Fed pronta a far slittare taglio tassi fino a settembre

Alcuni esponenti della banca centrale americana hanno confermato che non c'è fretta e che l'inflazione deve dare segnali più concreti di ridimensionamento prima di avviare il processo di riduzione dei tassi

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Redazione

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La Fed non pensa di tagliare i tassi prima di settembre e, pur ritenendo “incoraggianti” gli ultimi dati sull’inflazione,  ritiene che sia “troppo presto per affermare che il processo disinflazionistico è duraturo“: E’ quanto ribadito ieri  dal vicepresidente della Fed Philip Jefferson, intervenendo ad un evento a New York. Dichiarazioni che hanno rafforzato l’aspettativa di tassi più alti più a lungo e che hanno fatto apprezzare il dollaro sui mercati valutari.

Troppo presto per cantare vittoria

Jefferson ha ribadito che “è troppo presto per affermare che un processo disinflazionistico sarà di lunga durata” ed ha lasciato intendere che è più probabile che la Fed consideri settembre come data potenziale per il primo taglio, a condizione che nei prossimi mesi emergano dati che confermino un quadro deflazionistico.

Jefferson ha spiegato che la forte crescita delle locazioni sta continuando ad esercitare pressioni sul mercato immobiliare ed ha aggiunto che valuterà attentamente i dati in arrivo.

Il banchiere, in realtà, non ha detto se si aspetta che i tagli dei tassi inizino quest’anno, limitandosi ad affermare che valuterà attentamente i dati economici in arrivo, le prospettive e l’equilibrio dei rischi.

Il fronte degli attendisti si rafforza

Affermazioni condivise anche dal vicepresidente della vigilanza della Fed Michael Barr, in un intervento ad una conferenza presso la Fed di Atlanta, dove ha definito “deludenti” i recenti dati dell’inflazione di marzo, spiegando “non mi hanno fornito quella maggiore fiducia che speravo di trovare per sostenere l’allentamento della politica monetaria”.

“Dovremo concedere alla nostra politica restrittiva un po’ più di tempo per continuare il suo lavoro”, ha detto Barr, rinforzando le fila di coloro che hanno posto i possibili tagli die tassi in stand-by.

Anche il presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic è di questo parere e, in una intervista a Bloomberg ha affermato che il futuro “stato stazionario” dei tassi di interesse statunitensi sarà probabilmente più elevato rispetto agli ultimi tempi, raggiungendo forse livelli paragonabili a quelli visti negli anni ’90.

Attesi i dati di aprile

E mentre gli esponenti della Fed commentano con un certo scetticismo i dati di marzo, che non hanno convinto in pieno i banchieri, seppur positivi, si attendono dati più certi per il mese di aprile.

In particolare, la prossima settimana è in calendario un dato molto osservato dalla Fed, l’indice PCE (Personal Consumption Expenditure), molto più osservato dalla banca centrale statunitense. A marzo, questo dato ha segnato una crescita del 2,7% e si attende ora la lettura di aprile, sperando in un ulteriore passo avanti verso il target del 2%.

Il dollaro si rafforza

Nel frattempo, la conferma di una politica attendista della Fed e di tassi più alti più a lungo hanno provocato un apprezzamento del dollaro.

Secondo Pictet AM, “la persistenza dell’inflazione statunitense ha sostenuto il biglietto verde e potrebbe indurre la Fed a mantenere i tassi ai livelli attuali anche nella seconda metà dell’anno”. Per quesot motivo gli esperti ritengono che “sia vantaggioso avere un’esposizione a un rialzo del dollaro, poiché, per il momento, la Fed è costretta ad aspettare invece che allentare la sua politica monetaria”.

Pictet ritiene anzi che “potrebbe essere il momento giusto per scambiare parte della valuta svizzera con il dollaro, dato che la Banca centrale svizzera ha già iniziato il suo ciclo di allentamento”.