Il 2025 dovrebbe essere caratterizzato da un’accelerazione della crescita globale e da un proseguimento della ripresa degli utili societari nei titoli dei mercati emergenti (EM). L’aumento della volatilità dovrebbe offrire agli investitori attivi l’opportunità di registrare una sovraperformance, mentre il contesto macro potrebbe rivelarsi migliore di quanto attualmente temuto.
I mercati emergenti sono orientati positivamente alla crescita globale, spiega Charles Walsh, Emerging Markets Equities portfolio manager di Mirabaud Asset Management. Con gli Stati Uniti e la Cina destinati entrambi a ricevere una spinta nel 2025 – i primi grazie al sostegno fiscale e ai tagli alle tasse, la seconda grazie agli stimoli da parte delle autorità – dovremmo assistere a un’accelerazione della crescita nelle due principali economie mondiali, e questo è proprio il contesto in cui le azioni EM tendono a brillare. Allo stesso tempo, la ripresa degli utili iniziata nel 2023 nel settore tecnologico e successivamente ampliatasi dovrebbe continuare a sostenere i rendimenti delle azioni EM. Questi utili sono sottovalutati rispetto al passato e sarebbero ulteriormente favoriti dalla ripresa della crescita globale.
I dazi Trump
Molti temono che le tariffe proposte da Trump siano inflazionistiche. Tuttavia, questi timori potrebbero essere superati se la deregolamentazione del settore energetico statunitense porterà a una riduzione dei costi del carburante e dell’energia. Questa compensazione a un evento altrimenti inflazionistico potrebbe fornire uno scenario stabile per le azioni EM.
La previsione più sicura per il 2025 è che con il ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti probabilmente assisteremo a una maggiore volatilità. L’azionario EM è un’asset class varia ed eterogenea, con rischi da evitare e opportunità da cui trarre profitto. Con l’aumento della volatilità e della dispersione dei rendimenti, il 2025 sarà probabilmente un anno in cui la gestione attiva dimostrerà il suo valore.
La Cina e Biden
Guardando alla Cina, per Biden la lotta contro Pechino è ideologica. La Cina è il nemico da contenere e limitare con ogni mezzo a disposizione. Trump è transazionale, concentrato invece sulla bilancia commerciale e su un accordo migliore per i lavoratori statunitensi. Ironia della sorte, sottolinea l’esperto, il suo ritorno alla Casa Bianca potrebbe annunciare un approccio più razionale al commercio e un migliore rapporto di collaborazione tra i due Paesi.
Durante il primo mandato di Trump, sono stati applicati dazi su alcune importazioni cinesi a causa degli squilibri commerciali tra i due Paesi. Ci si aspettava che Biden fosse più morbido nei confronti della Cina, ma in realtà ha mantenuto i dazi di Trump e ha aggiunto restrizioni proprie. Anche nelle sue ultime settimane di presidenza, Biden ha cercato di rendere ancora più rigido l’accesso della Cina alla tecnologia statunitense, indipendentemente dal fatto che ciò danneggi gli interessi degli Stati Uniti o dei suoi alleati.
Se la seconda amministrazione Trump mira a riportare i posti di lavoro negli Stati Uniti, ci sono molte aziende cinesi attualmente escluse dal mercato statunitense (si pensi a BYD, che è soggetta a dazi del 100% sui suoi veicoli elettrici) che vorrebbero costruire fabbriche negli Stati Uniti e avere accesso ai suoi consumatori. Lo stesso si è visto con le aziende automobilistiche giapponesi negli anni ’70 e ’80. E se Trump ascolterà le aziende statunitensi, in particolare i giganti della tecnologia come Nvidia che vorrebbero vendere di più in Cina, alcune delle restrizioni di Biden potrebbero addirittura essere eliminate.
Se Trump dovesse procedere con l’imposizione di dazi severi, la Cina ha dichiarato l’intenzione di dare vita a stimoli significativi per compensare eventuali danni economici. Un’ampia dose di sostegno in un Paese che sta già investendo in modo significativo nella propria capacità di ripresa interna fornirebbe un forte supporto alle azioni cinesi.
In ogni caso, Trump 2.0 potrebbe essere proprio ciò di cui la Cina ha bisogno per un buon 2025.