Gas russo via dall’Ucraina, il 31 dicembre scade l’ultimo contratto: che succede ai prezzi

Kiev e Ue non rinnoveranno l'accordo con Gazprom: dall'1 gennaio 2025 i gasdotti ucraini smetteranno di pompare gas russo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 30 Dicembre 2024 11:06

Il gas russo non transiterà più dall’Ucraina: dall’1 gennaio 2025 non saranno più in vigore gli accordi trilaterali sul gas fra Russia, Ucraina e Unione europea. Il patto era stato firmato nel 2019 e rappresentava uno dei pochi accordi di cooperazione russo-ucraina ancora in essere dopo lo scoppio della guerra.

Sembra un paradosso che due nazioni in conflitto abbiano mantenuto così a lungo un accordo di collaborazione, ma la realtà è che il trasporto del gas giovava a entrambe, sotto il profilo economico. E non solo: un’ipotetica rescissione unilaterale del contratto voluta da una delle due parti avrebbe visto Mosca e Kiev darsi battaglia non solo in trincea, ma anche nelle aule di tribunale.

Scadono i contratti sui gasdotti

Senza contare gli interessi delle terze parti, ovvero Slovacchia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Italia, Paesi destinatari delle forniture di gas. Ma una certa quantità di metano veniva poi rivenduta alla stessa Ucraina.

Nonostante l’invasione russa dell’Ucraina, ogni giorno circa 40 milioni di metri cubi di gas naturale proveniente da giacimenti in Siberia sono stati pompati nella rete di gasdotti ucraini dalla stazione della città russa di Sudzha, che da quattro mesi è stata occupata dall’esercito di Kiev.

I contratti sono stati firmati fra le compagnie ucraine Naftogaz e Tso e la compagnia di stato russa Gazprom. Né Kiev né Bruxelles intendono rinnovare gli accordi, mentre Vladimir Putin, in un discorso pubblico ha confermato che la volontà di non procedere al rinnovo è delle controparti.

Impatto sugli stoccaggi

L’Europa ha stoccaggi pieni al 74% (80% in Italia), garantendo gas sufficiente per l’inverno. L’Italia ha proceduto a diversificare le forniture grazie ai rigassificatori e ai gasdotti dal Nordafrica, ma ha stipulato contratti per ricevere forniture anche da Usa, Qatar e Norvegia.

Paesi come Ungheria e Repubblica Ceca hanno strategie diversificate, mentre la situazione più critica verrà affrontata da Slovacchia e Austria che dipendono ancora dal gas russo tramite l’Ucraina. Austria e Slovacchia ricevono rispettivamente il 60% e il 70% delle forniture di gas russo tramite l’Ucraina. Il primo ministro slovacco Robert Fico ha incontrato Putin per discutere alternative, ma al momento non si intravede una soluzione.

Impatti sull’Ucraina

Perdendo il ruolo di hub per il gas russo in Europa, l’Ucraina si appresta ad affrontare gravi conseguenze economiche. Oltre ai danni alle aziende coinvolte, fiore all’occhiello dell’industria locale, la rete del gas ucraina dovrà essere parzialmente dismessa, complicando l’approvvigionamento interno.

Il nodo dei costi

Oltre alla diversificazione delle forniture, un’alternativa al gas russo trasportato tramite i gasdotti è il Gnl (gas naturale liquefatto), che è meno legato a contratti a lungo termine, ma è più caro e i suoi prezzi sono più soggetti alle fluttuazioni del mercato. I prezzi europei del gas (Ttf olandese) sono risaliti a 45 euro/MWh, ben sopra i livelli pre-invasione che oscillavano sui (20-25 euro/MWh). A complicare il quadro c’è anche un altro elemento: la russa Gazprom ha deciso di bloccare la fornitura di gas alla Moldavia.

Il prezzo del gas in Italia per l’inverno 2025 potrebbe superare i 50 euro per megawattora. Le bollette subiranno aumenti, anche se l’Italia secondo gli analisti sembra meno vulnerabile rispetto ad altri Paesi europei.