Inflazione, calo con beffa: aumenta costo energia

E non è una buona notizia in vista dell'inverno. Associazioni insoddisfatte:"Calo risibile e illusorio"

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Redazione

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Pubblicato: 16 Ottobre 2023 13:48

Frena l’inflazione a settembre, che si attesta al +5,3% dal +5,4% del mese precedente, confermando la stima preliminare. Il dato mensile fa segnare un +0,2%.

La discesa del tasso di inflazione – spiega l’Istituto di statistica – risente dell’andamento dei prezzi dei beni alimentari, la cui crescita annua si riduce sensibilmente, pur restando su valori relativamente marcati (+8,4%). Più in dettaglio i prezzi degli Alimentari non lavorati si attestano a +7,7% da +9,2% e quelli degli Alimentari lavorati a +8,9% da +10%.

“Calo risibile e illusorio”

Rallentano anche i prezzi dei Beni durevoli (da +4,6% a +4%) e, in misura minore, dei Beni non durevoli (da +5,2% a +4,7%), dei Beni semidurevoli (da +2,9% a +2,4%) e dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,9% a +3,7%). T ali effetti sono stati solo in parte compensati da un’accelerazione dei prezzi degli Energetici non regolamentati (da +5,7% a +7,6%), dalla flessione che a settembre risulta più contenuta dei prezzi degli Energetici regolamentati (da -29,6% a -27,9%) e dall’aumento del ritmo di crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +1,2% a +3,8%).

Un calo che non convince le associazioni.  L’inflazione non cala abbastanza, e con un tasso al +5,3% una famiglia tipo si ritrova a spendere +1.550 euro all’anno a causa degli aumenti dei prezzi, spesa che sale a +2.008 euro all’anno per un nucleo con due figli. Lo afferma il Codacons, commentando i dati definitivi di settembre diffusi oggi dall’Istat.

Paniere anti-inflazione insufficiente

I numeri dell’Istat dimostrano che l’inflazione cala al rallentatore, passando dal +5,4% di agosto al +5,3% di settembre, con alcuni settori come beni alimentari e carrello della spesa che segnano una crescita dei prezzi ancora sostenuta, rispettivamente +8,4% e +8,1% – spiega il Codacons – Dopo due anni di caro-vita che hanno svuotato le tasche degli italiani, i prezzi al dettaglio dovrebbero scendere in modo più marcato ma questo non avviene, e il Governo deve adottare misure più incisive per ottenere una riduzione immediata dei listini al dettaglio, a partire da un congelamento delle accise sui carburanti.

Il paniere anti-inflazione partito ad ottobre, infatti, non appare assolutamente in grado di far scendere i prezzi e tutelare i redditi delle famiglie, e non sta producendo gli effetti sperati perché lascia a commercianti e industria la facoltà di scegliere quali beni scontare e a quali condizioni – conclude l’associazione.

 

Di calo “risibile e illusorio” parla l’Unione Nazionale Consumatori. La discesa dell’inflazione annua non solo è con il contagocce, ma è pure illusoria. I prezzi, infatti, pur se ormai stellari continuano lo stesso a salire dello 0,2% rispetto ad agosto. Per questo urgono interventi seri per ridurre l’inflazione, ad esempio stracciando l’inutile disegno di legge sulla concorrenza che non fa nulla per le famiglie, prevedendo l’abolizione delle penali per abbandonare le compagnie telefoniche o le offerte indicizzate all’inflazione, proibire Shrinkflation e overpackaging, dare una definizione di prezzo anomalo, rinviare la fine del mercato tutelato dell’energia sia per le famiglie che per i condomini, solo per fare degli esempi” afferma il Presidente Massimiliano Dona.

La classifica delle città più care

“Per una coppia con due figli, la famiglia tradizionale di una volta, l’inflazione a +5,3% significa un aumento del costo della vita pari a 1451 euro su base annua. Di questi, nonostante il calo della divisione dei prodotti alimentari e bevande analcoliche, da +9,9% di agosto a +8,5%, ben 654 euro servono solo per far fronte ai rialzi di cibo e bevande, 691 euro per il carrello della spesa a +8,1%, anche questo in consistente riduzione (era +9,4% nel mese precedente). Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 1323 euro, di cui 590 per mangiare e bere, 627 euro per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona. In media per una famiglia la stangata è di 1043 euro, 479 per nutrirsi, 508 euro per la spesa di tutti i giorni. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con una mazzata pari a 1629 euro, 781 per sfamarsi e 818 euro per il carrello della spesa” conclude Dona.

I prezzi al dettaglio non scendono come dovrebbero, e con la risalita dell’energia si rischia in Italia una nuova pericolosa spirale inflattiva. Lo afferma Assoutenti, commentando i dati definitivi sull’inflazione diffusi oggi dall’Istat.

I numeri

“I prezzi in Italia faticano a diminuire – afferma il presidente Furio Truzzi – In particolare la voce “alimentari e bevande” continua a registrare una inflazione altissima, pari al +8,5% annuo, equivalente ad una maggiore spesa da +654 euro all’anno per una famiglia con due figli solo per mangiare. Una situazione su cui pende la spada di Damocle del caro-bollette, con la guerra scoppiata in Israele che ha fatto impennare le quotazioni dell’energia e potrebbe presto avere effetti diretti sulle tariffe di luce e gas in Italia – avverte Truzzi – Un rincaro dei costi energetici determinerebbe un rialzo a cascata dei listini al dettaglio in tutti i settori, con una nuova spirale inflattiva a danno dei consumatori”.

“Va bene lanciare panieri trimestrali salva-spesa, ma ciò che più di tutto serve adesso è un intervento sulla tassazione dei beni energetici, dalle bollette ai carburanti, essendoci ampi margini di manovra per operare in tal senso a beneficio non solo dei consumatori, ma dell’intera economia nazionale” – conclude Truzzi.

 Confesercenti fa notare che l’inflazione frena un poco, “ma resta ancora sopra i livelli di guardia. Le stime definitive di Istat confermano il rallentamento della corsa degli alimentari, ma anche il ritorno delle tensioni sui beni energetici non regolamentati, che riprendono ad accelerare. Un quadro ancora difficile, dunque, soprattutto per le famiglie a basso reddito, che continuano a perdere potere d’acquisto”.

Governo corra ai ripari

In questo quadro di economia stagnante – si legge nella nota – il caro vita continua infatti a frenare i consumi e pesare sui bilanci delle famiglie, soprattutto le più deboli. Lo stesso istituto di statistica sottolinea che nel terzo trimestre 2023 l’impatto dell’inflazione, misurata dall’IPCA, è più ampio sui nuclei con minore capacità di spesa rispetto a quelli con livelli di spesa più elevati (+6,7% e +5,6% rispettivamente).

Per questo condividiamo la scelta del Governo che con la prossima manovra finanziaria, seppur con margini ristretti di intervento ed un orientamento di prudenza e responsabilità, vuole mantenere i fari accesi sul sostegno alla domanda interna, con interventi volti a liberare risorse per famiglie e consumi. In questa direzione, valutiamo positivamente lo sforzo dell’esecutivo di rendere strutturale – o almeno prorogare – la riduzione del cuneo fiscale per i redditi fino a 28-35mila euro, così come l’anticipazione di un primo modulo della riforma fiscale, con accorpamento dei primi due scaglioni di reddito Irpef, finora finanziato solo per il 2024. Bene anche la detassazione dei Fringe benefits, e sostegni per assunzioni e maternità delle lavoratrici, anche se è necessario non dimenticare le lavoratrici indipendenti. Per ridare fiducia a famiglie ed imprese, però, bisogna fare di più. Continuiamo a chiedere la detassazione degli incrementi retributivi contrattuali, nell’ottica di ridurre l’imposizione fiscale sui redditi da lavoro e dare una mano alla ripartenza della contrattazione.

Sarebbe necessario, inoltre, iniziare a mettere in cantiere le parti della riforma fiscale destinate alle imprese: a partire dalla semplificazione e razionalizzazione dei versamenti e della compliance, ma anche pensando a un regime fiscale di vantaggio per i piccoli negozi, che sono quelli che soffrono di più della frenata dei consumi dovuta all’inflazione. Le risorse necessarie potrebbero essere trovate nella Global Minimum Tax, che ha proprio lo scopo di riequilibrare le sperequazioni create dalla concorrenza delle grandi piattaforme digitali internazionali ai danni delle piccole imprese.