era stato convocato per definire le misure da includere nel Documento di programmazione di bilancio da inviare a Bruxelles entro il 15 ottobre.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha fatto capire che si dovrà trattare fino all’ultimo e che il testo resterà aperto, per quanto si preannunci comunque una Manovra molto leggera, da 16 miliardi, pari allo 0,7% del Pil.
Una cosa è certa. Ci si focalizza sul taglio delle tasse per il ceto medio, su un pacchetto di misure per la famiglia e su pochi interventi per sanità e casa. L’obiettivo è quello di risparmiare per aumentare la spesa militare.
Ci sono infatti delle promesse da mantenere prese in sede internazionale, ovvero il target di una crescita prima dello 0,15% e poi dello 0,20% del Pil annuo per la difesa.
Con una dote di appena 16 miliardi di euro, quindi, il Governo punta su alcune misure principali, mentre restano aperti nodi molto sentiti come quelli dell’età pensionabile, dell’intervento sugli istituti bancari e della rottamazione quinquies.
Cosa c’è nella Manovra 2026?
La Manovra non è ancora chiusa e si torna al tavolo per cercare di sciogliere i nodi interni alla maggioranza stessa. In un clima di prudenza e incertezza, le principali misure attese sono:
- taglio della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro, il cosiddetto ceto medio (costo 2,5 miliardi);
- rottamazione delle cartelle in nove anni e 108 rate, ma con parametri stringenti e riservata ai contribuenti meritevoli;
- aumento dell’età pensionabile da bloccare, ma non per tutti;
- pacchetto da massimo un miliardo per le famiglie, dal congedo parentale al bonus mamme;
- proroga del bonus ristrutturazione al 50% sulle prime case;
- Ires premiale rinnovata (costo tra i 400 e i 500 milioni di euro);
- fondi a favore del sistema sanitario nazionale per nuove assunzioni (costo 2,5 miliardi in più ai già 4 miliardi stanziati con la Legge di Bilancio 2025).
Il cuore della Manovra è proprio il taglio di due punti dell’Irpef per il ceto medio. Questo dovrebbe permettere di raggiungere circa 440 euro in più all’anno in busta paga.
Inoltre si parla di una possibile tassazione al 10% per gli straordinari fino a 4.000 euro l’anno. I sindacati, in particolare la Uil, chiedevano la detassazione degli aumenti contrattuali, ma la discussione con questi non è stata fruttuosa. Fiduciosa solo la Cisl, che dichiara che la manovra va nella direzione delle loro richieste.
Dalle banche massimo 3 miliardi
La Lega spinge per il contributo da parte degli istituti di credito, Forza Italia è perplessa nei confronti di un prelievo dalle banche, mentre Fratelli d’Italia cerca di mediare, ma in ogni caso richiederebbe impegni minori agli istituti bancari.
Le trattative governo-banche vanno quindi avanti con difficoltà, considerando anche le divisioni interne. L’obiettivo della Lega era di ottenere 5 miliardi di euro dalle banche, ma se la trattativa dovesse chiudersi, è molto probabile che sarà con un impegno più ridotto. Potrebbe essere trovato un accordo intorno ai 3 miliardi di euro.
In ogni caso, il negoziato è sulle cifre, non sull’intervento. Se i 5 miliardi della Lega sono già considerati non abbastanza per far quadrare i conti, non lo sono neanche i 3 miliardi di euro che potrebbero essere raggiunti. Proprio per questo, si vocifera anche di un contributo da parte delle compagnie assicurative.