Tassi, FED pronta al taglio: quali scenari per l’obbligazionario USA?

Chris Iggo, Chief Investment Officer di AXA IM Core traccia una panoramica dell'economia e un outlook del mercato obbligazionario statunitense

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Redazione

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Pubblicato: 14 Settembre 2024 10:00

“Per la maggior parte degli ultimi venticinque anni, i tassi d’interesse reali a breve termine negli Stati Uniti sono stati bassi o negativi, tranne nei momenti di inasprimento della politica monetaria. Oggi, i prezzi di mercato prevedono che i tassi reali a breve termine rimarranno positivi, il che è coerente con un atterraggio morbido piuttosto che con una recessione”.   E’ quanto sottolinea  Chris Iggo, Chief Investment Officer di AXA IM Core spiegando che i titoli obbligazionari hanno registrato una buona performance sulla scia delle aspettative dovish sui tassi e dei dati economici più modesti.

Obbligazionario USA: cautela in attesa tagli FED

La curva – spiega l’esperto –  si è irripidita verso l’alto, ossia i rendimenti a breve termine sono scesi più rapidamente di quelli a lungo termine. Per sostenere tali rendimenti e per far sì che le aspettative sui tassi prezzino tassi reali a breve termine ancora più bassi, dovrebbe esserci la prova che i rischi di recessione sono aumentati. Il problema è che gli asset di rischio tendono a sottoperformare quando l’economia è a rischio di recessione. Il mese di settembre è stagionalmente negativo per gli asset di rischio, il Beige Book della Federal Reserve – ovvero il suo quadro delle condizioni economiche attuali – ha suggerito che l’economia statunitense è debole, e nelle ultime settimane abbiamo registrato picchi di volatilità azionaria. Con la dis-inversione della curva dei rendimenti dei  Treasury statunitensi, è forse arrivato il momento di essere più cauti?

I mercati stanno cercando di capire cosa divide un atterraggio morbido dell’economia statunitense da una recessione. Come di consueto, il mercato dei tassi sta guidando la spedizione esplorativa, avendo già prezzato tagli aggressivi dei tassi di interesse di policy nell’anno a venire. Entro la fine del 2025, si prevede che il tasso di riferimento della Fed sia fissato al 3,0%, ben 250 punti base (pb) in meno rispetto a quello attuale. Il mercato si aspetta che il processo di riduzione dei tassi inizi il 18 settembre, valutando circa il 70% di possibilità che la Fed tagli di 50 pb, anche se una riduzione di 25 pb sembra più probabile. Guardando alla curva forward, possiamo osservare una previsione di quattro tagli da 25 pb per la parte restante dell’anno e ulteriori cinque tagli nel 2025. La prossima tappa di questo viaggio sarà definita dal modo in cui la Fed presenterà il taglio dei tassi il 18 settembre – il suo Beige Book pubblicato il 4 settembre è stato negativo in termini di attività e mercato del lavoro.

Si prevede che i tassi d’interesse reali a breve termine rimarranno positivi, supponendo che l’inflazione ritorni al target del 2%. Questi tassi sono attualmente più alti delle medie storiche e potrebbero non riflettere ancora una recessione pienamente prezzata. Sebbene l’economia statunitense sia cresciuta del 3% nel secondo trimestre, permangono i timori di un rallentamento, in particolare nel settore manifatturiero e nel mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione è aumentato e l’attività manifatturiera si è contratta, suggerendo una potenziale fase di recessione. Tuttavia, gli indicatori economici generali non indicano ancora una recessione completa, di conseguenza l’outlook rimane incerto.

L’anno dei bond

La recente performance del mercato è allineata a una crescita più lenta. Il cambiamento delle aspettative sui tassi nel terzo trimestre ha generato rendimenti molto elevati nel mercato obbligazionario. Come avevamo previsto da tempo, la curva dei rendimenti degli Stati Uniti ha iniziato a normalizzarsi – il divario tra i Treasury a due anni e quelli a 10 anni è ora vicino allo zero rispetto ai 100 pb di inizio 2023. Ma i rendimenti sono scesi su tutte le scadenze nel corso dell’estate.

Tra il 30 giugno e la chiusura delle contrattazioni del 5 settembre, i Treasury statunitensi hanno realizzato un rendimento totale del 4,8%, il credito investment grade statunitense ha registrato il 5,1% e l’high yield statunitense il 3,9%. Anche altri mercati obbligazionari hanno registrato la migliore performance dell’anno durante l’estate. È evidente quando ci si trova in un mercato obbligazionario rialzista – quando c’è una cacofonia di commenti del tipo “i mercati si sono spostati troppo in là”. Finora, il 3° trimestre ha spinto in alto i numeri dei rendimenti totali da un anno all’altro: i rendimenti del credito di alta qualità sono compresi tra il 3% e il 4%, i rendimenti dell’high yield sono superiori al 6% e i rendimenti dei mercati emergenti in valuta forte sono vicini al 7%.

Segnali di volatilità

Le prime settimane di agosto e settembre hanno registrato un aumento della volatilità del mercato azionario. Dal 30 giugno, il rendimento totale dell’indice azionario MSCI World è stato dell’1,9%. Per l’S&P 500 è stato dell’1,03% e per il Nasdaq del -3,3%. Anche se i rendimenti totali del mercato obbligazionario sono stati buoni, i rendimenti in eccesso del credito sono diminuiti rispetto alla prima metà dell’anno. L’eccesso di rendimento delle obbligazioni investment grade statunitensi rispetto alla curva governativa è stato di 10 pb dal 30 giugno, rispetto ai 13 pb del secondo trimestre e ai 103 pb del primo trimestre.

Per quanto riguarda l’high yield statunitense, l’eccesso di rendimento nel 2023 è stato del 9,1%; quest’anno si sta attestando su un più modesto 2,9%. Il credito continua a piacermi come asset class, ma la sua capacità di offrire rendimenti sostanzialmente superiori ai tassi quando i suoi spread sono già esigui e l’economia sta rallentando deve essere messa in discussione. Se si prendono sul serio i dati ISM e si associano a un mercato del lavoro più debole, la conclusione è che ci troviamo di fronte ad un’economia in rallentamento, che aumenterà l’incertezza sulla stabilità del credito e sulla crescita degli utili aziendali in futuro.

I premi di rischio sono bassi. Si potrebbe concludere che è necessario un approccio più cauto.

Mercato Usa: verso un ridimensionamento dei prezzi

I mercati statunitensi sono stati più costosi rispetto al resto del mondo. Il giustificato premio di valutazione prezzo-utili dei titoli statunitensi si basa sia sulla preponderanza di titoli in crescita nel mercato USA, sia sul tasso aggregato di crescita degli utili. Il tema dei titoli growth non sta scomparendo, ma la crescita degli utili potrebbe essere messa a rischio da un rallentamento dell’economia. Gli spread del credito statunitense sono stati, per lo più, più stretti rispetto ad altri mercati del credito. Se davvero l’economia sta passando da una crescita del PIL del 3%, da un basso tasso di disoccupazione e da una crescita degli utili a due cifre a qualcosa di più morbido, allora potrebbe verificarsi un ribilanciamento delle valutazioni tra gli Stati Uniti e gli altri mercati. Un’altra considerazione da fare riguarda la politica: ovunque il clima politico non è eccezionale, ma negli Stati Uniti c’è un evento imminente che crea incertezza sulla direzione dell’agenda politica futura.

Inerzia

La lezione che abbiamo appreso negli ultimi anni è che “l’inerzia economica non è qualcosa che i modelli colgono sempre facilmente – lo shock inflazionistico è andato oltre ed è durato più a lungo delle attese, il boom occupazionale post-pandemia è durato ben più a lungo di quanto sembrasse probabile, e forse ora anche il rallentamento potrebbe andare oltre le attese, portando a tassi di interesse più bassi e potenzialmente premi di rischio più alti. Un portafoglio bilanciato teorico 60:40 di azioni e obbligazioni avrebbe avuto una buona performance nel 2024. Se le performance degli asset di rischio iniziano a deteriorarsi, le obbligazioni si trovano oggi in una posizione migliore per fornire un cuscinetto di sostegno al portafoglio, rispetto alla maggior parte degli ultimi 20 anni”.