La settimana della Fed: ecco cosa suggeriscono PIL e inflazione

Il FOMC annuncerà questo mercoledì e decisioni sui tassi di interesse ma non sono attesi tagli, soprattutto alla luce degli ultimi deludenti dati del PIL e dell'inflazione

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Redazione

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La settimana della Federal Reserve è arrivata, ma come accaduto per la BCE, non sono attese novità di rilievo sotto il profilo dei tassi d’interesse, che verranno confermati in una banda di oscillazione fra il 5,25% ed il 5,50%. Un livello su cui resteranno ancora “a lungo” stando a quanto più volte ribadito dal Presidente Jerome Powell e da altri banchieri del FOMC, il comitato di politica monetaria della Federal Reserve.

Per la verità non sono atteso tagli dei tassi d’interesse nemmeno a giugno, mentre i più recenti dati sull’inflazione, alquanto deludenti, avevano spostato l’orizzonte di un taglio più in là, a settembre, mentre l’ultimo dato del PIL uscito il 25 aprile ha riproposto una grave piaga per l’economia USA, la stagflazione.

PIL e inflazione deludono

Il PIL americano del primo trimestre dell’anno ha registrato una crescita annualizzate dell’1,6%, una misura ottenuta moltiplicando la crescita del PIL per quattro trimestri. Un dato che segna un brusca battuta d’arresto rispetto al 3,4% del trimestre precedente ed al 2,5% indicato in media dalle attese degli analisti, riproponendo la probabilità di una recessione in USA.

Ma anche al crescita dei prezzi di conferma eccessivamente forte. L’indice dei prezzi rilevato sulla spesa per consumi personali (PCE price index), una misura dell’inflazione maggiormente osservata dalla banca centrale, ha registrato nel primo trimestre un’accelerazione al 3,7% dal +2% del trimestre precedente, superando ampiamente le attese. Il dato dell’inflazione di marzo, uscito ad inizio aprile, aveva segnalato già una accelerazione al 3,5%.

Una crescita debole ed una inflazione ancora troppo alta configurano così la possibilità di una stagflazione, che in ambito macroeconomico è appunto quella situazione in cui ad una bassa crescita o recessione, viene associata una crescita dei prezzi troppo alta ed in qualche modo anomala in uno scenario recessivo.

Cosa ne pensano gli analisti

“Il dato del GDP potrebbe pesare sulla decisione della Fed in calendario per la prossima settimana”, afferma Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, aggiungendo “finora la resilienza dell’economia Usa ha contribuito ad allontanare l’ipotesi di un taglio dei tassi, ma questo inaspettato rallentamento potrebbe essere il segnale che i policymaker stavano aspettando per procedere con un’inversione di rotta”.

Per John Kerschner, Head of US Securitised Products and Portfolio Manager di Janus Henderson, “l’atteggiamento accomodante di Powell alla fine del 2023 si è scontrato con pressioni inflazionistiche significative e con un contesto di crescita statunitense più stabile e resistente”, ma i “recenti dati sull’inflazione, più marcati del previsto, hanno reso i mercati nervosi” e così “la Fed è tornata ad osservare i ‘dati’ per prendere decisioni”. L’analista ritiene quindi che “la pazienza della Fed sia l’approccio giusto”, mentre gli investitori non dovrebbero cercare di indovinare il timing di un taglio, ma “approfittare di questi rendimenti così elevati in ottica decennale e, come la Fed, continuare a osservare i dati”.