Stati Uniti spingono verso i deprezzamento del dollaro: ecco perché

Una analisti di Generali Investment rileva che gli USA puntano su un deprezzamento del dollaro per aumentare la competitività USA

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato: 23 Marzo 2025 09:00

La guerra commerciale intavolata dal Presidente Trump sarebbe solo la parte visibile di una strategia che punta a deprezzare i dollaro e ribilanciare gli equilibri sul fronte commerciale. Lo rivela un report di Generali Investment, che richiama le più recenti dichiarazioni del Segretario al Tesoro USA Scott Bessent, il quale ha più volte ribadito nei mesi scorsi la propria volontà di essere un attore in un possibile nuovo accordo per ribilanciare le economie mondiali.

In breve, l’intesa prevedrebbe la rivalutazione delle valute dei paesi con bilancia commerciale positiva, in particolar modo Cina, Giappone ed Europa, contro il dollaro, a fronte della mancata imposizione di tariffe da parte degli USA o della loro fornitura di sicurezza militare. Una sorta di prendere o lasciare.

Gli accordi “Plaza” e “Louvre”

Bessent fa riferimento a due storici accordi, passati alla storia come il Plaza ed il Louvre accord. Il primo ‘è accaduto nel 1985 quando le maggiori economie dell’epoca si sono riunite a New York, nel Plaza Hotel, con l’obbiettivo di deprezzare il dollaro, troppo forte all’epoca rispetto al marco tedesco ed allo yen giapponese, per correggere lo squilibrio commerciale americano, situazione simile a quella attuale. Il dollaro si indeboli’ notevolmente negli anni successivi aiutando gli USA ad aumentare le proprie esportazioni.

Il successo fu tale che si dovette procedere ad un secondo accordo, accaduto all’Hotel Louvre a Parigi nel 1987, e finalizzato a fermare l’eccessivo deprezzamento del dollaro conseguente al precedente accordo.

Ma sarebbe possibile oggi un nuovo accordo ?

La cooperazione sembra passata di moda sotto la pressione della nuova amministrazione Trump, ma gli obbiettivi rimangono. La nuova amministrazione vorrebbe un dollaro più debole, per potere riequilibrare la propria bilancia commerciale e poter sostenere la capacità produttiva nazionale, dopo anni di delocalizzazione.

UN effetto che verrà garantito dalla necessità dell’Europa di accelerare le spese militari e delle maggiori economie, come la Germania, di ampliare la spesa pubblica. Questo significa che l’Europa crescerà di più, la BCE sarà costretta a tenere i tassi più alti e l’Euro tenderà ad apprezzarsi. E’ quello che sta accadendo sui mercati finanziari da inizio anno, con il differenziale dei tassi decennali tra Usa e Germania passati dai 220bp agli attuali 145, con l’Euro passato da 1.0350 a 1,09 e con le borse europee che hanno iniziato a sovrapperformare quella americana.

Che impatto sul valutario

Sul mondo valutario questo cambio dovrebbe comportare un dollaro piu’ debole a fronte di una rivalutazione dello yen, dell’euro e della divisa cinese. A beneficiarne non sarebbe solo l’euro, ma anche le divise dei paesi più  fortemente collegati alla zona Euro, come le divise scandinave o dei paesi dell’Europa centro-orientale.

Gli investitori internazionali sono oggi sovraesposti agli asset americani. Se la prospettive di svalutazione del dollaro o di una sottoperformance di questi asset rispetto agli omologhi internazionali dovesse continuare potrebbe indurre al rimpatrio di tali assets con la conseguente svalutazione della divisa americana.

Paesi esteri potrebbero decidere di indurre il rimpatrio di questi assets per finanziare spese infrastrutturali o spese pubbliche come quelle annunciate dalla Germania recentemente.

Se questi asset dovessero iniziare a sottoperformare il peso negli indici dovrebbe ridursi nel tempo provocando un deflusso dagli investimenti dal dollaro. Giappone e Cina potrebbero essere indotti a rivalutare le proprie valute o direttamente o indirettamente come accaduto all’Europa. In tal senso i recenti annunci da parte delle autorità cinesi per sostenere il consumo interno vanno in questa direzione. Il tutto in linea con quanto desiderato oggi dalla nuova amministrazione americana; programma che va incontro più agli interessi dell’americano medio, base elettorale di Trump e meno di Wall Street.