Asset Allocation, calo tassi alimenta rally asset rischiosi: come orientarsi

Filippo Casagrande, Head of Insurance Investment Solutions presso Generali, Asset & Wealth Management Business Unit, mette in luce le potenzialità dell'azionario

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Dopo mesi di continue sorprese al rialzo sui tassi di interesse, nelle ultime quattro settimane abbiamo visto un forte calo dei rendimenti nominali e reali. Nelle settimane precedenti i tassi di Treasury USA e BTP sfioravano il 5% e il Bund il 3%, ora i livelli sono attorno al 4.3-4.4% per i primi due e sotto il 2.6% per i bond tedeschi. I tassi governativi europei sono quindi tornati a livelli pari o inferiori a quelli di inizio anno. Questo il quadro tracciato da Filippo Casagrande, Head of Insurance Investment Solutions presso Generali, Asset & Wealth Management Business Unit.

Le cause del repentino calo dei rendimenti

Alla base del calo dei rendimenti vi sono tre ordini di fattori. Il primo riguarda le banche centrali. “La BCE a fine ottobre – spiega Casagrande – ha confermato le attese che l’attuale ciclo di rialzi può considerarsi concluso. Inoltre, la Fed a inizio novembre, pur rimanendo cauta sul rischio di inflazione, ha esplicitamente detto che il rialzo dei tassi di mercato degli ultimi mesi toglie la necessità di nuovi rialzi dei tassi di politica monetaria. In entrambi i casi, queste notizie sono state interpretate dai mercati come segnali accomodanti (o quantomeno meno aggressivi)”. Il secondo fa riferimento all’inflazione che continua a muoversi nella giusta direzione. Il terzo è il peggioramento di vari indicatori anticipatori del ciclo economico negli Stati Uniti.

Mercati azionari aiutati da incremento liquidità in eccesso

Nonostante il Quantitative Tightening della Fed, negli ultimi mesi la liquidità in eccesso è tornata, a sorpresa, a salire. “Questo – spiega Casagrande – è dovuto al fatto che gli operatori finanziari hanno preferito ridurre un’altra componente della liquidità, la cosiddetta Reverse Repo Facility, scesa da 2.300 a 930 miliardi di dollari negli ultimi sei mesi”. La riduzione della Reverse Repo Facility ha un effetto decisamente meno negativo per i mercati azionari rispetto alla riduzione della liquidità in eccesso in senso stretto, in quanto essa consiste nello spostamento di un deposito vincolato a breve termine presso la banca centrale e il reinvestimento in titoli di stato a breve termine. Per contro, una riduzione della liquidità in eccesso in senso stretto può comportare il disinvestimento da titoli rischiosi, inclusi strumenti azionari e strumenti a leva, generando una pressione al ribasso sui mercati.Questa distinzione tecnica è molto importante per valutare i mesi seguenti. Infatti, con la Fed che continua il Quantitative Tightening, nei prossimi mesi la Reverse Repo Facility continuerà a scendere, approcciando lo zero. A quel punto, ogni successiva riduzione di bilancio della banca centrale andrà a impattare direttamente la liquidità in eccesso, creando così tensione sui mercati.

Le stime di crescita degli analisti

Negli Stati Uniti, la stima di crescita per il 2023 è stata rivista ancora una volta al rialzo (dal +2,1% al +2,3%) dopo la solida crescita del terzo trimestre (+1,2% rispetto al secondo). Le stime per il 2024, però, – rileva Casagrande – non migliorano e rimangono ferme al +1,0%, ben al di sotto del potenziale di crescita. Nell’Eurozona, le stime per il 2023 sono invariate al +0,5%, mentre scendono ancora per il 2024 (dal +0,8% di ottobre all’attuale +0,7%).

Con il ripristino delle regole di bilancio dal 2024, i governi sono di nuovo chiamati a ridurre i deficit strutturali, applicando quindi politiche di austerity. Questo ha già cominciato a tradursi (Germania e Italia su tutti) in numeri di crescita meno promettenti, e se l’intensità degli interventi fiscali richiesti sarà effettivamente implementata, ciò porterà a ulteriori rischi al ribasso sulla crescita.

Prosegue la discesa dell’inflazione

Prosegue la discesa dell’inflazione core e anche l’inflazione complessiva, dopo una breve pausa, è tornata a scendere, grazie al calo del prezzo del petrolio. Guardando ai numeri più recenti, negli Stati Uniti l’inflazione core è scesa dal +4,1% in settembre al +4,0% in ottobre, mentre l’inflazione headline segna un calo più brusco (dal +3,7% al 3,2), pur rimanendo poco sopra rispetto ai minimi toccati a giugno (+3,0%). Nell’Eurozona, l’inflazione headline è scesa dal 4,3% al +2,9% in ottobre, aiutata dall’effetto base favorevole sui prezzi dell’energia. Anche l’inflazione core continua a calare, passando dal +4,5% di settembre al +4,2% di ottobre.

Essendo questi movimenti in larga misura attesi, le stime degli analisti per l’inflazione media nel 2023 e 2024 non hanno variazioni, confermandosi negli Stati Uniti al +4,2% per il 2023 e +2,7% per il 2024, e nell’Eurozona al +5,6% nel 2023 e +2,7% nel 2024.

Le politiche monetarie: tassi su un  picco, ma tagli lontani

Come negli ultimi mesi, le banche centrali devono bilanciare forze contrapposte. Da un lato, l’inflazione sta calando ma rimane ancora elevata. Sulla crescita, ci sono sì segnali di indebolimento, ma l’elevata inflazione non permette un allentamento delle politiche restrittive. Non ultimo, ci sono le preoccupazioni sulla sostenibilità degli elevati debiti pubblici in un contesto prolungato di tassi di interesse.

“Possiamo dire che rispetto ad un mese fa i mercati sono tornati ad essere più ‘dovish’, più accomodanti,  rispetto a quelle che sono le parole delle banche centrali (che spingono per un periodo prolungato di tassi invariati). Come detto, lo scenario prezzato del mercato è coerente con un rallentamento economico, rallentamento che in base ultimi indicatori come detto prima, si fa più evidente. Possiamo quindi affermare che lo scenario prezzato dai mercati è condivisibile. I prossimi mesi ci daranno più chiarezza sull’effettivo timing e sull’entità di questo rallentamento”.

I mercati finanziari e le prospettive

“Dopo le performance estremamente positive dell’ultimo mese, – afferma Casagrande – ci attendiamo un finale d’anno più laterale. Come detto, i tassi core sono tornati ai livelli di due mesi fa, cancellando il violento rialzo che ci aveva sorpreso nel mese precedente. Una nota particolare nel mondo governativo va ai BTP italiani, con lo spread verso i Bund tedeschi in calo dai 200-210 punti base di metà ottobre agli attuali 175 e un tasso complessivo che è sceso dal 5% al 4,3%”. Sul mercato azionario, – prosegue il manager – “va notato come le valutazioni, dopo aver toccato i minimi da gennaio, siano rapidamente tornate ai livelli visti quest’estate, prima della correzione degli ultimi mesi”. Inoltre, negli Stati Uniti si stanno gonfiando le stime sui tassi di crescita degli utili nel lungo periodo. Questa variabile è spesso associata alle bolle di valutazione. In questo momento non siamo ancora a livelli preoccupanti, ma il livello e il momentum di questa variabile sono un altro fattore che teniamo monitorato nelle nostre analisi.

Detto questo, ci aspettiamo che le dinamiche di tassi e azionario per la parte restante dell’anno siano sostanzialmente laterali, in attesa di nuovi elementi sul quadro macroeconomico. L’aumento della liquidità in eccesso, il calo dei tassi reali e la stagione dei buyback in America, unita alle performance sempre stellari delle Magnifiche 7 – Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Tesla e Meta Platforms – sono elementi che supportano questa visione tattica neutrale sull’azionario, pur consapevoli dei rischi posti dal progressivo deterioramento economico”.

Preferenza per l’obbligazionario nel medio periodo

I tassi core (Bund vicino al 2.55%, US Treasury al 4.4%) sono meno attraenti rispetto ad un mese fa ma rimangono interessanti in un’ottica di medio periodo. I tassi reali rimangono ampiamente in territorio positivo (+2.2% negli USA, +0.7% per i tassi swap europei) e questo è storicamente associato con ritorni positivi su orizzonti di 12 mesi. “Continuiamo a pensare – afferma Casagrande –  che i Treasury americani possano offrire più protezione al portafoglio in caso di sorprese al ribasso dell’economia, mentre sui tassi core europei abbiamo un atteggiamento neutrale a questi livelli. Per quanto concerne i BTP, dopo l’ottima performance dell’ultimo mese, manteniamo un atteggiamento costruttivo, pronti ad aumentarne l’esposizione in caso di un nuovo allargamento degli spread. Ribadiamo l’importanza del posizionamento lungo la curva dei rendimenti. Nei prossimi 12 mesi ci aspettiamo movimenti di bull steepening, ovvero performance assolute positive e un irripidimento delle curve, con la parte a 5 anni che dovrebbe fornire i rendimenti aggiustati per il rischio più elevati”.

Per quanto concerne il credito, il manager afferma “riteniamo che in un mercato laterale esso rappresenti una delle migliori alternative. Le strategie di carry (sia in contesto Investment Grade sia nel mondo High Yield europeo), con elevati rendimenti e duration contenuta, offrono un reddito attraente, con rischi al ribasso limitati. Continuiamo, inoltre, a unire il carry alla qualità, consci dei rischi posti dal rallentamento economico”. Anche tra i bond dei paesi emergenti – rileva Casagrande – “rimangono ottime opportunità di investimento, sebbene l’ultimo mese abbia visto performance stellari in paesi come Brasile, Colombia, Messico e Ungheria. Come per i bond dei paesi sviluppati, il punto di entrata è meno attrattivo, ma specie su Messico e America Latina rimangono molte le opportunità di investimento nei bond locali con duration medio-lunga, in un contesto di strategie di copertura valutaria per limitare la volatilità di queste posizioni”.