Mercati azionario e obbligazionario: come sono andati nel 2023? L’analisi

I commenti di Luca Finà, Head of Equity di Generali Insurance Asset Management e Sebastiano Chiodino, Head of Fixed Income, Generali Insurance Asset Management

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Redazione

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“Nonostante l’anno corrente si stia concludendo con un rialzo a doppia cifra per quasi tutte le aree geografiche, il 2023 si è rivelato più complesso e significativamente diverso rispetto alle aspettative iniziali di gran parte degli investitori”.

Mercato azionario, com’è andato il 2023?

Inizia così il commento di Luca Finà, Head of Equity di Generali Insurance Asset Management sull’azionario nel 2023

“Grazie al miglioramento dei dati macroeconomici nella parte finale del 2022 e nei primi mesi del 2023, i mercati azionari hanno “inaugurato” l’anno in forte crescita – scrive Finà – “trainati principalmente dall’Area Euro e dai settori Auto, Costruzioni e Banche. In marzo, però, hanno iniziato a materializzarsi sul settore finanziario, prevalentemente quello degli Stati Uniti, i primi effetti negativi dei rialzi dei tassi di interesse dei mesi precedenti. Nel giro di pochi giorni, tre banche medie regionali americane, schiacciate da una fuga di depositi e da un rapido deterioramento dei requisiti patrimoniali, sono “fallite” creando più ampie e generali tensioni di liquidità e crisi di fiducia, trascinando al ribasso tutti i listini globali e facendo perdere fino quasi 20% a quelli del settore bancario Europeo (molto di più quello delle banche medie Americane)”.

“La paura del contagio”

“La paura di un contagio  da “oltre oceano”, alimentata anche dalle difficoltà, in realtà preesistenti, di alcune Banche Europee come Credit Suisse, è stata fortunatamente arginata nel giro di poche settimane grazie al tempestivo intervento della Banca Centrale Americana prima e delle altre Banche Centrali poi, tramite mirati interventi di sostegno alla liquidità del sistema e anche grazie ai solidi risultati reddituali e patrimoniali presentati da gran parte del settore durante i mesi di aprile e maggio”, si legge ancora nell’analisi.

“Il secondo trimestre è stato invece caratterizzato da una significativa overperformance degli Stati Uniti ed in particolare dei titoli del settore tecnologico, o settori ad esso adiacenti e di quelli legati all’ Intelligenza Artificiale; gli investitori, anche in seguito al successo di ChatGPT dei mesi precedenti e degli sviluppi tecnologici del settore, hanno iniziato a concentrarsi sul tema dell’Intelligenza Artificiale Generativa, sui suoi impatti nell’economia, sui possibili beneficiari e sui business models più a rischio. La “salita” dell’indice è stata in realtà trainata prevalentemente dai titoli a larga capitalizzazione e in particolare dai “Magnifici 7” (Meta, Amazon, Apple, Microsoft, Alphabet, Tesla e Nvidia) che insieme sono arrivati a rappresentare quasi il 20% degli indici globali e il 30% dell’S&P500 e che hanno contribuito rispettivamente per quasi la metà della performance complessiva dei primi indici e quasi il 60% del secondo. Nella seconda parte dell’anno, a causa di un rialzo dei tassi di interesse e non aiutati anche da una stagionalità positiva che stava terminando, i mercati Globali hanno nuovamente invertito la tendenza e iniziato a scendere”.

Alla fine di ottobre però, dati di inflazione sotto controllo e un atteggiamento apparentemente meno restrittivo da parte delle Banche Centrali hanno tranquillizzato gli investitori sul futuro andamento dei tassi di interesse e portato ad un rapido e completo recupero sia delle obbligazioni che delle azioni trascinando i mercati sui massimi dell’anno e facendo segnare all’indice Italiano la migliore performance fra i paesi sviluppati.

Quali scenari?

Nel 2024, dati i livelli di partenza degli indici, le valutazioni, la bassa volatilità e le aspettative di crescita degli utili, “sarà molto difficile replicare i risultati ottenuti nel 2023. Ad oggi le aspettative sul prossimo anno sono polarizzate su una view che si basa su una continua tendenza al ribasso dell’inflazione e dei tassi di interesse, economie deboli ma in leggera crescita e utili in rialzo fra il 6% e il 12% a seconda delle diverse aree geografiche sviluppate; un “mix” macroeconomico che sarebbe ben visto dai “mercati” ma che difficilmente, guardando al passato, potrà svilupparsi esattamente in questa forma. In aggiunta, se consideriamo la delicatezza dell’attuale contesto geopolitico e che circa la metà della popolazione mondiale sarà chiamata ad elezioni con la relativa incertezza ad esse associata, è probabile che nel 2024 la volatilità tornerà a salire”.

Obbligazionario 2023, l’analisi

“Se il 2022 è stato l’annus horribilis dell’obbligazionario, il 2023 ha restituito all’asset class una stringa di ritorni positivi in tutti i suoi diversi segmenti”, questo il commento di Sebastiano Chiodino, Head of Fixed Income, Generali Insurance Asset Management sull’obbligazionario nel 2023.

 

“Un parziale lenitivo per portafogli che avevano attraversato l’abisso del 2022 e che vedono ora parzialmente recuperate le perdite di allora. Dietro le performance positive, non si cela però il ritorno dell’asset class alla sua dimensione di porto sicuro, ma piuttosto un anno di estrema volatilità, agitato da movimenti infragiornalieri violenti e contrasddistinto da una fortissima dispersione dei ritorni. Una dinamica alimentata da prospettive macroeconomiche spesso incerte e da aspettative di un’inversione del ciclo di politica monetaria delle Banche Centrali che più volte hanno dovuto riposizionarsi su alterni scenari in corso d’anno.

Volatilità, cosa c’è da sapere

In una volatiltà tanto violenta, fra tassi reali statunitensi tornati sui massimi pre Great Financial Crisis e condizioni finanziarie sempre più restrittive, ha colpito la resilienza delle propaggini più rischiose del mercato obbligazionario societario. Le obbligazione speculative grade chiudono, infatti, il 2023 con un ritorno positivo di oltre il 12% che quasi elide le perdite del 2022 e caratterizza un anno positivo ben oltre le aspettative della vigilia.

E proprio il mercato del credito ha saputo reggere l’urto di bruschi episodi idiosincratici, dalla crisi di Silicon Valley Bank a quella di Credit Suisse, assorbendoli senza che da questi prendesse innesco una ben più preoccupanete crisi di valenza e dimensione sistemica”.

Ed infine – conclude  Chiodino – “nell’ultima parte dell’anno, la tanto attesa virata dovish delle politiche monetarie che risveglia appetiti per i bond da tempo inibiti dalla volatilità dei tassi e dall’attenzione vigile dei Banchieri Centrali”.